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Milano: la punta di un iceberg

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Milano: la punta di un iceberg

Nove morti in nove giorni nella città di Milano, questo l’argomento che ha riempito le prime pagine di molti giornali nell’ultima settimana. Ciò che è successo nel capoluogo lombardo sembra purtroppo essere solo la punta di un iceberg e la prova di un problema ben più grosso e ben più grave che sconvolgerà il nostro paese se non corriamo ai ripari. In questi giorni si sono moltiplicate le manifestazioni del Polo e della Lega che denunciavano il lassismo della sinistra e il legame immigrazione – criminalità. Il nodo del problema in realtà è da cercare altrove! Nel nostro paese la sinistra ancora non capisce l’importanza di una sana e coraggiosa politica dell’ordine pubblico e anche la destra non dà tanta importanza al problema se non per trarne accuse contro il governo. In tutti i partiti prevale un frivolo dibattito su problemi lontani dall’attuale emergenza dei cittadini, come le riforme istituzionali. La riluttanza ad affrontare il tema della sicurezza deriva soprattutto dalla necessità di quasi tutto il ceto politico di salvare gli imputati di tangentopoli e di ridurre il potere della magistratura. Naturalmente una corretta politica anti-crimine non si improvvisa in un giorno: dopo il summit milanese del 12 gennaio al governo va dato il tempo di correre ai ripari. E’ importante tuttavia, che la sinistra si renda conto di avere un impegno importantissimo, ripensando anche a molte proposte fatte da lei, come ad esempio l’abolizione dell’ergastolo. Alcune misure saranno varate e magari alcuni problemi temporaneamente risolti ma la piaga non sarà sanata fino a che non si modificheranno le leggi in materia, soprattutto quelle emanate per alleviare la pressione sui cosiddetti "colletti bianchi" e che hanno diminuito i poteri di magistratura e polizia. In particolare gravissime sono le conseguenze della legge ideata da Simeone (An) e Saraceni (ex Ds ora Verdi) ed approvata sia dal Polo sia dall’Ulivo nel marzo ’98. La Simeone-Saraceni riguarda l’esecuzione della pena per i condannati definitivi, cioè i sicuri colpevoli. In particolare quelli che devono scontare meno di tre anni di carcere, come pena totale o come residuo di una pena superiore. Il tetto dei tre anni, che sembra molto basso, comprende in realtà la stragrande maggioranza delle condanne inflitte per tutti quei reati che non siano l’omicidio, il sequestro di persona, i delitti di mafia e di terrorismo. Per molti altri reati, comunque gravi, quali il tentato omicidio, la tentata rapina o estorsione aggravata (dalla presenza di complici, uso di armi e così via) la rapina o estorsione non aggravate, il porto o la detenzione e il traffico di armi aggravati, il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione aggravati, i reati sessuali, l’usura, il sequestro di persona senza scopo di estorsione, la riduzione in schiavitù, lo spaccio di droghe pesanti, ed infine il furto in appartamento e lo scippo, per tutte queste realtà, dicevamo, appena la pena inferiore a tre anni diventa definitiva, il condannato non finirà più in carcere. Il reo resta fuori, con la pena sospesa, e il PM deve farlo cercare dalla polizia giudiziaria per notificargli personalmente l’ordine di sospensione. Se il condannato si fa trovare, ha 30 giorni di tempo per chiedere l’affidamento in prova al servizio sociale che in pratica consiste nell’assoluta libertà, salvo l’obbligo di incontrarsi ogni tanto con un assistente sociale, o richiedere un altro dei benefici della legge Gozzini; in attesa che il tribunale di sorveglianza decida, lui rimane a piede libero. Se invece è così "scaltro" da non farsi trovare, la pena resta sospesa sine die, e naturalmente, dopo un certo numero di anni si estingue per prescrizione. Il tetto dei tre anni sale a quattro se il reato è stato commesso in relazione allo stato di tossicodipendenza e se il condannato è un tossicodipendente o alcoolista che intende sottoporsi ad un programma di recupero. Certo per il PM risulta pressochè impossibile sapere se quando violò la legge l’imputato era tossicodipendente o alcoolista e se davvero andrà in qualche comunità per curarsi, comunque senza prova contraria, il meccanismo diventa automatico: pena sospesa e comunque niente carcere. Consideriamo il