La prima volta di Kult al FarEastFilm1 di Udine è stata un’esperienza molto positiva. Il festival del cinema orientale, alla quarta edizione, non delude le attese di chi, come noi, tiene d’occhio queste manifestazioni cinematografiche "minori" cercando la qualità e l’informalità senza scendere a compromessi con le case di distribuzione o le esigenze del botteghino.
Il FarEastFilm è proprio così. Oramai si è creato una nicchia, parola rubata al mercato finanziario ma adatta a questo contesto, scegliendo di aderire completamente ad una cinematografia tanto ricca nel numero di film prodotti quanto ancora poco conosciuta e valorizzata, nonostante vanti una lunga tradizione ed altrettanti premi vinti in tutto il mondo.
Il FarEastFilm presenta una seleziona molto eterogenea di film provenienti da Hong Kong, Cina, Corea, Taiwan, Giappone, ecc. corredati da una retrospettiva su Patrick Leung, molto apprezzata dal pubblico che stava compostamente in fila alle pur faticose proiezioni notturne, e da una minirassegna sui "pink" giapponesi, film erotici molto in voga nel Sol Levante. La programmazione del festival, fortunatamente non ammassata e ben distribuita in modo da poter seguire facilmente tutti i film, è stata ordinata secondo criteri non troppo rigidi che hanno accomunato, ad esempio, film sul calcio nella stessa mattinata o thriller nello stesso pomeriggio, nel tentativo (riuscitissimo) di creare una sorta di collana all’interno del festival e permettere al pubblico meno cinedipendente di vivere il FarEastFilm come una settimana di cinema e niente più.
Una settimana di cinema. Così dovrebbero essere i festival, senza l’assillo delle conferenze stampa blindate nelle quali si ascoltano risposte banali a domande altrettanto banali, dove si è costretti a lancinanti scelte tra i quattro film in programmazione contemporanea e dove (non dimentico di il passato di scalcinato accreditato "culturale" a Venezia) si è costretti a vere e proprie alterazioni dello stato sonno-veglia che poi generano i mostri che popolano i nostri sogni. A Udine l’organizzazione è semplice ma efficiente, cordiale e molto affettuosa. Non mi era mai capitato di essere riconosciuto ancora prima di dire il mio nome al banco degli accrediti!
L’ospitalità è ottima e fa un certo piacere scoprire che le tre universitarie che dividevano con me lo scompartimento del treno sono in realtà in netta maggioranza rispetto a giornalisti e affini.
In questo modo si è ottenuto un pubblico molto giovane ed interessato, incredulo di poter parlare direttamente con gli attori ed i registi durante le pause degli spettacoli.
La distribuzione dei biglietti, pur lasciando un doveroso piccolo vantaggio degli accreditati sul pubblico pagante, è semplice ed efficace, così come i servizi di supporto alla stampa e al pubblico.
Approfittando forse di un interesse crescente verso l’estremo oriente, anche un po’ di moda forse, il festival ha conquistato definitivamente spazi sui maggiori quotidiani e sulle riviste specializzate, ottenendo il giusto riconoscimento per un’iniziativa tanto giovane anagraficamente quanto matura sotto ogni punto di vista.
L’ospitalità del festival e di Udine in generale è la ciliegina sulla torta; Udine è tanto bella da visitare quanto vivibile e cordiale, senza dimenticare la bontà dei suoi piatti e dei suoi vini, sottolineati con decisione da una risposta letta al volo da una mia amica su un questionario distribuito dall’organizzazione che chiedeva espressamente di migliorare il FarEastFilm con "un buffet di piatti tipici friulani"!
I film. Non mi sono certo dimenticato dei film! Il FarEastFilm non prevede nessuna sezione competitiva, se si eccettua il premio del pubblico. In questo modo tutti i film, esclusi quelli delle mini rassegne citate in precedenza, avevano la stessa importanza. Pur avendone visti pochi ho avuto la sensazione, magari errata perché del tutto personale, che i film prodotti in oriente che arrivano fino alle nostre sale siano un’accurata selezione di una vastissima selezione e non semplicemente piccole perle uniche nel suo genere. Ciò che conosciamo, soprattutto con l’ondata degli ultimi anni, ha forse traviato lo spettatore e la stampa specializzata sul mondo del cinema orientale. Ricordate quando scrivevo di atmosfere struggenti e storie che "solo dall’Est potevano arrivare"? Beh, sotto al coperchio c’è molto altro: fantasia, ironia, divertimento, epica e spettacolo, il tutto condito in "salsa di soia", ovviamente. Ciò significa che il cinema orientale deve essere inteso come un insieme di generi molto diversi tra loro, ancor più variegati di quelli che si possono riconoscere all’interno dell’etichetta di "cinema europeo". In pratica ho potuto vedere film belli e film mediocri, anche se è pur vero che bisogna provare, per quanto possibile, ad entrare nell’ottica dello spettatore orientale per il quale il concetto di epico, citando ad esempio il kolossal "Musa", può essere differente dal nostro o la scena divertente può sembrare del tutto insignificante se a vederla è un italiano.
Giudizio molto positivo, dunque, e arrivederci all’anno prossimo di nuovo a Udine.
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FarEastFilm 2002
Michele Benatti
Il logo della manifestazione è sullo sfondo di quest’articolo.