Quasi tutti sanno che i mannari non sono pericolosi, ma in pratica sono pochi quelli che hanno il coraggio di avvicinarli di persona. Faccio parte del fandom locale Arcilupi dei mannari, e mi chiamano "il folle" perché non ho paura ad andare ad incontrare qualunque membro della piccola popolazione locale di mannari. In pratica mi considero una specie di ambasciatore.
Sono venuto qui all’alba per incontrare uno dei lupi mannari più antichi, sicuramente il più antico di queste parti, un maschio di età indefinibile, ma sicuramente molto elevata, deve avere almeno alcuni secoli. Girano voci che abbia addirittura conosciuto personalmente San Francesco, e che anzi sia lui stesso il lupo della storia di Gubbio, ma non esistono prove al riguardo, e quindi probabilmente è solo una leggenda. In forma morfa è alto due metri e quaranta e pesa più di due quintali, e si dice che sia sempre vissuto in Italia, anche se prima viveva un po’ più a sud. È moltissimo tempo che non si accoppia, si dice che l’ultima cucciolata l’abbia avuta a metà ottocento, e non sono noti suoi discendenti viventi. Una vecchia femmina tempo addietro fece anche un tentativo di fare figli con lui, ma pare che per ora abbia deciso di non farne. Chissà se vorrà mai farne altri. Sono un po’ emozionato, al confronto di questa creatura antica sono solo un bambino. Data la sua età ed esperienza, sarebbe potuto essere uno dei più importanti musigrigi della popolazione mannara locale, ma tra i lupi mannari quello che conta sono soprattutto le relazioni, cioè il livello d’ordine in uno o più branchi, ma lui è fuoricasta volontario, è un tipo solitario perfino al confronto della media degli altri mannari. Non esistono persone viventi che l’abbiano visto in forma umana, e non esistono neppure sue fotografie in forma umana. In pratica è possibile che stia mantenendo una forma antropomorfa o lupina da più di un secolo.
Come mi hanno detto di fare ho acceso un piccolo fuoco fumoso in modo da essere trovato più facilmente.
L’unica sua immagine che conosco, e che ho fotografato come riferimento, è una sua pittura affissa ad una parete dell’androne centrale della stazione ferroviaria centrale di Bibbona. Ovviamente è una scena di caccia, al cervo. È stata fatta basandosi esclusivamente sulla memoria da un vecchio e grasso cinghiale mannaro e pittore dilettante, che lavora da più di un secolo come capotreno. È stato un modo per rendere omaggio a questo vecchio lupo dei boschi dell’Amiata. I lupi mannari ogni tanto cacciano i cinghiali mannari come se fossero non delle persone ma delle prede, e questi accettano il loro ruolo nell’ordine naturale delle cose e accettano di essere inseguiti, cacciati, e anche attaccati con violenza. Ovviamente i lupi mannari non uccidono mai veramente i cinghiali mannari, e si limitano a ferirli e abbatterli, e poi si occupano di assisterli per tutto il tempo che gli serve per guarire, che di solito essendo mannari non è troppo elevato. Questa grande velocità di guarigione fa sì che per un mannaro il concetto di "danno fisico" sia un po’ diverso dal nostro. Una ferita che a noi umani potrebbe sembrare grave per un cinghiale mannaro potrebbe essere quasi trascurabile.
Chissà in che modo sono riusciti a fargli sapere che volevo incontrarlo. L’ultima volta che è stato chiamato e che si è fatto vedere è stato per una troupe di documentaristi americani del National Geographic video, loro su un camion si erano portati dietro anche due cervi vivi e adulti, e volevano che lui recitasse davanti alla telecamera una "scena" di caccia scritta da uno sceneggiatore che non sapeva nulla di lui e della sua vita. A loro non interessava vedere e conoscere come è la vera vita di questo mannaro, ma fare un documentario che mostrasse quello che loro volevano mostrare, e che avevano scritto a tavolino ancora prima di partire dagli USA. Ovviamente lui ha rifiutato, e in qualche modo grazie ad altri mannari, di cui uno dell’ambasciata, è anche riuscito a far distruggere ogni frammento di video che avevano ripreso.
Lui non ha neppure un nome, o sostiene di non averlo, e in ogni caso non è noto a nessuno. Per farsi riconoscere dagli altri mannari, sia lupini che di altra specie, usa solo l’odore personale. Ogni tanto marca gli alberi come fanno gli orsi.
Mi volto, è davanti a me, a pochi metri! Non l’ho neppure sentito arrivare! È in piedi, in forma bipede, e anche da questa distanza posso sentire l’odore non molto piacevole della sua pelliccia. Ha un odore complesso, sa anche di formaggio vecchio e grasso rancido. Come fa a cacciare se posso sentire anch’io il suo puzzo a questa distanza? Si avvicina.
