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L’enigma di Q (II)

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L’enigma di Q (II)

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Capitolo Sei

La pala rotante sul soffitto forniva un minimo di refrigerio all’uomo sdraiato sul letto.
Quell’estate era insolitamente torrida perfino per gli standard Romulani e secondo gli esperti quella sarebbe stata l’estate più calda degli ultimi secoli.
Il Governo Centrale si vide costretto a diramare dei dispacci urgenti per informare la popolazione di non uscire in strada nelle ore pomeridiane.
I loro consigli si tramutarono ben presto in ordini tassativi, come spesso succedeva durante i periodi di crisi, le milizie iniziarono a rastrellare le vie del centro per assicurarsi che nessun cittadino stesse circolando liberamente per la città.
Una figura incappucciata entrò nella sala con fare furtivo, ansando per l’afa che gli toglieva il respiro si fermò alcuni secondi sulla porta per riprendere fiato.
L’uomo sdraiato si mise a sedere sul letto osservando il nuovo arrivato che rantolava sempre più.
"Entra Sattok, siediti e togliti il mantello, vado subito a prendere una brocca d’acqua."
"Grazie Maestro. Ho delle notizie sconvolgenti da riferirti."
"Quali notizie?" chiese dal fondo della stanza ritornando velocemente con la bottiglia in mano.
"Maestro, le guardie ti stanno cercando dappertutto, questa volta il Governo è veramente determinato a catturarti e per facilitare il suo compito ha istituito un coprifuoco diurno camuffandolo da provvedimento straordinario per questa calura opprimente. Devi fuggire immediatamente, non rimane molto tempo."
"La tua è una conclusione affrettata ed illogica Sattok, sono mesi che tentano con ogni mezzo di catturarmi, ma fino a questo momento non hanno potuto fare altro che interrogarmi, il fatto che io sia un Vulcaniano non è ancora un crimine su Romulus, o forse mi sbaglio?"
Il discepolo bevve avidamente, poi asciugandosi la bocca con la manica del saio ribatté.
"Maestro, tu non sei un semplice Vulcaniano, tu sei Spock di Vulcano e tutti conoscono la tua influenza. Ho sentito dire che hanno perfino messo una taglia sulla tua testa, questa volta non scherzano, credimi, hanno veramente intenzione d’eliminarti a qualunque costo, ma se non credi alle mie parole puoi chiedere conferma al resto dei dissidenti questa notte."
Spock lo guardò con comprensione.
Sattok era stato fra i primi a volerlo seguire incondizionatamente, affascinato dalla sua idea rivoluzionaria di unificare il popolo Vulcaniano e quello Romulano.
Come antichi cugini che si ritrovano dopo lunghi anni di separazione il movimento iniziò a fare sempre più seguaci fra la popolazione e questo non piacque al Governo Centrale, sempre estremamente conservatore e restio ad accettare nuovi ordinamenti all’interno della propria società.
Grazie alla sua carica d’ambasciatore Spock riuscì ad evitare la prigione, le spie si limitavano a tenerlo sotto controllo nella speranza che si esponesse più del dovuto o compiesse qualche passo falso.
Almeno fino a quel momento si era mosso con estrema cautela, riuscendo perfino ad ottenere un udienza al Senato riunito in seduta plenaria, malgrado il loro scetticismo Spock decise di continuare la sua opera raccogliendo proseliti fra la gente semplice delle campagne.
Un giorno forse le cose sarebbero cambiate, ma per il momento era più saggio condurre le trattative con i funzionari governativi nel segreto più assoluto, sperando di ottenere una nuova udienza dal Proconsole.
Affacciandosi alla finestra Spock diede una fugace occhiata fuori, gli sembrò di notare dei movimenti sospetti in lontananza, qualcuno si stava avvicinando e certamente non aveva un aspetto amichevole, richiuse la tenda e tornò sui suoi passi.
"Ti credo Sattok." rispose senza indugio il Vulcaniano raccogliendo le poche cose personali lasciate nello zaino ai piedi del letto, indossando rapidamente il lungo mantello scuro aprì il passaggio segreto nascosto dietro ad un arazzo dipinto in stile Romulano.
"Vieni, andiamocene da qui, le grotte sono il posto più sicuro per noi in questo momento."
Poi furtivamente scomparvero fra le colline alle loro spalle.

