è la più feroce di tutte le passioni"
Napoleone Bonaparte
La clonazione umana1 è già stata oggetto di interventi legislativi in numerosi Paesi del mondo: nella maggior parte dei casi si tratta di provvedimenti che vietano totalmente questa pratica, sia per scopi terapeutici che per quelli riproduttivi.
Esistono tuttavia alcune nazioni che hanno scelto una strada "tollerante", non tanto attraverso una esplicita legalizzazione della clonazione umana, quanto piuttosto non legiferando sulla materia o evitando di ratificare dichiarazioni o trattati internazionali che proibiscono questa tecnica.
In Italia la clonazione umana è vietata non da una vera e propria legge ma da un provvedimento di natura amministrativa, cioè un’ordinanza del Ministro della Sanità del 22 dicembre 1999 – che ha prorogato l’efficacia di una precedente ordinanza, avente il medesimo contenuto, emessa il 5 marzo 1997 – con cui è fatto divieto di praticare la clonazione, sia umana che animale. Inoltre, l’Italia ha già ratificato la Dichiarazione di Oviedo del 19972, che vieta la clonazione a fini riproduttivi e la creazione di embrioni a scopo di ricerca. Per quanto riguarda la clonazione animale, il ministro della salute Girolamo Sirchia ha annunciato di voler rimuovere il divieto, per permettere ricerche sperimentali sugli embrioni diversi da quelli di uomo3.
Negli Stati Uniti, Paese nel quale le clonazioni terapeutiche sembrano essere già state attuate con successo, la nuova amministrazione repubblicana di Jeorge W. Bush si è dichiarata intenzionata a sanzionare duramente la clonazione umana, per qualsiasi scopo venga intrapresa. Il Congresso ha annunciato un provvedimento legislativo in questa direzione. Nell’estate del 2001, lo stesso Bush ha elaborato un documento sull’embrione umano, nel quale prevalgono le ragioni della tutela, soprattutto attraverso il divieto di produzione di embrioni a scopo di ricerca. Sono invece autorizzati gli studi su embrioni che siano già stati uccisi precedentemente.
In Francia esiste una legge sulla bioetica risalente al 1994, nella quale si legge che "è vietata qualsiasi forma di ricerca scientifica sull’embrione umano". La convenzione di Oviedo non è stata ratificata, ma in quanto si ritiene la normativa nazionale ben più restrittiva della dichiarazione stessa.
La Germania è il Paese europeo con le disposizioni più garantiste rispetto ai diritti dell’embrione umano. La legge del 1990 stabilisce, infatti, che "fin dalla sua origine l’embrione umano è considerato come una persona. Fin dalle ore che seguono la fecondazione, l’embrione è intoccabile." Sembra inevitabile, dunque, la conclusione che non vi sia spazio alcuno per la clonazione dell’uomo. Molto simile è la situazione giuridica in Austria.
In Irlanda, Paese nel quale fra l’altro l’aborto procurato è ancora vietato dalla legge, la clonazione è senz’altro proibita, poiché l’embrione umano è tutelato dalla Costituzione dell’Eire, e non può quindi essere usato come una cavia di laboratorio.
Spagna e Grecia hanno già ratificato la convenzione di Oviedo, e quindi sembrano escludere in partenza la liceità della clonazione umana.
Viceversa, un nutrito gruppo di nazioni europee ha firmato la Dichiarazione di Oviedo, ma al momento non l’ha ratificata, per cui sul territorio di queste nazioni potrebbe, almeno teoricamente, avviarsi una sperimentazione sugli embrioni umani, compresa la clonazione. Si tratta di: Belgio, Finlandia, Danimarca, Lussemburgo, Portogallo, Olanda, Svezia.
Sempre nell’ambito dell’Unione Europea, la Gran Bretagna risulta essere probabilmente il Paese più permissivo in questo campo, soprattutto dopo le conclusioni della celebre commissione Warnock, con la elaborazione del concetto – per la verità assai contestato negli ambienti scientifici – di "pre-embrione". Nel gennaio del 2001 la Camera dei Lord ha dato il via libera all’utilizzo delle cellule staminali di embrioni umani a scopo di ricerca, per cui sembra che la stessa clonazione terapeutica rimarrà del tutto lecita, mentre potrebbe essere vietata quella riproduttiva.
Una situazione piuttosto sorprendente, se si pensa che l’Unione Europea ha adottato una serie di provvedimenti decisamente severi in questa materia, tra i quali una Direttiva sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche4 e numerose Risoluzioni del Parlamento Europeo5.
Con la Direttiva 98/446, dopo oltre un decennio di dibattiti, la UE dispone ora di una legislazione comunitaria destinata ad armonizzare le varie normative nazionali. L’obiettivo principale della direttiva è quello di introdurre una precisa distinzione tra cioè che è brevettabile (le invenzioni) e cioè che invece non lo è (le scoperte). Ma il testo dedica ampio spazio ai limiti etici della ricerca, e soprattutto alla tutela dell’organismo umano. L’articolo 5 del testo comunitario specifica infatti che "il corpo umano, nei vari stadi della sua costituzione e del suo sviluppo, nonché la mera scoperta di uno dei suoi elementi, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene, non possono costituire invenzioni brevettabili". In particolare, non possono essere concessi brevetti per la clonazione umana, per la "modificazione dell’entità genetica germinale dell’essere umano" e l’utilizzazione di embrioni umani a fini commerciali o industriali.
