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Inevitabile Vendetta (IV)

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Inevitabile vendetta


Parte IV


Gli occhi di Luca scorsero veloci tra le colonne di testo che riempivano le pagine del quotidiano locale, fino a scovare quel titolo in quinta pagina: "Nuovo farmaco contro le sbucciature".
Un titolo veramente stupido, pensò Luca.
"Ricercatore di… … …dopo più di un anno di sperimentazione in… … …annuncia di aver scoperto un farmaco in grado di alterare considerevolmente la coagulazione sanguigna. Le future applicazioni in campo medico sono molteplici, dal pronto soccorso (ora in grado di arrestare emorragie interne ed esterne oltre ad impedire la morte per dissanguamento) al semplice utilizzo domestico per guarire in minor tempo le ferite di tutti i giorni, come i tagli e le sbucciature… … …il professore ha già firmato un accordo con una nota casa farmaceutica per rilasciare a breve un prodotto ad uso domestico basato su questa sostanza".
Luca sorrise, abbassò il giornale posandolo sulle ginocchia e sussurrò tra sé e sé – E così Daniele ce l’hai fatta, finalmente. Sono proprio felice per te. –
– Una visita per lei, signore! –
La voce squillante dell’infermiera scuotè con un sussulto la mente assorta di Luca, che si voltò verso la porta spalancata cercando la fonte di quel disturbo.
– Grazie, lo faccia pure entrare. –
Un uomo alto, elegante, vestito con un abito in doppio petto grigio ed una cravatta di un giallo stridente lastricato di tasselli rossi e blu entrò nella stanza e si guardò intorno per un attimo prima di sedersi accanto a Luca.
La stanza era di un bianco accecante e verniciata di fresco, impeccabile senza considerare quelle due piccole macchie d’olio che apostrofavano la branda di Luca sul lato destro, vicino alla finestra. Un piccolo tavolino con cassetto, quadrato, con gli angoli smussati e bianco anch’esso riempiva l’angolo accanto alla vetrata. Su di esso, un enorme vaso di terracotta, l’unica nota di colore in tutta la stanza, si slanciava verso il soffitto con la sua chioma multicolore di fiori di campo appena raccolti.
L’uomo prese posto sull’unica sedia di metallo cromato presente nella stanza e guardò un attimo negli occhi Luca prima di cominciare a parlare. Quest’ultimo intuì subito che non avrebbe portato buone notizie: il viso era privo di tono, quasi imbronciato, e i suoi occhi tendevano a lasciare cadere lo sguardo non appena incrociato quello di Luca. Le spalle erano leggermente incurvate in avanti, e la postura generale del suo corpo irradiava tutt’altro che energia vitale.
– Ti porto cattive notizie. –
– L’avevo capito… non sei mai stato un bravo attore, te la cavi meglio come avvocato – Luca azzardò un tono ironico per incoraggiare l’uomo ma anche per prepararsi emotivamente al colpo.
– La corte sta esaminando il caso ed emetterà tra breve il verdetto finale… – l’uomo lasciò in sospeso la frase.
– Sì, questo lo so benissimo. Immagino che ci sia qualcos’altro che invece non so e dovrei sapere, non è vero Silvio? Vieni al dunque, tanto ormai non ho nulla da perdere –
– Ho paura di non riuscire a coprirti Luca. –
Lo sguardo di Silvio cadde in basso sulle bianche lenzuola del letto di Luca, e lì rimase per qualche secondo, fino al prossimo intenso respiro dell’uomo.
– La corte ha analizzato nei minimi particolari tutto quanto, soprattutto la perizia tecnica inviatagli dal laboratorio. Il fatto è che nonostante tutte le pressioni che ho dovuto esercitare per influenzarne il giudizio, mi riesce veramente difficile, come succederebbe a chiunque nella mia posizione, ottenere l’infermità mentale alla luce di quanto è accaduto. –