Quella notte l’intero gruppo di dissidenti era riunito nella caverna a ridosso della città.
Illuminati dalla luce tremolante delle torce tutti attendevano con ansia che il Maestro salisse sul podio ed illustrasse la via più logica per proseguire la loro missione.
Fra i rumori di fondo e gli applausi Spock comparve dopo pochi minuti dando inizio all’assemblea.
Prima d’iniziare li guardò in faccia uno per uno, non fu sorpreso d’accorgersi che li conosceva tutti per nome, in fondo negli ultimi anni aveva vissuto al loro fianco in clandestinità, erano tutte persone oneste e si sarebbero meritate un futuro migliore di quello della spietata dittatura Romulana.
Schiarendosi la voce iniziò il discorso.
"Fratelli Romulani benvenuti. Con rammarico ho appreso che il Senato ha rifiutato un nuovo incontro con i nostri rappresentanti e con il sottoscritto, anzi sembrerebbe determinato a voler cancellare tutto quello che abbiamo ottenuto fino a questo momento. Il nostro movimento incomincia a preoccupare il Proconsole, ed è logico quindi attendersi delle ritorsioni e delle persecuzioni nei nostri riguardi. Questo mi pone davanti ad una scelta, una scelta logica e molto sofferta. Ritengo che sia giunto il momento che mi allontani da Romulus e tenti di convincere il Governo Vulcaniano e la Federazione ad intervenire direttamente a sostegno della nostra causa. Noi siamo un movimento pacifista, ma da quello che ho visto in questi ultimi tempi saremo costretti ad imbracciare le armi e combattere se vogliamo sopravvivere, e questo non è assolutamente tollerabile. Sattok mi sostituirà durante la mia assenza continuando a mantenere i contatti con i simpatizzanti del Governo. Fratelli non guardatemi con quegli sguardi smarriti, non vi sto abbandonando, e nulla mi dà più dolore di dover lasciarvi proprio in questo momento delicato, ma se otterrò l’aiuto che auspico la nostra voce avrà finalmente un peso ed il Senato non potrà più ignorarci come ha fatto fino a questo momento."
Un urlo disperato si sparse fra la folla mentre dal fondo delle grotte i dissidenti si accalcavano contro il podio sperando di farsi sentire.
"No maestro non lasciarci, senza di te il movimento si disperderà nel nulla, non puoi abbandonarci proprio in quel momento."
Altri più determinati alla lotta iniziarono ad urlare con voce più minacciosa.
"Sei un traditore, se dobbiamo combattere, allora combatteremo per la nostra libertà!"
Spock li osservò avvicinarsi al baldacchino comprendendo come fosse profondamente diversa la natura emotiva dei Romulani dalla fredda logica dei Vulcaniani.
Sattok ed i suoi fedelissimi fecero barriera con il proprio corpo impedendo che la ressa travolgesse il palco, in lontananza comparvero delle lame luccicanti e si sentì perfino dei colpi di disgregatori.
Afferrando il microfono Spock invitò tutti alla calma, ma le sue parole si persero nel tumulto generale, gli animi si stavano riscaldando velocemente mentre i violenti tentavano di coinvolgere i più miti che volevano restare neutrali alla sommossa.
La situazione ben presto degenerò, Spock temette per alcuni istanti che tutto si risolvesse in un bagno di sangue, quando un rombo si sovrappose agli strilli di rivolta costringendo i ribelli a volgersi verso le entrati laterali.
Con orrore distinsero nettamente le truppe speciali del Proconsole irrompere nella grotta aprendosi un varco con i manganelli e le armi.
Sattok prontamente balzò sul podio aiutando Spock a scendere, afferrò il suo disgregatore dalle pieghe del mantello e si diresse verso l’uscita d’emergenza.
"Sattok, pensavo che le armi fossero bandite alle nostre riunioni." precisò Spock con tono severo ed ammonitore.
"Lo so Maestro, ma la situazione richiedeva delle misure di sicurezza straordinarie, andiamo scendiamo nelle catacombe, lì non potranno trovarci."
Spock non si mosse di un millimetro, liberandosi dalla stretta del discepolo precisò con determinazione.
"Sattok, io sono il capo del movimento e non un codardo. Le guardie stanno cercando me, non voi, lasciami voglio porre fine a questa carneficina prima che sia troppo tardi."
Il Vulcaniano non ascoltò i consigli di Sattok, risalì i gradini fendendo la folla ed a furia di gomitate si fece spazio raggiungendo il più rapidamente possibile il comandante della milizia, si fermò o a pochi metri da lui aprendo le braccia mostrando chiaramente che non era armato e non aveva intenti ostili.
"Centurione, io sono Spock di Vulcano, mi hai trovato, non è necessario che continui la rappresaglia, sono pronto a seguirti senza opporre resistenza a patto che lasci andare questi uomini senza ulteriori violenze."
Il milite sorrise malignamente sentendo le parole di resa del Vulcaniano, si guardò intorno e vide il numero dei dissidenti crescere a dismisura circondando i suoi uomini.
Saggiamente decise di riporre il disgregatore nella fondina facendo segno ai suoi sottomessi di fare altrettanto, si avvicinò a Spock e lo afferrò rudemente per un braccio.
"Così tu saresti il famoso Spock? Mi aspettavo di meglio! D’accordo Vulcaniano, accetto le tue condizioni, ti garantisco che a nessuno dei tuoi amici sarà fatto alcun male purchè se ne vadano immediatamente da questo luogo."
Dopo averlo ammanettato il Centurione lo condusse all’esterno facendosi proteggere le spalle dalle guardie che si stavano radunando, benché fossero di gran lunga inferiori di numero rispetto ai dissidenti, nessuno dei rivoltosi alzò in dito per salvare il loro Maestro.
Quando infine tutto ebbe termine in molti si sedettero fra i feriti ed i cadaveri piangendo amaramente per la fine del loro sogno di unificazione.