Dunque, episodi come quello accaduto nel febbraio 2000, quando l’Ufficio europeo dei brevetti (EPO, European Patents Office) di Monaco di Baviera concesse "per errore" un brevetto relativo a cellule embrionali umane modificate geneticamente, non potranno più verificarsi. Ma d’ora in poi saranno vietate anche le modificazioni genetiche sugli animali che producono sofferenza senza alcuna utilità medica per l’uomo. In tutti questi casi, per la UE si tratta di "invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario all’ordine pubblico o al buon costume7".
Al contrario, può essere richiesto un brevetto per le invenzioni ad uso industriale che contengono materiale biologico ("un materiale contenente informazioni genetiche, autoriproducibile o capace di riprodursi in un sistema biologico"), elementi isolati dal corpo umano, come certe sequenze genetiche, ma anche batteri, virus e linee cellulari. In generale, gli elementi del corpo umano possono essere brevettati quando sono realizzati con procedimenti tecnici, non ottenibili in natura. Dunque, l’annunciata decisione del governo inglese di autorizzare la produzione di organi e tessuti umani a partire da cellule prelevate da embrioni – a fini unicamente di ricerca medica, non certo commerciali – dovrebbe essere in linea con la direttiva.
In ogni caso, la competenza sugli tutti gli aspetti etici legati all’uso e alla brevettabilità delle biotecnologie, spetta al Gruppo europeo per l’etica della scienza e delle nuove tecnologie istituito dalla Commissione di Bruxelles.
La direttiva si sofferma poi sulle procedure più strettamente giuridiche relative alla brevettabilità e al livello di protezione assicurato ai nuovi prodotti, specificando in particolare che "la protezione attribuita da un brevetto relativo a un materiale biologico dotato, in seguito all’invenzione, di determinate proprietà si estende a tutti i materiali biologici da esso derivati mediante riproduzione o moltiplicazione in forma identica o differenziata e dotati delle stesse proprietà".
In Italia il Disegno di legge di recepimento è ancora fermo in Parlamento, l’iter è stato in effetti rallentato da un procedimento giurisdizionale concluso con Sentenza della Corte di Giustizia nell’ottobre scorso8.
Anche il Parlamento Europeo sin dal 1989, si è pronunciato più volte su questi delicati temi. Da ultimo, vorrei segnalare la Risoluzione datata 7 settembre 2000.
Con 237 voti a favore, 230 contrari e 43 astenuti, gli Europarlamentari hanno bocciato la clonazione umana, anche se condotta a fini scientifici. Il documento accorpa quattro diverse mozioni sullo stesso argomento, presentate dal Partito popolare europeo, dai verdi, dall’Unione per l’Europa delle nazioni (di cui fa parte l’italiana Alleanza nazionale) e dal gruppo per l’Europa delle democrazie.
Si tratta di una presa di posizione politica molto significativa, soprattutto dopo la decisione del governo inglese, dell’agosto 2000, di autorizzare esperimenti sulla riproduzione di cellule ricavate da embrioni umani. Non a caso, il documento invita "il governo britannico a rivedere la propria posizione sulla clonazione di embrioni umani" e rivolge un invito diretto al Parlamento del Regno Unito a "respingere la proposta di autorizzare la ricerca che fa uso di embrioni creati mediante trasferimento del nucleo cellulare".
Secondo i promotori della risoluzione la clonazione – non solo quella riproduttiva, che permette di "duplicare" un individuo, come nel celebre caso della pecora Dolly, ma anche quella a fini terapeutici, con l’utilizzo di cellule prelevate da embrioni per la cura di malattie gravi o rare – rappresenta "un passo senza ritorno per quanto riguarda le norme della ricerca" ed è "in contrasto con l’impostazione in materia di ordine pubblico adottata dall’Unione europea".
La richiesta agli Stati membri, dunque, è quella di "introdurre normative vincolanti che vietino tutte le forme di ricerca su qualsiasi tipo di clonazione umana sul loro territorio e prevedano sanzioni penali per ogni violazione". Non solo: gli europarlamentari vorrebbero estendere tale divieto su scala planetaria, e perciò chiedono alla UE di intervenire presso le Nazioni Unite.
Ancora, il documento chiede di escludere dai finanziamenti europei gli istituti di ricerca coinvolti in progetti di clonazione, e chiede al mondo scientifico l’adozione di tecniche inseminazione artificiale umana "che non producano un numero eccessivo di embrioni, al fine di evitare di generare embrioni superflui" (cioè quelli che i sostenitori della clonazione terapeutica vorrebbero utilizzare). L’unico tipo di terapia cellulare autorizzata, secondo la risoluzione, dovrebbe essere quella basata sull’utilizzo delle cellule staminali, prelevate da adulti o, al massimo, dal cordone ombelicale dei neonati.
