KULT Underground

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Max

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Max

Una di quelle giornate di fine estate. L’inizio di settembre credo, quando i giorni erano ancora abbastanza lunghi da uscire a passeggiare fra le vetrine del centro coi negozi aperti fino a tardi.
C’era nell’aria una vaga sensazione di tramonto; un tramonto completo del giorno, della città, della civiltà. L’orologio alla fermata del bus faceva le sette e con un po’ di fortuna sarei riuscito a trovare un barbiere nei dintorni e sbrigarmela in fretta. La barba non la sopportavo più e i capelli unti mi ricadevano a ciocche sulla fronte.
Il posto che trovai non era così male; l’arredamento intonato e il gestore tirato a lucido tradivano una ricercatezza goffa vagamente alla francese, più perché si addice a un barbiere che per vera origine. Mi aveva colpito la strana insegna illuminata che ruotava fuori dal negozio e la scritta Figaro che si usava quando io ero più giovane e Marta ancora viva.
Nel locale deserto non feci in tempo a sedermi che mi ritrovai con un asciugamano bianchissimo attorno al collo. Dallo specchio di fronte vedevo tutto il locale, anche l’uomo vestito di nero che stava entrando. In piedi a braccia conserte dietro di me aveva un’aria curiosa, un non so che di impercettibilmente misterioso e tetro, un uomo tragico. Entrambi, lui e il barbiere, non avevano ancora pronunciato una parola.
La sedia era ben strana. La pelle nera e ben rifinita si inclinava leggermente in avanti e il bordo terminava in una specie di imbottitura. Mi sentivo vagamente a disagio così cercai di alzarmi, ma con fermezza il barbiere mi trattenne con forza inattesa. Era senza camice e vestito di nero come l’altro uomo, ancora immobile nella stessa posizione
Una scure scese veloce sul mio collo mentre la folla gremita do una piazza osservava la mia esecuzione su uno schermo gigantesco.
– Bene signor Presidente, come vede il metodo funziona perfettamente. Il sistema é ancora in fase sperimentale ma sta dando ottimi risultati ; con questa nuova droga il condannato vive alcuni giorni una complessa allucinazione. Quando l’effetto è al culmine viene colto da un profondo senso di autodistruzione e l’ultima esperienza vissuta coincide con l’esecuzione, di cui si rende conto solo pochi secondi prima che accada.-
– Negli ultimi duecento anni i sotterranei della città sono stati dimenticati; è una prerogativa del regime, eliminare il ricordo di quanto non torna utile ai propri scopi. Il potere della menzogna non ha più la forza di distruggere o costruire, meglio inventare nuove droghe per nuove illusioni.-
Mentre riprendevo le forze le parole erano sempre più chiare e mi accorsi di essere ancora vivo.
– Bevi questo, ti aiuterà a riprenderti.- disse la ragazza porgendomi una tazza di caffè. – Sei stato drogato, ma anche questa volta siamo riusciti a fregarli! Ti spiegheremo tutto ma ora non devi preoccuparti, pensa a riposare che il peggio é passato.-
– Ma… abbiamo la certezza di tutti i casi ?- ribatté l’uomo in divisa militare
– Oh, no. Vede, Signor Presidente, la droga é ancora sperimentale e non su tutti ha lo stesso effetto. Esiste un gruppo di rivoluzionari che talvolta riesce a salvare un condannato. Si nascondono nei vecchi sotterranei e credono di poter riuscire un giorno a organizzare una vera rivolta.- Rispose l’uomo con fare sin troppo accondiscendente.
– E non fate niente per sopprimerli ?-
– Certo, Signor Presidente, li teniamo sempre sotto controllo. Vede Signor Presidente, questo gruppo di ribelli è un campione statistico molto prezioso per i nostri studi. Non si preoccupi Signor Presidente, la situazione é perfettamente sotto controllo.-
…Sono cinque anni che vivo in questo sotterraneo. Non ho capito se sono un rivoluzionario o un prigioniero, ma non credo vi sia differenza. Ogni giorno spero capiti qualcosa, ma forse l’unica cosa che mi può capitare é che non mi capiti nulla. Se é vero che sono ancora vivo.

Enrico Miglino

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