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Capitolo Sette

Il capitano Picard era ancora di turno in plancia quando una trasmissione subspaziale raggiunse l’Enterprise.
"Qui parla Scotty, chiedo il permesso di attraccare."
Picard sorrise sentendo la gioiosa voce dello Scozzese, si alzò dalla poltrona e si affiancò alla postazione del Secondo Ufficiale.
"Signor Data, metta l’immagine della navetta sullo schermo, per favore."
Le stelle inquadrate sul visore non cambiarono posizione, sembrava che lì fuori non ci fosse nulla da rilevare.
Scambiando uno sguardo di perplessità con l’androide Picard domandò.
"Cosa pensa stia succedendo?"
"Onestamente non saprei capitano, i miei sensori non rilevano nulla."
Come uno spettro che ondeggiava voluttuoso sullo sfondo dello spazio la navetta si deoccultò avvicinandosi all’Enterprise fermandosi al limite estremo dei motori a curvatura.
"Buongiorno capitano, mi perdoni per il ritardo, ma ho ricevuto il suo messaggio solamente due giorni fa e sono arrivato il più presto possibile. Chiedo il permesso di attraccare."
Picard si sentì sollevato, dirigendosi verso l’hangar navette rispose al pilota in attesa.
"Permesso accordato signor Scott, le sto venendo incontro, ci incontreremo fra breve."
Le procedure d’atterraggio durarono solamente pochi minuti, la navetta si appoggiò leggera come una libellula con una manovra perfetta.
Lo Scozzese uscì dal portello indossando la sua tipica uniforme vecchio stile, composta da una stoffa che in quel secolo non producevano più, e secondo la sua opinione, indistruttibile.
Dopo aver affidato i comandi ai tecnici per le revisioni e la manutenzione andò incontro al capitano.
"Capitano Picard, è un vero piacere." esultò stringendogli energicamente la mano.
"Il piacere è mio signor Scott."
"Mi chiami semplicemente Scotty quando non sono a bordo della mia navetta, lo ricorda?"
"Certo Scotty, ha ragione, ma ricordo anche di non averle fornito un dispositivo di occultamento, mi sembra superfluo ricordarle che la Federazione si è formalmente impegnata con i Romulani per non sviluppare quel tipo di tecnologia."
L’ingegnere fece spalline e s’incamminò verso il turboelevatore.
"Ha ragione capitano, ma ultimamente ho dovuto attraversare la Zona Neutrale ed ho pensato bene di farlo in incognito, sono certo che mi capirà, comunque stia tranquillo, le prometto che non la utilizzerò in territorio federale."
"Così va meglio Scotty, l’ultima cosa che avrei voluto era quella di creare un pirata dello spazio." concluse Picard con tono leggero.
"Capitano, questo non succederà mai, si ricordi che sono sempre un ufficiale della Flotta Stellare." rispose il motorista fingendo di ritenersi offeso.