Gli occhi di Luca non guardavano più Silvio ora, vagavano nel vuoto incuranti di tutto e parevano vedere cose che solo la sua mente poteva immaginare.
– Ci sono troppe prove contro di te, e l’esito della perizia disposta dalla procura ha dato il colpo decisivo. Come faccio a far credere alla corte che un uomo non ha più il senno se riesce a progettare e realizzare un progetto come il tuo? Come faccio a far credere che tutto sia successo senza le piene facoltà mentali quando tu stesso hai scelto il luogo e fissato l’appuntamento? Hai persino fatto recapitare il materiale dai corrieri!… –
Luca sorrise, stanco, quasi beffardo, e ruotò il capo da sinistra verso destra, lentamente. – Non lo so, non è il mio lavoro –
– Luca non puoi dire così, e lo sai. Perché non provi a metterti al mio posto? Io sto cercando di fare il possibile per aiutarti, ma ti rendi conto che mi stai chiedendo l’impossibile? –
– Il bastardo come sta? – Luca cambiò argomento.
– E’ ancora vivo, ma non si sa ancora per quanto. E’ ridotto ad una carcassa, una carcassa di carne collegata ai macchinari che la tengono in vita. I danni inferti dagli aghi alla spina dorsale gli hanno causato una paralisi nervosa dall’ombelico in giù, e le ossa degli arti superiori sono talmente scheggiate da rendere difficoltosa l’articolazione delle braccia.
Il problema più grosso è però la sua condizione mentale, che è ridotta ad uno stato vegetativo irreversibile. Il suo cervello ha subìto troppi traumi in poco tempo, ed è rimasto in assenza di sangue ed ossigeno troppo a lungo, prima che i soccorsi arrivassero sul luogo per salvarlo. Dovresti vederlo Luca, non è più nemmeno un essere umano – .
– Questo è quello che volevo, e questo è quello che ho ottenuto. –
– Ma come puoi parlare così? Ti rendi conto che hai ridotto ad un moncone un uomo che… –
– UOMO? – Le dita di Luca si strinsero attorno al collo di Silvio come gli artigli di un falco sulla preda e con la stessa fulminea velocità – HAI DETTO UOMO? –
– Lu…ca… –
La stretta di Luca rimase immobile, incontrastabile, fino a quando il volto di Silvio non fu paonazzo, e solo allora si allentò di colpo ributtandolo sul cuscino sgualcito e lasciandogli un evidente senso di imbarazzo.
– Non dirlo mai più Silvio, non dirlo mai più. Quando verrà emesso il verdetto finale? –
Silvio ansimò per qualche secondo, ricomponendosi ed acquistando un colorito più naturale. Poi rispose:
– Domani mattina. –
– Cosa? Domani mattina? – Luca si accese di nuovo, irrigidendosi.
– Mi dispiace Luca, ma a questo punto qualche giorno in più fa poca differenza. –
– Cosa significa fa poca differenza? Mi servono altri due giorni Silvio, solo due giorni, non puoi negarmeli, me li devi! –
– Non posso Luca, l’udienza è domani mattina e io non posso spostarla… – Silvio tentò di calmare l’amico, usando un tono pacato e rassicurante, ma non servì a nulla.
– Ascoltami bene, avvocato. Non ti pregherò di aiutarmi, ma le mie condizioni sono queste: prolunga la mia fine di due giorni e avrai la direzione della mia azienda, piantami in asso proprio ora e ti ritroverai la carriera stroncata. Tu sai che posso farlo… –
L’avvocato rimase impietrito dalla minaccia, gli occhi piccoli e scuri a fissare quelli spalancati di Luca, poi capitolò – Chiederò di rimandare l’udienza, prenderò tempo per esaminare nuove ed improbabili prove. Maledizione!… –
– Grazie Silvio. So che non puoi capirmi ora, ma saprò essertene grato. Ora lasciami riposare. –
– Hai ragione Luca, non posso proprio capirti. –
Rassegnato, Silvio si alzò dalla sedia osservando il corpo del suo vecchio amico ruotare su se stesso tuffandosi nelle calde onde del lenzuolo bianco e si avviò verso la porta, che richiuse lentamente dietro di sé.

