Qualche settimana fa ho avuto occasione di rivedere, trasmesso da una rete televisiva nazionale, il film Starship Troopers. Al tempo della sua uscita sul grande schermo mi pare di ricordare fosse stato lodato per la qualità degli effetti speciali, cosa peraltro più che comprensibile dopo aver assistito anche per solo qualche secondo ad una panoramica su un serrato schieramento di insetti aracnoidi alti tre metri in assetto da combattimento… rivedendo il film ora, alla luce della presente situazione internazionale, più che gli effetti speciali a colpirmi è stato però il carattere imprevedibilmente profetico della trama. Andiamo con ordine…
Starship Troopers, ambientato in un futuro non troppo lontano, si apre su un ameno scorcio di vita quotidiana tipicamente yankee, specificamente sulle vicende di tre ragazzi alle prese con esami scolastici, partite di football (futuristico, ma pur sempre football), balli di fine anno e test di ammissione all’accademia. Fino a qui, niente di che. Ma, non appena i tre amici sui quali la storia è imperniata riescono ad arruolarsi e vengono assegnati ai reparti di propria competenza, ecco che giunge come un fulmine a ciel sereno la notizia di un terribile attacco compiuto da una razza di insetti giganti con i quali i terrestri sono da tempo in conflitto più o meno aperto. Un enorme meteorite è infatti stato deviato dal suo percorso e spedito a colpire Buenos Aires (da quel che si può vedere, una Buenos Aires così globalizzata da risultare virtualmente indistinguibile da una qualsiasi metropoli americana…). La conta dei morti è spaventosa: le stime parlano addirittura di otto milioni di caduti, fra i quali si annoverano le famiglie dei tre protagonisti… qualcuno comincia ad intuire dove sto andando a parare?
Proseguiamo… l’attacco proditorio ad un obiettivo civile suscita ovviamente un’ondata di sdegno generalizzata e porta direttamente alla decisione di attuare una rappresaglia armata: la guerra agli insetti è dichiarata all’istante. Verso il loro pianeta partono subito i primi contingenti di starship troopers: una volta giunti fin là questi non entrano però subito in azione, in quanto la strategia di attacco prevede una prima fase di fittissimi bombardamenti aerei sul territorio nemico. Solo dopo aver fatto assaggiare ai mostruosi alieni una generosa dose di fuoco dal cielo, le truppe di terra vengono finalmente sbarcate sul pianeta e possono ingaggiare una battaglia diretta con i nemici… affiora una sensazione di deja vu?
Non è tutto… dunque, eravamo rimasti ai combattimenti sul territorio. Ma da dove sbucano, ci si chiede, tutti questi dannati insetti? Non si fa in tempo a colpirne uno che se ne presentano altri dieci, tutti votati al sacrificio e pronti a gettarsi temerariamente sotto il fuoco nemico… ma certo! I rinforzi arrivano direttamente da sottoterra! Il sottosuolo del pianeta infatti è percorso da una fitta rete di cunicoli e gallerie nelle quali gli aracnoidi trovano rifugio e dalle quali emergono per lanciarsi alla carica sugli eroici soldati terrestri… eppure tutto questo mi ricorda qualcosa.
Ai vertici militari delle forze terrestri appare presto chiaro che lo sterminio indiscriminato dei nemici non risolverà da solo la situazione: occorre trovare il cervello (e quando dico cervello, parlo in senso letterale: il guru degli insetti si rivelerà infatti essere una massa gelatinosa piuttosto chiaramente modellata sulla forma e sulle proporzioni di un encefalo umano…) che sta dietro a tutto questo. E dove si nasconderà il famigerato nemico? Ovviamente sottoterra, nel dedalo di gallerie, protetto da una schiera di talebani… pardon, di insetti guerrieri… interessante, non è vero?
Ora, dal momento che il parallelo con la realtà odierna fino a qui ha funzionato così bene, mi chiedo se il finale di Starship Troopers non costituisca anche un valido punto di partenza per speculare sulla futura evoluzione della guerra in Afghanistan. Cosa ci riserva infatti la conclusione del film? La mente degli insetti viene catturata da un contingente di eroici troopers e fatta riemergere dal sottosuolo, prudentemente avvolta da una rete e scortata da soldati armati. Verso quale destino? Ebbene, il Bin Laden interplanetario finisce dritto dritto in un laboratorio di analisi, sulla scorta dello slogan "conoscerli per sapere come ucciderli": là, sottoposto a svariati test apparentemente poco piacevoli e sicuramente lesivi della sua dignità di terrorista spaziale, l’insettaccio dovrà fornire agli scienziati terrestri ulteriori informazioni e riscontri affinché l’azione militare sia ancora più efficace ed il nemico possa essere finalmente debellato. Come dire che, se e quando Osama verrà stanato e riportato vivo alla luce del sole, il futuro gli riserverà un soggiorno presso un centro di ricerca statunitense con una bella serie di elettrodi attaccati sotto il turbante…
Il lato profetico di Starship Troopers
Fabrizio Claudio Marcon