Ottant’anni prima la nave passeggeri sulla quale viaggiava il signor Scott venne attratta dalla gravità di una gigantesca sfera di Dyson.
Malgrado il capitano avesse tentato l’impossibile per allontanarsi dalla zona il vascello cadde sulla superficie rimanendo seriamente danneggiato.
Per sfuggire a morte certa Scott diede vita a uno dei tanti miracoli per i quali era famoso, si rifugiò nel raggio teletrasporto programmato in un ciclo diagnostico continuo in attesa che giungessero i soccorsi.
I soccorsi arrivarono, ma con sua enorme sorpresa non si trattava esattamente del capitano Kirk, ma dell’equipaggio dell’Enterprise del futuro, era trascorso quasi un secolo ma rimanendo in stato dissociato Scott non era invecchiato per nulla.
Con le dovute cautele l’ingegnere s’integrò perfettamente nella nuova società cancellando per sempre i propositi di ritirarsi in pensione come originariamente aveva progettato.
Il capitano Picard decise di regalargli una delle sue navette dopo che lo Scozzese, coadiuvato dal signor La Forge, aveva liberato l’Enterprise intrappolata a sua volta all’interno della medesima sfera di Dyson.
Da quel giorno per Scotty iniziò una seconda giovinezza, percorse in lungo ed in largo la Galassia per poi tornare infine alla Flotta Stellare a progettare nuove navi stellari che avrebbero in futuro solcato gli spazi inesplorati.

