————————–
Capitolo II
Il Fantasma sentiva che stava per rinvenire: poco prima sapeva di aver agito d’istinto, che il suo istinto di sopravvivenza aveva prevalso sulla sua razionalità ancora offuscata dall’anestesia: oh terrore di popoli, quando anche il più debole tra i servi della terra inizia a ragionare con la parte più antica di sé , i potenti hanno sempre avuto di che tremare!
I ricordi però iniziavano a riaffiorare…
Si ricordava di un bambino, o qualcosa di simile, per poi trovarsi a pensare subito dopo ad un soldato; già, gli anni dell’accademia erano stati veramente duri, ma c’era un qualcosa più forte della fatica, era… era un richiamo che veniva da dentro, simile ad un urlo di una belva nella notte; e poi la prima missione, poco dopo la fine della guerra dei settant’anni e degli ultimi accordi per il totale disarmo nucleare: dei terroristi volevano mandare tutto al diavolo con alcune scorie radioattive, e per evitare un incidente diplomatico di dimensioni mondiali mandarono sul posto l’uomo migliore della Astragon, nonché suo migliore amico: nome in codice Gray.
Ma successe qualcosa… già… Grey venne catturato o qualcosa di simile; e allora mandarono lui, un novellino inesperto contro il mondo. E poi, e poi? Tradimenti, morte, la guerra, l’orrore; due anni dopo, successe di nuovo qualcosa di simile, ma ormai il Fantasma aveva già avuto l’onore del nome in codice Benares, un Wu, la mitica creatura immortale, dominatrice delle cinquanta bestie demoniache e protettore dell’ultimo della stirpe dei triclopi: quel nome però non gli era mai andato veramente a genio: per diventare un Wu, il triclope doveva prendere l’anima dell’essere umano che sarebbe divenuto il suo fedele servo, immortale fino alla morte del suo padrone: sembrava quasi che il Fantasma avesse venduto la sua anima alla guerra…
E poi altri tradimenti, altre guerre, altri combattimenti: ma lui era Benares, e ormai era rodato a questo genere di futilità umane: ricordava con tristezza il combattimento contro Gray, vederlo ridotto al fantasma di sé stesso, mentre tornava dalla guerra senza più arti a causa dell’esplosione del complesso che non aveva potuto evitare.
Ma ancora con più tristezza lo ricordava nella sua ultima missione, trasformato in un cyborg in cerca di quella poca umanità che ancora scorreva nelle sue vene, un grottesco miscuglio di carne e acciaio implorante la Morte e il Dolore in nome di quella cosa che sentiva non appartenergli più, la Vita. Ricordava il desiderio di Gray di combattere, di lottare per ciò in cui credeva, e come si sacrificò per lui, per Benares… " Io ho sempre lottato per ciò in cui credo " Furono le sue ultime parole.
Dopo quella battaglia si era ripromesso di scoprire il vero significato della vita, e poco a poco ci stava riuscendo: dolci erano i ricordi di una giovane donna, splendida nei suoi brillanti capelli castani, un profilo nobile e occhi profondi come lo possono essere solo i segreti più oscuri. Erano tempi di sorrisi, quelli: amava il suono di ogni singola sillaba che la sua voce pronunciava, la sua risata cristallina, il corpo che avrebbe fatto invidia a dee cadute oramai nell’oblio della notte dei tempi; certo, gli inizi non erano stati semplici: nel suo cuore regnava ancora il demone che urlava per il combattimento, per il sangue e per lo scontro dell’acciaio , ma la donna sembrava riuscire a placare la furia che si agitava ora urlante, ora in agonia dentro di lui. E poi si ricordava quella casa che avevano comprato… "Yu, entra, è bellissima!" diceva lei sorridendo radiosa.
"Sei tu che lo sei".
Tanti giorni felici, lontano dalla guerra, dall’orrore.
Poi il vuoto. Dov’era finita tutta quella pace? E quella serenità acquisita con tanta fatica e dolore? Sapeva che quei giorni non sarebbero mai più tornati, lo percepiva dalla parte più profonda di sé stesso.
