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Alieno ma non troppo

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Alieno ma non troppo

Ogni ambientazione "Space Opera" che si rispetti deve prevedere almeno una razza aliena, spesso molte. Ai Master nel cui petto arda il sacro fuoco della creazione, vorrei dare in questo articolo alcuni consigli sulla creazione e sulla gestione di tali razze.
Un rapido sguardo al variegato panorama della fantascienza è sufficiente per rendersi conto che nell’apparente diversità di forme, colori, atteggiamenti degli alieni resi famosi da cinema e letteratura, si celano alcuni importanti elementi di continuità.

Antropocentrismo. Con questa parola la tendenza innata che abbiamo tutti di "umanizzare" ciò che è diverso da noi; è certamente più rassicurante avere a che fare con alieni non troppo alieni… L’universo delle prime serie di Star Trek è pieno di razze aliene quasi identiche alla nostra (in alcuni casi anche troppo!): due braccia, due gambe, stazione eretta, mani prensili, due occhi… Le differenze sono minime: il colore o il rivestimento della pelle, qualche appendice ossea o cornea o poco più. Esempio tipico sono i vulcaniani, assolutamente simili agli esseri umani (fuorchè per le orecchie a punta) almeno esternamente (la struttura degli organi interni è infatti alquanto differente). Anche creature un po’ più aliene, ad esempio il crudele cacciatore visto in Predator sono sostanzialmente identiche a noi. Un alieno veramente diverso potrebbe non avere nemmeno una simmetria bilaterale del corpo (la destra simile alla sinistra) ma ad esempio una simmetria raggiata (come una stella marina o un riccio di mare). Anche l’alieno terrificante di Alien ha pur sempre due braccia e due gambe con giunture simili alle nostre, mani prensili, una testa, simmetria bilaterale… Ciò che lo rende così alieno è soprattutto la mancanza di occhi!
Quale giustificazione scientifica si può dare per ammettere l’esistenza di creature tanto simili a noi? Le variabili coinvolte nel processo evolutivo durato miliardi di anni e che ha portato all’homo sapiens sono talmente tante che le possibilità di una "evoluzione parallela" così perfetta sarebbero probabilmente meno di quelle di vincere al superenalotto dieci volte di fila… Tuttavia l’Universo è davvero enorme, e il numero di sistemi stellari altrettanto grande, quindi etichettiamo tale evento come "molto improbabile" invece che "impossibile".
Organismi veramente alieni potrebbero essere talmente diversi da noi che potremmo persino non riconoscerli come tali! Tutta la vita sulla terra, dalla raganella della foresta pluviale all’elefante, compreso l’Uomo, si basa su un progetto genetico molto simile contenuto in una molecola complessa di DNA (acido desossiribonucleico) su cui l’evoluzione e la selezione naturale hanno operato innumerevoli variazioni. Un essere alieno potrebbe avere qualcosa di simile? Studi scientifici sembrerebbero indicare di sì; infatti esperimenti dimostrano che a partire da elementi inerti e sotto certe condizioni ambientali, si formano molecole complesse a base carbonio che a loro volta si potrebbero combinare in forme ancora più complesse per generare poi la vita. Si pensa che sia accaduto questo quattro miliardi e mezzo di anni fa sul nostro pianeta, e potrebbe essere accaduto anche su altri mondi date le stesse condizioni ambientali. Naturalmente questo potrebbe non essere l’unico sistema in atto nel cosmo per la generazione della vita… Scrittori di fantascienza si sono sbizzarriti nel descrivere le creature più insolite, fatte di plasma e campi di forza, interi pianeti pensanti e viventi (non dimentichiamo l’ipotesi Gaia), forme di vita basate sul silicio anzichè sul carbonio, cristalli senzienti, e chi più ne ha più ne metta…
Il punto chiave per quello che riguarda i giochi di ruolo è a mio avviso la giocabilità che possono avere simili creature. Per definizione il GDR è immedesimazione e interpretazione di un personaggio, e il pericolo insito nell’adoperare razze troppo aliene è che il giocatore troverà grandi difficoltà nell’interpretarle, finendo per annoiarsi e disinteressarsi oppure arrivando a umanizzare ciò che umano non è. Per mantenere la giocabilità suggerisco ai Master con sangue di Demiurgo nella vene di limitare le razze aliene interpretabili dai giocatori a quelle più simili a noi; per quelle razze poi sarà opportuno fornire descrizioni molto dettagliate non solo dell’aspetto esteriore, ma soprattutto della società e del modo di pensare, della scala di valori, della cultura… Così facendo renderete più agevole il compito ai giocatori che volessero impersonarli. Tutto questo non esclude affatto dal gioco le razze più aliene, che agiranno però solo sotto il controllo del master come PnG.
Un altra fonte di difficoltà potrebbe essere la comunicazione. Un organismo alieno, anche se abbastanza simile a noi, avrà certamente un modo di comunicare coi suoi simili quasi certamente molto difficile da riprodurre per noi. Anche supponendo che la comunicazione sia basata su onde sonore come la nostra (ma potrebbe invece avvenire per telepatia, per onde radio, per odori, per suoni abbinati a gesti, ecc.) non è detto che le frequenze udibili e utilizzabili siano uguali alle nostre, inoltre l’apparato boccale e fonetico potrebbe dar luogo a suoni da noi non riproducibili. Del resto basta guardarsi intorno… voi sareste capaci di imitare alla perfezione lo squittìo e il ticchettìo di un delfino? O il frinire di un grillo? Non credo… Naturalmente per amore di giocabilità possiamo sacrificare un po’ di verosimiglianza, ma io consiglierei piuttosto di trovare soluzioni intermedie. Ad esempio si potrebbero creare delle "lingue franche" che possano essere pronunciate da apparati boccali anche molto diversi (un po’ come fa David Brin nel suo ciclo di Uplift col "Galattico sei", "Galattico sette", ecc.) una sorta di esperanto galattico…
Inoltre in una ambientazione fantascientifica avremo probabilmente a disposizione computer e traduttori simultanei automatici, o molto semplicemente, come accade in Star Wars, un robot protocollare in grado di fare da interprete!
E con questo ho terminato per il momento…
Arrivederci alla prossima puntata e… Buon GDR a tutti!

Massimo Borri

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