Quando McCoy vide Scott entrare nella sua cabina ebbe un mancamento, si strofinò gli occhi come se fosse apparso un spettro dal passato.
"Dannazione, ma lei è il signor Scott! Non sembra invecchiato, ma com’è possibile?" chiese in preda all’eccitazione toccando la massiccia figura che lo osservava sorridendo.
Poi scosse il capo e si risedette più confuso di prima.
"…no, non può essere vero, questo dev’essere uno stupido scherzo di qualche burlone." concluse McCoy rifiutando d’accettare l’evidenza dei fatti.
Scott s’inchinò alla sua altezza, gli sorrise e gli pose una mano sulla spalla scheletrica.
"Dottore? Bones? Sono proprio io, non si faccia ingannare dalle apparenze, sono sempre io, guardi con attenzione."
McCoy lo osservò meglio, con un certo timore lo toccò nuovamente per accertarsi che non fosse un’immagine olografica, poi ribatté sdegnato.
"Lei sta scherzando, non è invecchiato di un sol giorno, se lei fosse veramente quello che dice di essere adesso sarebbe un vecchio Matusalemme proprio come me."
Scott raccontò la sua avventura sulla sfera di Dyson mentre il medico seguiva incredulo quella storia pazzesca, ogni tanto lo toccava con diffidenza per verificare che non fosse variata la consistenza fisica del suo corpo, poi infine dovette accettare la realtà, si fece aiutare ad alzarsi dalla poltrona e concluse.
"Diavolo Scotty, avrebbe fatto molto comodo anche a me quel raggio teletrasporto."
Picard entrò quasi di soppiatto evitando d’interrompere i convenevoli fra i due ufficiali, si sedette pazientemente al loro fianco attendendo che finissero.
Fu proprio McCoy a notarlo per primo, lo indicò con l’indice attirando l’attenzione del suo ex collega.
"Adesso sentirai una storia ancora più incredibile, non è forse vero capitano?"
Picard non gli diede retta, in poche parole mise al corrente lo Scozzese della situazione chiedendo se avesse qualcosa d’aggiungere al rapporto ufficiale della Flotta Stellare.
Scotty apparve incerto, si sforzò di rammentare qualcosa in più, ma suo malgrado dovette ammettere di non poter essere di grande aiuto.
"Vede capitano, io non seguii la squadra attraverso il Guardiano. Organizzai un accampamento sul pianeta ed attendemmo che il capitano Kirk ed il signor Spock riportassero indietro il dottor McCoy. A noi sembrò che fossero passati solamente pochi secondi quando tornarono al presente, invece secondo il loro punto di vista era trascorsa circa una settimana. Subito dopo tornammo sull’Enterprise, il capitano sembrava realmente turbato ed in seguito il dottor McCoy mi spiegò per quale motivo. Sono spiacente, forse il signor Spock potrebbe esserle di maggior aiuto."
McCoy s’intromise sottolineando rudemente.
"È esattamente quello che gli ho già detto, dobbiamo trovare Spock in qualsiasi posto si trovi!"
Picard sospirando fece un segno affermativo, prese a braccetto McCoy ed insieme all’ingegnere si diresse verso la plancia.
Scotty emise un fischio d’ammirazione vedendo il nuovo ponte dell’Enterprise, con tempismo perfetto si offerse d’accompagnare personalmente il medico per un giro d’ispezione lasciando che il capitano riprendesse il controllo della situazione.
Picard mentalmente lo ringraziò per la sua perspicacia.
"Signor Data, mi metta immediatamente in contatto con il Comando di Flotta."
L’androide impiegò solamente pochi secondi per attivare la ricezione, poi il volto accigliato dell’ammiraglio Yaw comparve sullo schermo principale.
"Ammiraglio, mi scusi se la disturbo a quest’ora, vorrei sapere se ha ricevuto il nostro dossier sugli ultimi sviluppi della situazione."
"Si Picard li ho letti e li ho trovati alquanto inquietanti, come del resto qualsiasi cosa che riguardi direttamente Q e le sue bravate. Come ha intenzione di procedere?"
"Vorrei dirigere l’Enterprise su Romulus per recuperare il signor Spock. È di fondamentale importanza."
L’ammiraglio indicò un display alle sue spalle storcendo la bocca.
"Permesso negato Picard. In questo momento la Zona Neutrale pullula di falchi da guerra Romulani, mi dispiace ma non posso autorizzarvi ad attraversarla. Jean-Luc, sta succedendo qualcosa di grave all’interno dell’impero ed io voglio tutte le navi in stato d’allarme pronte ad intervenire in caso d’invasione. Mi dispiace, ma dovrà trovare un’altra soluzione. Chiudo."
Picard tentò di controbattere, ma la trasmissione fu interrotta direttamente dalla fonte lasciando che le stelle affollassero nuovamente lo schermo principale.
Nel frattempo McCoy stava aggirandosi nervosamente fra le varie stazioni scientifiche e non sembrava per nulla interessato alle nuove tecnologie utilizzate sulla nave, costrinse Scotty a scendere la zona rialzata del ponte e si affiancò alla postazione centrale.
"Allora capitano, quando partiamo?" chiese direttamente domandandosi perplesso perché l’Enterprise fosse ancora lì immobile.
Picard lo guardò con un’espressione combattuta, sembrò irrigidirsi sulla poltrona cercando di comprendere la ragione di quel rifiuto.
"Ammiraglio, noi non ci andremo, non ha sentito gli ordini?"
McCoy si allontano bruscamente da Scotty ponendosi di fronte a Picard.
"Lei sta scherzando vero? Dopo quello che ci ha raccontato vuole farsi fermare da quello stupido pezzo grosso? Al diavolo gli ordini! Lei mi delude Picard, Jim si sarebbe comportato ben diversamente."
Questa volta Picard non riuscì a mantenersi calmo e ribatté a tono.
"Ammiraglio, è mio costume ubbidire ad un mio ufficiale superiore, ed in quanto al suo paragone del tutto gratuito, forse non lo avrà notato, ma io non sono il capitano Kirk."
"Questo lo si vede chiaramente!" concluse acidamente McCoy.
Picard preferì non rispondere, si alzò e si diresse verso la saletta tattica sperando di trovare un’alternativa nella quiete del suo studio.
McCoy non volle darsi per vinto, ritrovando per alcuni secondi il suono autoritario della sua voce richiamò formalmente il capitano davanti a tutti gli ufficiali presenti.
"Capitano Picard, noi andremo su Romulus, e se lei non lo vuole fare sarò costretto ad avvalermi del mio grado d’ammiraglio ed assumere personalmente il comando dell’Enterprise."
Un silenzio tombale si diffuse in plancia mentre Picard si fermò ad alcuni metri dalla porta, si volse verso McCoy e ritornò esausto sui suoi passi.
Si preparò a mettere ben in chiaro la situazione quando improvvisamente l’equipaggio sembrò fermarsi nel tempo, congelati in pose statiche ed irreali, poi lo schermo principale cambiò nuovamente mostrando la mostruosa città di San Francisco del futuro e fra un vibrante scintillio Q ricomparve sull’Enterprise.