Il Fantasma iniziò a domandarsi se non fosse lui Benares, e a provare un’angoscia senza limiti osservando il suo corpo: che cosa era diventato? Ma soprattutto iniziò a sentire le grida del demone, che oramai si era liberato in tutta la sua furia, e chiedeva a gran voce il suo giusto tributo di sangue che per tanto tempo gli era stato negato.
"Ti ho osservato, sai, mentre combattevi." gli disse una volta qualcuno "Nei tuoi occhi c’è l’eccitazione per la battaglia ; l’adrenalina che scorre dentro di te si può sentire ;ma soprattutto il piacere per la distruzione della vita umana. Tu sei un assassino, e questo è il tuo destino".
Forse quell’uomo aveva ragione.
Pensando a queste cose il fantasma si accasciò in uno dei vicoli della metropoli, che vegliò la sua pena fino a quando Morfeo non lo prese tra le sue braccia.
Il dottor Blake si trovava di fronte all’uomo in giacca e cravatta, sudava copiosamente e pareva decisamente teso: sapeva di essersi fatto scappare qualcosa di troppo importante e pericoloso, e se la cosa fosse venuta alla luce, molte teste sarebbero saltate: inoltre, il suo superiore non aveva certo la fama di risparmiare chi commetteva simili errori: erano già molte le persone che improvvisamente scomparivano dai libri paga della Arcam; dopo un attimo di riflessione si mise a parlare, non sapendo certo cosa dire: "Non so… non so come giustificare quanto accaduto… non pensavamo… è successo tutto così in frett…"
L’uomo in giacca e cravatta sorridendo affabilmente lo interruppe: "Non si preoccupi, in fin dei conti avevo calcolato questa possibilità, e anzi, devo dire che sono positivamente colpito dai risultati ottenuti"
Il dottore, impallidì: più per lo stupore di come il suo superiore non lo avesse neanche minimamente mincacciato, era sgomentato dalla facilità con cui quest’uomo aveva dato in pasto alla furia di Noè più della metà delle forze speciali da combattimento della fondazione Arcam, il gruppo in cui un soldato poteva definirsi con orgoglio "eletto": oltre alle durissime prove per entravi, il candidato doveva sopravvivere al rigetto genetico causato dai massicci interventi atti a potenziare i soldati fin dalla base della loro umanità, cioè il Dna: "Ma come, come? Più di cento dei suoi migliori uomini sono morti e lei non fa una piega? Lei è pazzo!" urlò il dottore, viola dalla rabbia: in fin dei conti aveva messo a punto egli stesso la terapia genetica e considerava quei ragazzi quasi come dei figli, e inoltre si stava battendo da anni per trovare un rimedio a quel terribile rigetto, che devastava il corpo e la mente a quei ragazzi, uccidendoli in poco meno di due mesi tra atroci sofferenze.
"In fin dei conti, dovevamo pur provarlo; inoltre, se non fosse riuscito a resistere a degli esseri umani, non ce ne saremmo fatti poi più di tanto" rispose l’uomo, dimostrando la massima incuranza per quegli uomini che più di una volta avevano dimostrato la loro fedeltà anche a costo della loro vita.
"Ma è scappato, lo vuole capire? Ha idea di cosa ha scatenato? E se iniziasse ad attaccare la città? Sa in quanto tempo può distruggere una città? In meno di venti dannatissimi minuti, venti, Cristo! Non possiamo neanche dare ordine di bombardare tutta l’area, ci sono troppi civili, non riusciremmo mai ad insabbiare il tutto… Siamo finiti…"
Da anni, infatti, le fondazioni e i governi che si facevano sfuggire qualcosa di troppo pericoloso o di troppo incriminante, avevano la prassi di radere al suolo l’area scottante tramite dei bombardamenti a tappeto: quando dopo la guerra dei settant’anni un gruppo terroristico ottenne armi tali da minacciare la sicurezza mondiale tramite una serie di tangenti devolute al allora nascente governo degli stati uniti dell’Asia meridionale, lo stesso governo non esitò a distruggere il 62% della foresta Amazzonica per preservare i loro traffici: fu un disastro ecologico di proporzioni mai viste prima, e numerosi uomini mandati in missione dal governo americano vennero uccisi in azione, ma il segreto sulle tangenti non venne mai alla luce.