Ritengo che a questo punto si possa affermare che l’atteggiamento delle fonti giuridiche comunitarie sulle quali si è concentrata l’attenzione, nei confronti della clonazione (sia terapeutica che "riproduttiva") sia di evidente grande distacco e rifiuto. Ed è importante, a mio avviso, ricordare come tale sentimento sia condiviso in organismi rappresentativi e di governo composti da cittadini di diverse nazioni, provenienti da esperienze culturali impegnate in un processo di integrazione ma ancora diverse, dove non distati.
E’ la dimostrazione che vi è una preoccupazione comune, in rapporto alla legislazione, che riguarda soprattutto la tutela della libertà e della dignità di quegli esseri umani che sono o che possono essere oggetto di sperimentazioni genetiche a vari livelli della loro vita o possibilità di vita; siano essi malati gravi, embrioni (ovvero esseri umani allo stadio iniziale della vita), esseri umani non ancora concepiti, ma che potrebbero esserlo per una via "artificiale" e non "naturale".
Alberto Monari
che l’ostetrico spedisce al becchino"
Petrolini
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"Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano riguardo all’applicazione della biologia e della medicina: Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, nonché del Protocollo addizionale del 12 gennaio 1998, n. 168, sul divieto di clonazione di esseri umani"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 95 del 24 aprile 2001
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GUCE L 213 del 30/07/1998 PAG. 13 – 21
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I giudici hanno invece sostenuto che la direttiva "delimita il diritto dei brevetti in modo sufficientemente rigoroso affinché il corpo umano resti indisponibile e inalienabile e venga salvaguardata la dignità umana". Sono esclusi, infatti, dalla brevettabilità i procedimenti di clonazione di esseri umani, i procedimenti di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano e le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali. Nell’ottica del mercato unico, i giudici hanno ritenuto che le norme della direttiva avvicinano le legislazioni dei paesi membri e rimuovono gli ostacoli giuridici allo sviluppo delle attività di ingegneria genetica. (Sentenza CGCE del 9.10.2001)
Diritto e Clonazione
"L’ambizione di dominare sulle anime
"Noi non siam che pacchi, campioni senza valore,
Cfr. gli interventi di Mario Palmaro (Istituto di Filosofia del Diritto dell’Università degli Studi di Milano) e di Mario Alessandro Cattaneo (Professore Ordinario di Filosofia del Diritto nella stessa Università), apparsi nella sezione "Bioetica e Diritto" del sito http://www.bioetica-vssp.it
Legge 28 marzo 2001, n. 145
Vedi anche l’Ordinanza del Ministero della Salute 18 dicembre 2001, contenente la proroga dell’efficacia dell’ordinanza di divieto di commercializzazione e di pubblicità di gameti ed embrioni umani (o comunque di materiale genetico). Tale divieto resta in vigore in Italia fino al prossimo 30 giugno 2002. Alla stessa data viene prorogato anche il divieto di importazione o esportazione di gameti o di embrioni umani (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n.25 del 30 gennaio 2002.
Direttiva 98/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 luglio 1998 sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche
La "Risoluzione" è un atto proprio del Parlamento Europeo che si pronuncia all’unanimità su di un rapporto presentatogli da una delle sue Commissioni. Al pari di una "Raccomandazione", tale atto non è dotato di efficacia giuridica vincolante ma ha il preciso scopo di obbligare il destinatario (uno Stato membro o un’altra istituzione comunitaria) a tenere un determinato comportamento giudicato più rispondente agli interessi comunitari.
Ricordiamo che la Direttiva, atto legislativo tipico della Comunità Europea, vincola gli Stati membri a cui è rivolta per il risultato (in essa definito) da raggiungere, lasciando alla volontà dello Stato stesso la scelta dei mezzi normativi (che possono essere molto diversi da Membro a Membro) da impiegare per adeguare il proprio ordinamento giuridico. Ecco perché, di norma, la direttiva prevede un termine (variabile dai 18 mesi ai 3 anni) che decorre dalla sua emanazione, durante il quale gli Stati devono adeguare le proprie norme interne. Scaduto tale termine se lo Stato non si è attivato, può essere chiamato a rispondere davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee di inadempimento degli obblighi comunitari.
Ma non sono brevettabili neanche le varietà vegetali o le razze animali, o i procedimenti biologici come l’incrocio o la selezione, in questo caso per motivi più concretamente commerciali.
Nel febbraio 1999 il Governo italiano decise di sostenere l’Olanda nella sua impugnazione della Direttiva, atta a farne dichiarare l’illegittimità (e quindi ottenere l’annullamento) da parte della Corte di Giustizia delle Comunità europee. Tra i vari motivi dell’azione, il più importante dal nostro punto di vista, appare il quinto secondo cui la brevettabilità di elementi isolati dal corpo umano, ex art. 5, n. 2, della direttiva, equivarrebbe ad una strumentalizzazione del materiale umano vivente, lesiva della dignità dell’essere umano. Inoltre, la mancanza di clausole che impongano una verifica del consenso del donatore o del ricevente di prodotti ottenuti mediante processi biotecnologici minaccerebbe il diritto all’autodeterminazione delle persone.