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Capitolo Otto

"Allora Jean-Luc, come procedono le tue ricerche?" domandò Q indicando il tetro spettacolo inquadrato nel visore principale.
Picard si aggirò esasperato fra il suo equipaggio raggiungendo con un balzo la creatura mentre stava rimirando l’eleganza della sua uniforme.
"Q, lasciali liberi immediatamente."
"E perché dovrei? Ero stanco di sentire i loro vuoti discorsi sul comando, sui gradi ed altre cretinate simili, possibile che voi esseri umani non riusciate a concentrarvi sulle cose essenziali?" poi vagando senza meta si fermò proprio davanti al dottor McCoy immobilizzato nella sua posa autoritaria.
Osservandolo con attenzione esclamò divertito.
"Certo che sei circondato da un bel gruppo di nevrotici, non credi?"
"Q, per favore metti fine a questa farsa e falli tornare come prima, e fai anche sparire quell’immagine rivoltante dallo schermo della mia nave."
"Non ti piace osservare quale sarà il tuo futuro Jean-Luc? Molti farebbero carte false per poterlo vedere e invece tu, come di consueto, te la prendi con me che non c’entro proprio per niente."
Trattenendo a stento la propria frustrazione Picard si avvicinò a Q reggendo il suo sguardo magnetico, lo afferrò per un braccio e lo trascinò verso il turboelevatore.
"Ma Jean-Luc che modi sono questi? Mi cacci ancora dalla tua nave in questo modo così drammatico? E pensare che ero venuto qui solamente per sapere se avevi risolto il mio piccolo enigma."
Picard si fermò lasciando che Q si voltasse verso di lui, improvvisamente il suo tono si fece più minaccioso mentre apriva le mani sopra la testa.
"Siete dei puerili esseri inferiori, potrei ridurvi in polvere solo con la forza di un mio pensiero, e sai perché non lo faccio? Perché non potrei più divertirmi osservando i vostri patetici comportamenti scimmieschi."
Battendo un pugno sul palmo della mano Picard alzò il tono della voce oltre misura.
"Q, te lo ripeto ancora una volta, falli tornare come prima!!! Se proprio vuoi aiutarmi dimmi se abbiamo effettivamente individuato il giusto periodo di tempo, se non lo vuoi fare, vattene da qui e lasciaci agire a modo nostro."
Q lo guardò con pietà mista ad ammirazione, fece sparire la città dallo schermo e con uno schioccò delle dita l’equipaggio riprese immediatamente le sembianze di sempre, compreso McCoy che continuò imperterrito la sua invettiva contro il capitano come se nulla fosse successo.
"A presto Jean-Luc, vedo che sei in buona compagnia." sussurrò Q mentre la sua immagine si affievoliva sempre più lasciandolo, come di consueto, senza parole.