L’uomo, visibilmente scocciato, riprese: "E lei pensa veramente che l’unità inizi ad attaccare senza motivo? No, non credo. Dal suo profilo psicologico non sembra il tipo: vede, il suo problema è che le lo vede esclusivamente come un’arma impazzita, mentre quello è principalmente un essere umano. Probabilmente deve ancora realizzare cosa è successo, non sarà ancora in sé. E poi dovrà imparare ancora molte cose prima di utilizzare a pieno regime tutte le sue incredibili potenzialità, non crede?". L’uomo sapeva bene, che senza un adeguato addestramento alle sue nuove potenzialità, Iafet sarebbe stato certo un grandissimo combattente dotato di una forza sovrumana e immortale, ma non certo una minaccia tale da giustificare la preoccupazione sua e persino di quel miserabile ometto che aveva persino osato dargli del pazzo.
Il professore si zittì, e iniziò a gettare il suo sguardo verso il tappeto che sontuosamente addobbava il pavimento: i suoi sentimenti erano decisamente contrastanti verso quell’uomo, come del resto lo erano sempre stati, e continuò ad ascoltarlo quasi senza fiatare.
"In sostanza non dobbiamo fare troppo baccano, dare tempo al tempo e lo riprenderemo presto. Inoltre, se non mi sbaglio, gli è appena stato assegnato il compito di ritrovare il Bresakr. Non si preoccupi e inizi le sue ricerche. Dal punto di vista bellico il Bresakr è di sicuro l’unità più interessante e potente da utilizzare, soprattutto in considerazione di come ne parlano certi testi apocrifi di cui solo noi siamo a conoscenza"
"Ma…" rispose il dottore.
"Niente ma. Esegua gli ordini". L’ordine suonava così perentorio da sembrare quasi una condanna, tanto che Il professore, annuendo lentamente, uscì dalla stanza con atroci presentimenti che ronzavano nella sua testa.
Le braccia di Morfeo spesso non accolgono i loro dolci amanti con la dovuta tenerezza: capita, infatti, che siano scostanti come giovani donne, che gettano gli spasimanti nella disperazione più cupa, forse per ingenuità, forse per malizia: a volte li lasciano in preda alle loro più cupe paure, facendoli braccare dai fantasmi di un passato lontano e mai dimenticato, sgretolando le loro misere sicurezze costruite con immane fatica e dolore; a volte li dimenticano in un limbo d’oblio dal quale solo dopo un tempo pari all’eternità possono sottrarsi . Quella notte non volevano certo indugiare con quello strano ed inaspettato pellegrino che invocava, quasi disperato, una briciola di benevolenza: no, quella notte volevano essere più spietate che mai, soprattutto con una creatura tanto temuta dagli esseri umani.
Benares viaggiava in un turbinio di ricordi e di immagini sfuocate, visioni grottesche e inenarrabili che solo una mente superiore poteva fargli osservare così da vicino: erano parti di quel suo passato lontano, demoni oscuri del presente che si agitavano in lui urlando per la vendetta e per la consapevolezza di una diversità che trascendeva dalla sua condizione di essere umano.
Lottando nel Nulla con demoni che forse non facevano parte del mondo reale, sentiva che oramai le forze gli stavano mancando, e che a momenti avrebbe ceduto alla morte che cresceva in lui; ma poi vide qualcosa, al di là di quel buio che lo stava trascinando verso la fine della sua esistenza: era come un volto che emanava una regalità arcana e maestosa, che poco a poco iniziava a muovere le labbra chiamandolo dolcemente.