caso di un extracomunitario clandestino senza documenti né fissa dimora che dia nuove generalità ogni volta che viene fermato. La miglior difesa per lui, in base a tale legge, sarà la fuga e l’irreperibilità, anche nel caso in cui egli sia preso, identificato, processato e condannato in via definitiva nessuno riuscirà mai a scovarlo per notificargli la sentenza e l’ordine di sospensione. Anche se rintracciato, potrà poi fuggire di nuovo nel mese concessogli per fare domanda di pena alternativa. Grazie alla Saraceni-Simeone la condanna resterà sospesa sine die e l’interessato potrà continuare a delinquere con un altro nome in un’altra città. La sospensione della pena è esclusa solo per le persone condannate mentre si trovano in custodia cautelare in carcere. Chi ha avuto l’astuzia di evadere non è compreso: viene ricercato solo per la notifica della sospensione della pena, poi deve essere lasciato andare. Tale legge allarga anche le misure alternative alla detenzione, ad esempio la detenzione domiciliare prima era riservata a pochissimi condannati a pene sotto i tre anni, ora il tetto si è alzato a 4 anni di pena totale o residua e le categorie beneficiarie si sono notevolmente allargate: tossicodipendenti, ultrasessantenni con problemi di salute, madri di minori di 10 anni, padri vedovi con minori a carico. Fra i padri e le madri con figli piccoli sono inclusi quelli condannati per abusi sessuali in famiglia! La detenzione domiciliare è addirittura estesa a tutti i condannati che devono scontare una pena totale o residua di due anni o meno; uno sconto che riguarda chi non può ottenere l’affidamento al servizio sociale perché si presume non rieducabile. Ne è escluso solo chi non presenta il requisito minimo: risiedere in una abitazione controllabile. In pratica nel nostro Paese basta non ammazzare e non sequestrare nessuno per essere quasi certi di non scontare la pena in carcere. Le prime due o tre condanne infatti restano lettera morta grazie alla sospensione condizionale, per le altre grazie alla legge Gozzini si scende quasi sempre sotto i 3 o 4 anni e allora scatta la legge Simeoni-Saraceni. Se si scende sotto i due anni scatta poi la detenzione domiciliare che equivale praticamente a libertà assoluta essendo pressochè impossibile controllare tutti i detenuti a domicilio. Come se non bastasse, nel’95 con la riforma della custodia cautelare, è passata l’abolizione dell’arresto il flagranza per falsa testimonianza: chiunque menta o taccia davanti al PM, non rischia più le manette. Sono anche stati tagliati selvaggiamente i programmi di protezione ai testimoni di giudizio, questo vale anche per le prostitute schiave dei clan albanesi: le pochissime disposte a denunciare i loro aguzzini non hanno alcuna garanzia di protezione da parte dello Stato. E’ prevista anche la riforma della legga sui collaboratori di giustizia che riduce i benefici penali e penitenziari voluti da Falcone e Borsellino.
Da tutto ciò la conseguenza immediata è che l’Italia sta diventando il paradiso dell’illegalità impunita, a cominciare da quella definita "micro" o piccola criminalità. Per citare qualche esempio, ormai quasi ovunque vediamo sacchetti della spazzatura abbandonati, furti, scippi, motorini che corrono sui marciapiedi e gli stessi occupati dalle automobili, il codice stradale violato di continuo, le grandi stazioni ferroviarie ridotte a dormitori di disperati e senza tetto. Prostitute e i loro sfruttatori, drogati e spacciatori ad ogni angolo della città, anche davanti a scuole, asili, parliamo praticamente dei piccoli gradini dell’illegalità, ma sui quali si basa la convivenza civile e la pubblica sicurezza; Bobbio affermò che "Nessun ordinamento giuridico si regge se non esiste la possibilità della sanzione" e questo appare oggi quanto mai veritiero ed attuale! Concludendo devo quindi dire che è molto comodo sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dalla problematica legislativa sfruttando e legando tutto all’emergenza dell’immigrazione clandestina, dell’eccessiva presenza degli extracomunitari, cavalcando la tigre del razzismo latente, carattere pressochè ineliminabile da qualsiasi tipo di società per la paura del diverso e l’egoismo proprio della natura umana ed esasperato oggi dalla disoccupazione e dai problemi economici che opprimono il nostro Paese.

Francesca

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