Ormai due ore erano trascorse dall’ultima comparsa di Q.
Picard si era chiuso nella saletta tattica dopo aver proibito l’ingresso in plancia al dottor McCoy.
In quel momento si trovava infatti ricoverato in infermeria sotto l’effetto di massicce dosi di tranquillanti.
Eppure non avrebbe voluto comportarsi così.
McCoy era una leggenda vivente ed un anziano ammiraglio della Flotta, Picard si ripromise che gli avrebbe chiesto formalmente scusa una volta che si fosse risvegliato ed avesse recuperato le forze.
Il problema più urgente in quel momento riguardava invece il signor Spock, doveva riuscire in qualche modo a raggiungerlo, riflettendo si trovò d’accordo proprio con le parole del dottor McCoy: "al diavolo gli ordini", aveva ragione, per il bene della Flotta Stellare avrebbe disubbidito agli ordini dell’ammiraglio Yaw.
Si accinse ad attivare l’interfono quando il campanello alla porta trillò insistentemente.
Scotty attese che la porta alle sue spalle si richiudesse prima di procedere.
"Capitano, dovrei parlarle con urgenza." disse immediatamente in preda all’agitazione.
"Certo, ma prima mi dica come sta il dottor McCoy."
"Dorme profondamente, stia tranquillo, ha tutta la mia comprensione per i provvedimenti da lei adottati, se non lo avesse fatto rinchiudere in isolamento lo avrei condotto lì io stesso di peso, ci può giurare."
Picard cercò di apparire più rilassato di quanto non fosse in realtà , si versò da bere del tea fumante ed offrì un bicchiere di buon vecchio whisky al suo ospite.
"Allora Scotty, di cosa si tratta? Mi sembra preoccupato."
"Temo di si capitano, mi sbaglio se ritengo che voglia dirigersi verso Romulus contravvenendo agli ordini ricevuti?"
Bevendo un altro sorso Picard concluse brevemente.
"No, non si sbaglia affatto.".
"Capitano, questo non sarà necessario, io mi offro volontario, la mia navetta è perfettamente equipaggiata per questo tipo di missione."
"Non posso acconsentire Scotty, sarebbe troppo rischioso, la ringrazio comunque per la coraggiosa offerta, ma questo è un problema personale fra Q e me."
L’ingegnere sembrò non voler ascoltare ragioni, mise le mani sulla scrivania e continuò.
"Capitano, non posso permetterle di mettere a repentaglio la vita del suo equipaggio, con il mio sistema d’occultamento raggiungerò Romulus senza alcun problema, recupererò il signor Spock e farò immediatamente ritorno a bordo. Posso farcela, ne sono certo, mi lasci tentare, qui non le sarei di nessuna utilità…e poi consideri che sono in debito con tutti voi."
Picard finì la sua bevanda e si diresse al portello d’osservazione valutando a fondo la proposta dello Scozzese, sembrò propenso a dare il suo benestare quando infine volgendosi precisò.
"Va bene, come desidera, ma il comandante Riker verrà con lei, è il miglior pilota di navette di tutta la Flotta, le potrà essere d’aiuto."
Scotty non apparve troppo felice di quella soluzione, scuotendo il capo ribatté.
"Capitano, si è forse dimenticato il periodo dal quale provengo, ho quasi cent’anni d’esperienza in più del comandante Riker, no, mi dia retta, risolverò questa faccenda alla vecchia maniera."
"Come avrebbe fatto il vostro capitano Kirk?" lo stuzzicò Picard riprendendo posto alla scrivania.
"Si capitano. Il dottor McCoy aveva ragione, ai nostri tempi le cose si sistemavano in maniera diversa: più semplice e diretta, senza troppa burocrazia e pesanti pressioni da parte del Comando. Per lei può sembrare irragionevole, ma con questa filosofia abbiamo vinto un’infinità di situazioni disperate. Mi lasci andare da solo capitano, la prego."
Picard finalmente si convinse, diede ordine di preparare la navetta privata del signor Scott e gli porse la mano stringendola calorosamente.
"Almeno mi permetta di potenziare gli scudi deflettori del suo vascello."
"La ringrazio capitano, accetto."
"Le posso concedere al massimo dieci ore per recuperare l’ambasciatore, se non sarà tornato entro il tempo stabilito oltrepasserò la Zona Neutrale e farò rotta verso Romulus a massima curvatura."
"Tornerò nel tempo prestabilito capitano, non la deluderò." rispose gongolante Scotty lasciando in fretta la saletta tattica.
Picard lo seguì con lo sguardo e ripeté a se stesso con sincera ammirazione.
"Non ho mai avuto alcun dubbio signor Scott."