Stupito, cercò di concentrarsi su quella voce suadente e melodiosa: era come se l’anima stessa di tutto il mondo gli stesse parlando, e si sentì decisamente rinfrancato.
Ora la figura gli porgeva la mano, e lui istintivamente gliela afferrò con tutta la forza che aveva in corpo, simile ad un infante che si appiglia all’amato genitore quando la paura si fa più forte e necessita sicurezza e protezione: si trovò nel vicolo dove era crollato, circondato dalla spazzatura e dai graffiti, ma con la mano saldamente stretta da quella di un uomo dalla figura imponente e regale; subito si rizzò in piedi e si mise in posizione di guardia: ovviamente poteva essere uno di quelli che l’avevano attaccato in precedenza.
La figura sorrise paternamente, e disse, con un tono basso e dolce: " Non avere paura, Iafet, Benares o qualunque altro sia il tuo nome :non sono in questo luogo dimenticato da Dio per farti del male, ma per incontrare l’ultimo di noi e vedere se posso essergli d’aiuto, come del resto spero che tu lo sarai per il compimento del patto", e così dicendo gli si avvicinò.
" Allontanati subito! Non so di cosa tu stia parlando, e se non te ne vai sarò costretto ad ucciderti! " urlò Benares, mentre la figura si avvicinava sempre di più, ignorando con serenità quella terribile minaccia: quando fu a portata di pugno, Benares si sentì attanagliato da una sorda paura e da un terribile dubbio: chi poteva essere quell’uomo che con tanta audacia e serenità rischiava di morire? Ora Benares sapeva che aveva un potere inumano, e probabilmente anche l’uomo sapeva qualcosa, non era certo un pazzo qualsiasi: purtroppo l’uomo si stava avvicinando sempre più, e non c’era più tempo di pensare: si limitò a sferrare un colpo di sinistro con tutta la forza che disponeva verso il volto di quell’irritante temerario.
Non fece in tempo a vedere il sorriso comprensivo che l’uomo fece prima di sparire e ricomparire alle sue spalle, che il muro davanti a lui stava già cadendo in pezzi come dopo una pesante esplosione; l’uomo, con un rapido e dolce movimento della mano, sembrò sfiorare leggermente le spalle di Benares, il quale si trovo pochi secondi dopo sdraiato a terra come dopo il più terribile dei colpi.
La paura che quell’uomo fosse uno di quelli che lo avevano creato si stava espandendo sempre di più dentro di lui, soprattutto costatando la totale superiorità dell’uomo che lo aveva attaccato, giocando con lui come fosse un bambino contro un titano. Con una miriade di ipotesi nella testa, si limitò a chiedere: " Chi sei? Cosa vuoi da me?"
La figura sorrise: " Iafet, calmati: come ti ho già detto, non sono certo qui per farti del male, e come hai potuto costatare di persona non farei molta fatica. Chi sono? E’ una domanda a cui neanche io posso rispondere con chiarezza, sebbene sia in questo mondo da tempo immemorabile: alcuni mi chiamavano Sem, altri Ghilgamesh, e gli uomini hanno usato altri nomi ancora per identificarmi: tu puoi chiamarmi semplicemente Rama. E circa lo scopo per cui sono ora qui davanti a te, l’unica cosa che so e che posso dirti è che ora che anche tu sei stato attivato, devi contribuire ad adempire al sacro patto del monte Ararat."
" Cosa stai dicendo? Il patto del monte Ararat? E che cosa significa?", continuò Benares, sempre più disorientato.
" Purtroppo ", continuò Rama, " nessuno lo sa con precisione: se ne parla nell’antico testamento e con maggiori dettagli nei testi apocrifi di Jochanan di Patmos l’apostolo, mai accettati dalla chiesa di Roma: in questi testi è narrata la vicenda di Noè, e si parla di noi Angeli come custodi del patto; inoltre, si parla anche dell’esistenza di un altro essere chiamato Bresakr, e il nostro compito è unirci a questa creatura per adempire al patto, ma non c’è scritto da nessuna parte in cosa consista: durante la mia vita ho conosciuto le più svariate e illuminate civiltà, ma in nessuna ho mai trovato alcuna notizia fondamentale, né sul patto, né su cosa sia quest’ultimo essere. In poche parole dobbiamo trovare questo quarto essere per capire quale sarà la nostra missione finale."