– Fono vecchio, cofa vuoi da me umano?-
Gulp! Ha una voce grave, e terribilmente vecchia. Sembra che si sia quasi dimenticato come si fa a parlare. Ha una pelliccia grigia e ingiallita, in alcuni punti è strappata, sembra che abbia quasi la rogna. Accenno un inchino, ma lui alza una mano facendo il gesto di fermarmi. Poi fa segno di no con la testa. Non vuole inchini. Devo rispondergli in maniera corretta.
– Lei è più antico di questi alberi, ma ha ancora molti anni da vivere, vedrà i nipoti dei miei nipoti. Per me è un onore enorme poter parlare con lei. Io rappresento un gruppo di umani che apprezzano voi lupi mannari, e che contribuiscono a finanziare la conservazione di piccoli boschi come questi in cui potete vivere.-
Capisce che sono una delle persone che in un certo senso gli paga l’affitto. Riprendo a parlare.
– Il mondo cambia in fretta, e io ho piacere che lei continui ad essere al passo coi tempi. Sono qui per aiutarla. Le ho portato questo.- Gli indico il pacchetto che mi sono portato dietro.
– Queste sono cofe da umani. Io caccio, mangio e difendo i miei amici. Afpetto, e prima o poi verrà anche la mia ora.-
Che tristezza… me lo aspettavo molto più fiero e vitale. Forza, insistiamo, devo provare ancora.
– Negli anni ha imparato di tutto. Questo non la cambierà, sarà solo un’altra cosa che potrà usare per far star meglio chi e cosa le è caro. Dandogli una voce, potrà contribuire a proteggere questi boschi.-
Annuisce col muso. Sta andando un po’ peggio di quanto sperassi, ma molto meglio di quanto temessi.
– Cough! Mi insegnerai a usare quello?-
Indica il mio pacchetto, io annuisco.
– Parla con me come se parlassi con un altro umano e smetti di considerarmi importante solo perché sono nato prima di te. Sono solo un animale, e qui tu sei il maestro.-
– È un piccolo computer portatile a celle solari e con collegamento via linea telefonica cellulare. Sono qui per insegnarti ad usarlo.-
Mi metto seduto a gambe incrociate sulle foglie secche, apro il portatile, e lo accendo. Lui sembra molto curioso, si avvicina ancora, io trattengo il fiato, e lui lo annusa come farebbe un cane. Gli indico delle icone sullo schermo, ma lui non sembra capirle.
– Non riesco a leggere, è tutto troppo piccolo, questi occhi sono troppo vecchi.-
– Non è un problema, si possono ingrandire i caratteri, così.-
Poi apro un editor, gli mostro come si scrive e provo a fargli battere dei tasti. A quanto pare non è la prima volta che vede una tastiera, forse in passato ha visto una macchina da scrivere.
Sbam! Sgrak!
– No! Fai piano coi tasti! Così rischi di romperli.-
– Mmmrrr! Non va, le mie zampe hanno dita troppo vecchie e rigide.-
Si sdraia sulle foglie accanto a me e guarda il cielo. È incredibile come mi abbia accettato subito.
– Non devi scoraggiarti, troveremo una soluzione, puoi imparare a controllare meglio i tuoi movimenti. Posso portare un computer più robusto. Posso provare a prendere uno dei computer dell’industria dove lavoro, hanno tastiere quasi blindate. Se vuoi risolvere un problema, allora lo si risolve. I problemi come questi hanno soluzioni tecnologiche.-
– È inutile, queste dita non hanno fatto altro che cacciare e scavare da più di un secolo -, mi mostra le sue mampe, cioè le mani-zampe – Non sono in grado di battere su una tastiera così piccola. I miei occhi sono troppo vecchi. La mia pelliccia è logora e tutta rovinata. Sono solo un vecchio animale.-
Rimaniamo in silenzio per qualche minuto. Mi sdraio anch’io sulle foglie secche, l’aria è piuttosto piacevole, e stare con lui non mi fa venire ansia, solo un po’ di nausea per il puzzo. In vita mia ho conosciuto un solo mannaro violento, pare per colpa di un parassita celebrale, gli altri erano persone strane e selvatiche, e certe volte anche solitarie, ma di solito piuttosto amichevoli. Non so cosa fare, forse abbiamo sbagliato tutto. L’idea di insegnargli ad usare un computer non è stata mia, ma mi è sembrata subito interessante. Col computer potrebbe comunicare e dare una voce a questi boschi che sono la sua casa. In questo modo la nostra opera di protezione ambientale riceverebbe più finanziamenti. Il computer è stato comprato con una colletta della nostra Arcilupi, ma anche la LIPU ha dato un po’ di fondi. Il WWF invece come al solito ha detto che i mannari non sono animali, e quindi non meritano di ricevere protezione ambientale destinata gli animali e agli ecosistemi. Alcuni membri WWF sostengono addirittura che i mannari sono solo umani con una forma diversa, e che quindi non avrebbero neppure diritto di vivere e cacciare o brucare nei parchi naturali. Sigh! Secondo me invece la creatura che mi sta accanto ha lo stesso diritto di vivere qui di quanto ne possa avere un cinghiale o un altro animale. Le guardie forestali conoscono bene il mio lupo mannaro, l’hanno visto spesso, e sanno che ha contribuito a spegnere innumerevoli incendi di questi boschi.