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Capitolo Nove

"…e così tu saresti il grande Spock di Vulcano? Non posso crederci." balbettò il prigioniero seduto sul bordo del tavolaccio che fungeva da giaciglio per la notte.
Si avvicinò all’ambasciatore tenendosi a debita distanza senza distogliere per un secondo l’attenzione dalle sue orecchie appuntite.
"È proprio vero, sei proprio lui, ma non pensavo che fossi anche muto." precisò ironicamente sperando che si degnasse di rivolgergli qualche parola.
Il suo silenzio lo indisponeva più di ogni altra cosa, dopo tre ore trascorse nella cella di massima sicurezza in sua compagnia quello che il poveretto maggiormente desiderava era di scambiare due chiacchiere con il suo compagno di sventura.
"Sei proprio un bel soggetto, e sei anche un maleducato, probabilmente non ti interesserà saperlo ma io mi chiamo Terres e provengo dal pianeta centrale Ferengal, per favore vuoi, adesso, degnarti di rispondermi?"
Il Vulcaniano, assorto nelle sue riflessioni, lo osservò impassibilmente alzando il sopracciglio destro.
Terres a quel punto perse del tutto la pazienza, afferrò la manica del mantello e lo scosse energicamente.
"Svegliati amico, mi senti? Non sei curioso di sapere perché sono stato imprigionato senza aver commesso nessun crimine? Sono mesi che sono rinchiuso qui dentro ad ammuffire e doveva proprio capitarmi un tipo taciturno come te?"
Finalmente Spock decise di alzarsi, il Ferengi notando la sua notevole statura si ritrasse tremando verso un angolo buio della prigione.
"Va bene amico, ho capito, se non vuoi parlarmi…per me va bene così."
Il Vulcaniano non gli prestò nessuna attenzione, si fermò davanti alla porta sigillata tentando di verificarne la robustezza, fece alcuni tentativi inutili poi deviò verso il suo compagno ancora rannicchiato contro la parete.
Osservando terrorizzato la figura dalle sembianze vagamente demoniache che si approssimava pensò che il diavolo in persona fosse venuto a reclamare la sua anima.
Invece incredibilmente proferì parola.
"Terres, conosci un modo per fuggire da questo luogo?" chiese fermandosi a pochi passi da lui.
"No, nessuno. Non si può fuggire da qui, nessuno ci è mai riuscito, e comunque presto verranno a portarti via."
"Cosa te lo fa’ supporre con tanta sicurezza?" domandò Spock non comprendendo il ragionamento del Ferengi.
"Il semplice fatto che anche i Romulani conoscono la tua identità, vorranno interrogarti, estorcerti informazioni, torturarti…forse ucciderti, non ti aspetta un gradevole futuro se è quello che volevi sapere."
"Logico." si limitò a rispondere il Vulcaniano mettendosi nuovamente a sedere sul giaciglio.
Dopo pochi minuti il Ferengi sembrò ritrovare il coraggio, si avvicinò mostrando il suo sorriso incorniciato da due file disordinate di denti affilati.
"Ti ho già detto che sono innocente?" chiese con un filo di voce.
"Almeno una decina di volte." rispose Spock con estrema pazienza.
"Ma veramente io non ho fatto niente, posso giurartelo. Allora perché mi hanno arrestato? Io, un semplice commerciante di stoffe pregiate."
Con la sua tipica inflessione neutra l’ambasciatore precisò.
"Perché tu sei Terres, uno dei più famosi mercenari Ferengi conosciuti nel Quadrante. Probabilmente a causa della tua instabilità mentale ti sei spinto oltre la Zona Neutrale sperando d’incrementare i tuoi illeciti guadagni, ovviamente i soldati hanno faticato a lungo per catturarti, ma la milizia Romulana è famosa per non arrendersi quando è sulle tracce di un famoso criminale. Eppure sarebbe bastato che tu avessi consegnato loro la perla Kantaas che hai rubato dal Museo Antico di Romulus per cavartela con pochi anni di reclusione invece di essere condannato alla pena capitale."
Terres rimase letteralmente senza parole, mettendo le piccole braccia lungo i fianchi squittì sdegnato.
"Io non sono un ladro! Come puoi affermare che sia stato proprio io a rubare quella perla d’inestimabile valore?"
Spock lo guardò con un’espressione vacua che solitamente in passato riservava per il dottor McCoy, poi reggendo agevolmente la folle espressione dipinta sul volto del criminale rispose.
"Terres, tu ridi troppo spesso, e la tua dentiera non è certo un buon nascondiglio per quel gioiello."
Il Ferengi sentì il sangue raggelarsi nelle vene, per un attimo gli sembrò che il mondo intero gli stesse crollando sotto i piedi, se il Vulcaniano lo aveva scoperto così facilmente anche i Romulani avrebbero potuto fare la medesima cosa, angosciato pensò che il suo destino fosse irrimediabilmente segnato.
Senza pensarci due volte s’infilò una mano in bocca emettendo dei suoni mostruosi, trafficò attraverso la fitta dentiera e la saliva per alcuni minuti ed infine si strappò la perla nascosta nell’incastonatura di un finto molare.
Agitandosi come un ossesso salì su di uno sgabello e senza alcun ripensamento la scagliò fuori dalla finestra con tutta la forza che aveva in corpo.
Dal fondo della cella Spock si limitò a commentare.
"Un saggia decisione."

Terres si stava ancora medicando la bocca per la forzata estrazione del suo molare.
Raggomitolato sul

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