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Dal cassetto del passato un inedito…

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Dal cassetto del passato un inedito carteggio di passione


"Fiammadolce come stai? Hai dormito in pace? L’oro è ancor dolente o è già liscio e lene?". A scrivere è Gabriele D’Annunzio, dopo un convegno d’amore al Vittoriale. E lei risponde: "Mi hai versato ieri con la tua voce un filtro profondo come quello delle tue carezze".
Gabriele pensa a Fiammadoro lontana, ed ecco l’incontro: "Stamani, il favo di miele nella bocca della tigre, come nella fauce del leone biblico? Con quale accento dirò io grazie a tanto fresca gentilezza?". E Fiammadoro, sempre più accesa: "In questa notte trasparente la luna è già tramontata, c’è un bagliore d’incendio, una pineta arde sul monte. E chi non ha dentro di sé una pineta che arde?".
Sono brani tratti dal carteggio, fino ad ora inedito, fra Gabriele D’Annunzio e Margherita Besozzi. Un carteggio che ora Salerno editrice ha mandato in libreria per le cure di Vito Salerno sotto il titolo di Lettere a Fiammadoro. Le vicende che le lettere ci narrano spaziano dal 1921 al 1937, un rapporto alterno tra i due amanti, fatto di repliche e di affetto, con un basso continuo di dedizione da parte della donna, che non viene meno neppure al declinare della passione amorosa.
Margherita è più giovane di quasi trent’anni: vive latenze e poi improvvisi ritorni di fiamma e allora ecco il soprannome, Fiammadoro. Provoca: "Sono pronta. Posso venire nella loggia di Apollino a prendere un caffè e mangiare un frutto? Mi invita il mago? Ho un labbro gonfio come se me lo avesse baciato un dio, quale?".
Qualcuno potrebbe pensare ad una delle tante conquiste dannunziane, del gran seduttore; ma in realtà c’è qualcosa diversa, perché Fiammadoro non è un’annoiata esponente della buona borghesia milanese a caccia di forti emozioni, o almeno non è solo questo. Margherita Keller era andata sposa a venticinque anni al conte Piero Besozzi di Castelbarco, sodale di D’Annunzio a Fiume. Era cugina di Guido Keller, asso dell’aviazione della prima guerra mondiale. E proprio a Fiume avvenne il primo incontra tra Margherita e il poeta e gli anni della relazione coincidono con quelli in cui si giocò il destino politico dell’uomo.
E anche se non può essere annoverata tra i grandi amori dannunziani, Margherita, morta nel 1979, fu una presenza discreta e costante accanto al poeta, che seguì la sua vita fino alla sua ora estrema. L’ultima lettera è infatti del dicembre 1937, D’Annunzio morì il primo marzo del ’38.
Così la fanciulla adulava il suo amante: "Mago dolce, sono tutta imbevuta di te, anima e corpo… Ti vedrò presto? Portami con te sul tuo lago perché io ti sia vicina ancora, presto, vuoi? Appoggio il mio capo sul tuo petto dolcissimamente e bacio il piccolo segno nero". E ancora: "Avete vestito di impalpabili rose la mia nudità: coglieranno le mie mani quelle profumate del Vittoriale? Bacio i vostri occhi stanchi e rido perché Elios ha avuto paura del Sole. Come non sentite voi che la purezza e l’ardore della mia fiamma non hanno bisogno che del vostro soffio divino per essere alimentate? Verrete domenica ventura? Potrei ripartire con voi se lo desiderate. Vi attendo Mago e sogno le vostre parole".
E lui, il Mago, risponde: "Non mi diceste, iersera, che sareste venuta: mi diceste che avreste telefonato. E, ahimè, io ho atteso il messaggio fino alle undici. Poi mi son dato ai carnefici. Son rientrato in queste grigie stanze verso sera, così stanco che non ho avuto voglia di traversare la nebbia per tornare laggiù. Son rimasto qui, solo, davanti a un mucchio di lettere che non aprirò. È destino ch’io non debba conoscervi se non sotto la specie della malinconia. E scrivo con una penna aguzza che stride, con un inchiostro lento che impallidisce, sopra la vil carta di tutti. Ecco il coronamento della gloria! Cerco di indovinare dove voi siate, nella città oscura, come si cerca in un vasto corpo inerte un punto sensibile. Ritornerò, credo, lunedì o martedì per la Tragedia pastorale. Iersera mi foste insolitamente dolce perché mi sentivate soffrire. Nulla vale il favo di miele nella bocca della leonessa. Vi bacio le mani, Fiammadoro. Addio".
Lettere che ci aprono il cuore di uno dei più grandi poeti del mondo, di un uomo troppo spesso definito esteta in accezione negativa. Quel 1 marzo 1938 D’Annunzio non morì, ma rinacque e si consegnò ai posteri come un mistero insoluto, tuttora irrisolto. Tanto intricato che ancora una volta questo carteggio di passione e vita apre quesiti ed ipotesi, interpretazioni varie e contraddizioni… un epistolario tra il divino e il carnale sullo sfondo di eventi cruciali, dall’impresa di Fiume alla marcia su Roma che accresce l’enigma… e per sempre il vampiro D’Annunzio ci donerà straordinarie resurrezioni.

Francesca Orlando

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