all’ombra dei fanciulli in fiore
Cognome: Clark
Nome: Larry
Età: 59 (ma sicuramente ne vorrebbe molti meno)
Luogo di nascita: Tulsa, Oklahoma
Residenza: New York
Stato Civile: single, con tre figli
Professione: fotografo, regista, con lo skate nel cuore
Segni particolari: un’evidente sindrome di Peter Pan
L’acne, il latino e le prime pasticciate esperienze sessuali: pensandoci bene, chi ha voglia di rivivere la propria adolescenza? Se la società borghese del 1800 considerava l’adolescenza come un periodo turbolento preparatorio all’età adulta ma non gli riconosceva nessuno status sociale, oggi sembra invece succedere tutto il contrario. A lanciare la gioventù (ribelle) nell’immaginario collettivo sono stati gli anni ’60, durante i quali milioni di ragazzi di tutto il mondo acquistano un’anarchica coscienza di classe e fanno valere il proprio peso politico. Ormai però le ideologie sono finite e durante gli anni ’90 i giovani diventano target di campagne pubblicitarie mirate e protagonisti della scena mediatica.
Rigorosamente "belli e dannati", preferibilmente strafatti e androgini, gli adolescenti te li ritrovi nelle campagne pubblicitarie (da Calvin Klein all’ultima di Versus), nei negozi di dischi (remember Britney?) e in libreria (J. T. Leroy). Nella società dell’immagine, ormai la giovinezza è un bene di lusso tra i più ricercati e oggetto di un ricco giro d’affari con Cher come testimonial. Perché? Forse perché l’età in cui nulla è definito chiaramente e le aspirazioni sono illimitate rappresenta alla perfezione il mood postmoderno. O forse perché, come sostiene Larry Clark, è una parte fondamentale della nostra vita che ci forma e ci serve per interpretare l’età adulta.
Larry Clark può essere considerato il padre spirituale di tutti i "Kids" che hanno invaso le nostre vite negli ultimi anni. Clark si fa notare sin dal debutto: "Tulsa" (1971), il primo libro di foto, ritratto della trasgressiva vita on the road di Clark e un gruppo amici, pare abbia ispirato Martin Scorsese per "Taxi driver".
Ma è soprattutto con "Teenage Lust" (1983) e il successivo "The Perfect Childhood" (1993) che Mister Clark lascia il segno e definisce il proprio stile: diventa il cantastorie ufficiale dei giovani alla scoperta di sesso, droga e rock’n’roll. L’intento di Clark è ritrarre, come in un documentario, la metamorfosi in atto tra i giovani americani che hanno conosciuto il mondo attraverso la visione distorta della televisione. Le immagini forti contenute nei libri (primi piano di fellatio, adolescenti che si prostituiscono o prendono droghe…) non possono passare inosservate nell’America puritana e creano più di qualche problema all’autore.
Con le polemiche arriva anche il successo. Ai ritratti di Clark si rifanno esplicitamente Gus Van Sant e le campagne pubblicitarie di Calvin Klein degli anni ’90. Lo sguardo da voyeur un po’ morboso su questa gioventù nichilista e ribelle ispira il cosiddetto trend "heroin chic": foto che sembrano il risultato di un reportage tra gli sbandati dei quartieri poveri di New York, ma che in realtà sono il risultato dell’opera di fotografi alla moda e che, per gli strani casi della vita, vengono pubblicati da giornali fichetti come Vogue, ID e THE FACE.
Clark decide di lanciarsi in una nuova sfida: il cinema. "Kids" (1995) è la cronaca di un giorno nella vita di un gruppo di adolescenti nella Grande Mela. Il gergo degli adolescenti, la passione per le droghe, la scoperta del sesso e la minaccia dell’Aids: "Kids" è per gli anni Novanta meglio di qualsiasi trattato di sociologia. Dopo la parentesi del più tradizionale "Another Day in Paradise" (1998), Clark torna alla propria passione/ossessione per la giovinezza. Prima con "Bully" (2001), storia di un ragazzo che uccide il migliore amico, ispirato da una storia vera; poi con "Ken Park" (2002), incentrato sul rapporto genitori/figli. Film che ci raccontano di una gioventù allo sbando che vive alla giornata tra fast-food e centri commerciali, senza ideali e aspirazioni per il futuro. Film che disturbano i benpensanti e lasciano perplessi i critici (genio o semplice pornografo?). Film che naturalmente devono ancora essere distribuiti nel nostro Paese.
Con l’attività cinematografica Clark si rivela anche scopritore di talenti. I Kids che popolano le sue opere sono spesso presi dalla strada, ed immediatamente destinati ad una carriera nel cinema. Tra questi: Leo Fitzpatrick (il mitico "sverginatore" di "Kids", prossimamente in "Storytelling"), Chloë Sevigny (icona del cinema indie americano, con "The Last Days of Disco", "Women", "American Psycho"…), Brad Renfro (nuovo bello e maledetto, "Sleepers", "L’Allievo"…), Michael Pitt (da Dawson’s Creek a star, con "Scoprendo Forrester", Hedwig" e i nuovi film di Bertolucci e Gus Van Sant).
Come ogni personaggio underground che si rispetti, anche per Clark vita ed arte si confondono. Questo implica: arresti a go go prima e dopo il successo, problemi con l’eroina ed episodi maudit che segnano la vita dell’autore e fanno la gioia di ogni ufficio stampa (tra tutti il misterioso suicidio di Justin Pierce, attore-feticcio del regista ed astro nascente di Hollywood). Ma questo significa anche una sindrome da Peter Pan che porta Clark a frequentare i coetanei dei figli e a voler imparare ad usare lo skateboard quando ormai ha superato la cinquantina. Se Clark sia un genio, un vecchio porco o semplicemente un po’ rincoglionito lo scopriremo solo vivendo.
Larry Clark
Simone Spallanzani