" E che cosa sono gli Angeli? ", Benares parlava con una grande angoscia, non sapendo più cosa sarebbe successo né cosa fosse diventato, e temendo allo stesso tempo di capirlo.
" Noi siamo la Leggenda " iniziò Rama solennemente " siamo i grandi eroi che hai conosciuto attraverso i miti delle civiltà antiche, quando l’uomo non era che un viandante su una terra ancora ostile; e nonostante il passare dei secoli e dei millenni, l’uomo non è ancora riuscito con la sua tecnologia ad arrivare a qualche cosa di vagamente simile a noi: tecnicamente parlando, siamo l’unione di una parte biomeccanica composta da una lega sconosciuta e di un donatore umano, che contribuisce con alcune parti biologiche: il concetto è molto simile a quello del cyborg sviluppato dal progetto Xenon della Bloody Sea, ma evoluto all’ennesima potenza: pensa che nel momento in cui il donatore si congiunge alla parte biomeccanica, un servo computer collegato alla rete neurale analizza i geni del donatore e li riorganizza in modo da utilizzare anche quelle caratteristiche usualmente sopite nell’essere umano, come la spico cinesi. Inoltre, attraverso l’utilizzo di questa tecnica, le parti biologiche subiscono un processo di rigenerazione costante e continuo: oltre a non essere soggetti ad alcuna malattia di tipo genetico o cancerogena, possiamo sfruttare tutte quelle sostanze che l’organismo produce in momenti di particolare stress per ridurre il dolore, aumentare la concentrazione e via dicendo, ma che con un lungo utilizzo diventano nocive, come ad esempio l’adrenalina, e come avrai capito, non possiamo essere soggetti a rigetto. Ecco cosa siamo. Siamo esseri indistruttibili, immortali e dotati di poteri che non si possono nemmeno osare sognare. Ma come tutte le cose, anche questa ha il suo rovescio della medaglia …", e così dicendo un’ombra triste si dipinse sul suo volto.
Benares ascoltò tra l’incredulo e l’esterrefatto il discorso di Rama, ombre scure iniziavano ad agitarsi: povero essere umano, nella sconfinata rosa dei sentimenti che si accavallavano nei più reconditi abissi della sua anima, quello che face capolino con le più intense grida, fino a prevalere sulla disperazione e sulla distruzione che regnavano in lui, fu un immensa e sorda rabbia: rabbia contro chi lo aveva ridotto ad un incrocio tra un fenomeno da baraccone e un mostro, contro chi aveva creato l’abominio che ora era parte di lui, contro colui che lo aveva creato.
" Maledetto! ", urlò in preda ad un furore devastante, " Tu pensi che io creda a tutte queste sciocchezze? E anche ammesso che siano vere, cosa ti fa pensare che io aiuterò te e questa tua ricerca di un qualche cosa che non sai neanche se esista? Io voglio tornare alla mia vita! Io rivoglio il mio corpo!"
" Mi spiace che la prendi in questo modo ", rispose Rama freddamente, " ma non hai altra possibilità: purtroppo, il 75% del tuo corpo non esiste più e se anche fosse in condizioni ideali per un reinnesto, non c’è possibilità di rimuovere le tue componenti biologiche dall’unità meccanica, anche solo perché l’uomo non ha i mezzi meccanici per riuscire ad aprire l’involucro di metallo del tuo corpo. Vieni con me, ti insegnerò tutto quello che posso sul tuo nuovo corpo affinché tu lo possa usare al massimo."
" Non voglio questo dannato corpo, e non ti seguirò da nessuna parte!" Gli urlò da pochi centimetri dal viso.