***

Luca passò i due giorni seguenti come aveva passato tutti i precedenti fino a quel momento, alzandosi presto al mattino per cogliere i fiori dal giardino della clinica, tornando verso l’ora di pranzo per invasarli nella terracotta e rimanendo così, a letto, fino a sera a guardare e rimirare il mazzo di fiori appena raccolto.
Lisa amava i fiori di campo.
Diceva sempre che i fiori di campo rappresentano la bellezza più intima, più spontanea, più sincera della natura. I fiori di campo nascono da sé, e nascono ovunque. Nessuno li cerca e loro non cercano nessuno, ma riempiono di gioia i giardini e i prati, rallegrano le coppie di amanti, intrattengono i bambini, sono la vera voce della primavera. I fiori di campo non hanno la bellezza presuntuosa dei fiori da giardino, o dei fiori da serra, da vivaio, quei fiori nati solo per farsi guardare, quelli che l’uomo pianta per professione e che non sono liberi nemmeno di morire lì sulla terra dove sono nati. I fiori di campo rappresentano la libertà e la semplicità di crescere e vivere la propria vita fino in fondo. Se l’uomo sapesse vivere la propria vita come fa una margherita, tante cose brutte non accadrebbero e il mondo non sarebbe altro che una immensa distesa di fiori di campo animata solo dalle onde melodiose accarezzate dal vento. Se un giorno l’uomo si autodistruggerà nella sua stupida ricerca del dominio sugli altri uomini, tra le rovine della sua civiltà morta spunterà una margherita.
Era questo quello che Lisa vedeva nei fiori di campo.

Ecco perché Luca vedeva Lisa ogni volta che guardava i fiori di campo nel suo grosso vaso di terracotta, accanto alla finestra.

***

La sera del secondo giorno tornò Silvio.
– Buongiorno Silvio, ci sono novità? – Luca ruppe il ghiaccio con diplomatica tranquillità.
– No purtroppo. Domani la corte emetterà il verdetto. –
– Bene. –
La risposta di Luca stupì Silvio, che per un attimo rimase a fissare il suo amico cercando di interpretare quella risposta. Poi disse
– Non voglio illuderti Luca, non credo di riuscire ad evitare l’omicidio premeditato –
– Lo so Silvio, lo so benissimo, ma non ha importanza. Lisa è stata vendicata, e la sua anima è ora libera di salire al cielo –
Silvio guardò fisso Luca, che in quel momento volgeva il capo verso il soffitto, con le braccia aperte come per pregare e gli occhi accesi di una luce vitale, inspiegabile data la situazione. Colpìto dal suo comportamento, gli rivolse quella domanda che si teneva dentro da troppo tempo, e che avrebbe fatto meglio a dimenticare.
– Sei sicuro che sia valsa la pena rovinare la tua vita per vendicare una donna? –
Luca si voltò verso di lui, sul viso un’espressione di compassione, e gli rispose
– Hai mai amato una donna, Silvio? –
L’espressione di Silvio cambiò in uno sguardo sorpreso, quasi offeso.
– Certo che ho amato una donna, sono sposato con due figli, non ricordi? –
Luca scoppiò a ridere, a bocca spalancata, sempre più forte, fino a quando non fu interrotto dal viso paonazzo e indignato dell’avvocato che irruppe – Cosa ci trovi di tanto divertente in tutto questo?… –
– Credi veramente che amare una donna significhi essere spostato con lei?
Tu non hai mai amato tua moglie, e lei non ha mai amato te. Lei è semplicemente l’unica donna disposta a stare insieme ad un debole come te, perché dopo essersi passata tutti i campioni di pallamano della scuola si è fatta la reputazione della vacca, e a quel punto solo uno come te poteva sposarsela. Probabilmente i tuoi figli non sono nemmeno tuoi vista la fama di tua moglie… non hai mai notato che i capelli biondi di tua figlia ricordano tanto da vicino quelli di Riccardo, il vincitore del lancio col giavellotto al liceo? I tuoi sono così scuri… –
Il volto di Silvio era talmente bianco che a stento si distingueva sul candido delle pareti, e la bocca tremante pareva incapace di reagire, con gli occhi che vibrando fissavano Luca increduli.
– Se tu avessi amato una donna, una sola nella tua vita, e fossi stato ricambiato anche solo per un minuto, capiresti quello che ho fatto. Evidentemente non è stato così –
Luca fu implacabile. Il suo attacco fu così preciso, glaciale e diretto che non lasciò la possibilità a Silvio di controbattere o difendersi in alcun modo. Solo dopo lunghi e interminabili secondi di confusione mentale riuscì a rispondere:
– Io sono il tuo avvocato e posso decidere del tuo destino… come puoi permetterti di giudicare la mia vita tu che hai buttato la tua nel cesso per una stupida donna come tante altre? –
– La mia vita con Lisa è stata talmente intensa che ho vissuto abbastanza da non aver più un motivo alcuno per restare qui ora che lei è vendicata. Ma questo, povero Silvio, tu non lo capirai mai… –
L’avvocato si alzò di scatto dalla sedia, sconvolto, ed esclamò dirigendosi verso la porta:
– Sei finito, Luca. Passerai il resto dei tuoi giorni dietro alle sbarre… tanto tu hai già vissuto abbastanza, non è vero? –
Silvio scoppiò in una risata poco prima di chiudere la porta, ma non fu molto convincente, al punto che Luca sorrise nuovamente, divertito, ascoltando i passi del suo avvocato allontanarsi veloci dalla sua stanza.