" Agisci come credi, io non ti tratterrò di certo. Sappi solo che fino a quando non accetterai il tuo corpo, sarai come un uccello al quale hanno tagliato le ali: sebbene le tue capacità siano molto grandi, sarai facile preda per quelli che ti danno la caccia."
" Taci! ", e così dicendo, Benares scappò via attraverso gli stretti cunicoli della parte antica della Metropoli, mentre Rama lo guardava ripensando tristemente a come anch’esso si fosse sentito perso sapendo cosa fosse diventato.
La Metropoli era sovrappopolata ormai da almeno due secoli: per molto tempo, soprattutto dopo la crisi avvenuta nel 2076 a causa della fine delle risorse petrolifere mondiali e al conseguente stravolgimento dell’economia mondiale, si era cercato di contenere una massa umana in continua e illimitata crescita, se non altro per garantire una minima qualità di vita ai ceti più bassi, ovviamente quelli più colpiti dalla crisi stessa, o almeno ufficialmente era questo che veniva propagato dai vari governi. In realtà il problema principale era garantire si la sopravvivenza di qualcosa, ma questo qualcosa non erano certo le suddette classi: la mancanza di cibo iniziava ormai a preoccupare anche le classi più abbienti, e le bocche da sfamare erano decisamente troppe.
Il modello di ispirazione fu certamente quello della Cina, che puniva ancora con la pena capitale le coppie che facevano nascere più di un figlio, ma di sicuro una misura del genere non sarebbe bastata a fermare in maniera definitiva il problema: in primo luogo, erano già troppe le famiglie, soprattutto nel terzo mondo, che avevano ben più di un figlio; in secondo luogo, risultava decisamente infattibile una monitorizzazione adeguata delle zone più povere, che erano quelle che poi avevano maggiore tasso di procreazione, in quanto la tecnologia che lì possedevano era ancora decisamente obsoleta; infine, bisognava tutelare le famiglie al potere che non ne volevano sapere di sottostare a regole che limitassero la loro prestigiosa discendenza.
Insieme alla pena capitale, i governi fecero segreti accordi tesi a debellare il problema in maniera decisamente poco ortodossa: interi villaggi e popolazioni di zone come l’Africa o l’America del sud sparirono misteriosamente: ai politici e ai militari il genocidio sembrava l’unica alternativa possibile alla carenza di generi alimentari.
Le successive guerre tanto sconvolsero e cambiarono la conformazione del pianeta e delle menti degli esseri umani, quanto vennero accolte con una specie di muto sollievo dalle super potenze: sembrava quasi un modo meno sporco di togliere di mezzo il problema, e si può dire che in gran parte lo fu: in pochi decenni, la popolazione della Terra si ridusse a due terzi.
Ma l’uomo è un animale dalle mille risorse: vuoi per il fatto che i governi avevano abolito la pena capitale per chi avesse fatto più di un figlio e che avessero abbassato la guardia, vuoi per uno strano istinto di conservazione, nel giro di sette generazioni dalla fine dell’ultima guerra la situazione era tornata pressappoco quella iniziale.
Benares correva tra la folla che intasava i viali più larghi della Metropoli senza nemmeno sapere dove stesse andando, con la sensazione che stesse scappando da un pericolo più nascosto dentro di lui che esterno.
Una muta ombra lo osservava dall’alto di un palazzo, ridendo della stoltezza di quell’Angelo impaurito.
Un grido lacerante, che sembrava provenire dai più reconditi abissi dell’inferno, rimbombò in tutto il viale: " Iafet!"
Si voltò di scatto, osservò per un breve istante l’ombra ridente, prima che un immenso bagliore lo accecasse: si risvegliò poco dopo, attorniato per miglia da macerie e da resti di cadaveri, sangue che grondava dalle pochissime pareti rimaste in piedi: la parte antica e alcune zone della parte nord della Metropoli giacevano a terra in un agonia e in un silenzio surreale…
BENARESYAMA
———————————————-
Capitolo III
Federico Mori