***

Il cassetto del tavolino scivolò sulle guide trasportato dalla mano di Luca, che lo richiuse subito dopo aver preso la sua piccola bibbia con la copertina rigida.
Era la pagina 346, se lo ricordava ancora. Dal numero 346 al numero 386, in ogni pagina del libro era presente un foro rettangolare, sul lato della rilegatura lungo circa due centimetri e largo uno soltanto.
Fu proprio da quel foro che Luca estrasse la pillola, e con un gesto deciso la ingoiò. Non fece nemmeno in tempo a percepirne il sapore che se la sentì nello stomaco, pronta ad essere assorbita dall’organismo, e si lasciò scivolare sotto le lenzuola.
Si sentiva benissimo, ora. Lisa era finalmente vendicata, egli si era finalmente deciso a sputare in faccia al suo avvocato tutta la verità su sua moglie e grazie a quella preziosa caramella di Daniele non avrebbe mai dovuto subìre il carcere. La sua missione era finalmente conclusa, e lui era pronto per raggiungere, dopo tanto tempo, la sua Lisa.
Sorrise nuovamente, con gratitudine, ripensando a quanto il suo amico medico aveva fatto per lui. Senza il suo aiuto non avrebbe ottenuto nulla, e poi lui era stato l’unico a non tradirlo fino in fondo, fino ad ora. E’ bello, pensò, sapere di aver avuto almeno un amico vero in tutta una vita.
Cullato da questi pacati pensieri, Luca si addormentò per l’ultima volta, e sognò di Lisa.
Con la mente ripercorse tutte le tappe più importanti della loro storia d’amore, il loro primo incontro a quella festa, il gioco degli sguardi, i primi imbarazzanti tentativi di approccio, la prima passeggiata tra i prati, la prima cena, il primo bacio bagnato dalla pioggia di novembre, il primo weekend di rincorse sulla spiaggia e spruzzi d’acqua e canzoni sul mare, la notte del loro fidanzamento, il giorno del loro matrimonio, fino alla notte.
Quella notte però nessuno entrò dalla porta. Nessuno entrò a disturbare il canto dei loro corpi nudi, eccitati, scatenati nella danza ansimante di un desiderio fino ad allora represso e che ora pretendeva di sfogarsi fino in fondo, fino al limite estremo del piacere, fino al massimo che i loro corpi, e le loro anime, potevano sopportare. Fecero l’amore tutta la notte, senza sosta, con la libertà di esplorare ogni forma, ogni volto, ogni natura diversa del sentimento più intimo, fino allo spuntare dell’alba, che sbocciò dall’orizzonte come una splendida e semplicissima margherita di campo.
Era l’alba del 19 di maggio, il loro primo giorno di matrimonio.



Fabrizio Cerfogli
cerfab@cimone.it
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Un ringraziamento particolare va a Luisa Neri per il Suo prezioso contributo tecnico-stilistico ed il tempo che gentilmente mi ha dedicato.

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