– Ho deciso. Hai ragione, devo mettermi al passo coi tempi. Devo ricordarmi che posso essere ancora giovane e vitale. Non sarà un giocattolo come questo che mi fermerà, se lo usate voi umani posso riuscirci anch’io. Il mio cervello invecchia molto lentamente, posso imparare.-
Wow! L’estrema vitalità lupina inizia ad uscire fuori! Si alza e inizia a grattarsi la pelliccia delle braccia con gli artigli. Toglie le foglie secche, le lappole e il pelo morto. Sembra che si artigli le braccia con sempre più forza.
– Cos’hai intenzione di fare?-
– Una cosa da vecchi mannari. Non avvicinarti, non voglio rischiare di farti male. Sarà uno spettacolo brutto, se vuoi puoi anche non guardare e allontanarti.-
Gli faccio segno negativo. Per quanto possa essere brutta, non ho intenzione di perdermi "una cosa da vecchi mannari". Sono pronto a tutto.
Si passa gli artigli nella pelliccia delle braccia; fa sempre più forza… sembra che… la pelliccia si sta macchiando di sangue. Si sta scorticando!
Grrrrwww!! Grrrrr!
Ruggisce di dolore, si è buttato a terra. Si sta strappando la pelliccia dalle braccia, dal petto e dalle gambe. Volano lembi di pelle e ciuffi di pelliccia. Si è scorticato tutta la coda e butta via la pelliccia. La sua coda adesso è un salsicciotto sanguinolento. Mi allontano facendo alcuni passi di corsa, sembra impazzito, ma non sembra che voglia fare del male a me. Sembra che voglia uccidersi nella peggiore delle maniere! Si scortica il muso e l’addome, in pochi minuti gli rimane pelliccia solo sulla schiena, sulla testa e un po’ sparsa qui e là. Il letto di foglie è macchiato, gronda sangue, ho la nausea…
Grrraaaaahhh!!!
Dal fuoco prende un tizzone e si acceca gli occhi!
C’è puzzo di carne e peli bruciati; la sua carne che sfrigola è il rumore più brutto che abbia mai sentito.
Cade di nuovo a terra, ma pare che non abbia ancora finito. Con una zampata si strappa via le orecchie, poi morde il braccio sinistro e con un morso si stacca la mampa! La inghiotte! Ourg! Fa la stessa cosa all’altro braccio, poi cade giù.
Sembra svenuto. È un ammasso di carne sanguinolenta. Esco da dietro il mio albero e mi avvicino cautamente. Sono stupefatto e inorridito. So che questa creatura è diversa da me, ma questo è più folle di quanto potevo immaginarmi.
L’odore di sangue, di grasso e di bruciato sono molto forti, da dare il voltastomaco. Mi avvicino un altro po’, respira, è ancora vivo. È un mannaro per cui ha enormi capacità rigenerative, probabilmente non morirà. Forse perfino un umano potrebbe sopravvivere a queste ferite, con adeguate cure e vasti trapianti di pelle. Come ha potuto tollerare il dolore? Perché si è comportato così? Non stava cercando di suicidarsi, si sarebbe comportato diversamente. Non capisco. Le sue ferite penso si cicatrizzeranno. Però le arterie delle braccia andrebbero chiuse, stanno pisciando troppo sangue perfino per un mannaro di questa stazza. È il momento di guadagnarmi il soprannome che porto.
– Ti cauterizzerò le arterie delle braccia. Va bene?-
Non dice nulla, lo prendo come un sì. Gulp. Prendo un respiro per non dover inspirare vicino a lui, raccolgo dal fuoco un bastone con una punta rovente, e l’appoggio sulle arterie. Stringe i denti ma rimane immobile, a quanto pare ho fatto la cosa giusta.
Se fosse stato un umano non credo sarebbe bastato un tizzone per le arterie, avrebbe avuto bisogno di una sutura o di graffette.
Faccio un po’ di pulizia raccogliendo un po’ di pezzi di pelle e pelliccia, che getto sulla brace. Riattizzo il fuoco e mi metto seduto. Tiro fuori il thermos e bevo un po’ di tè, lo lascio riposare. Passano alcune ore, che passo a leggere, e a tenergli lontane le mosche dalle ferite e scorticature. Lui rimane sempre immobile, anche quando gli colo un po’ di acqua nelle fauci. In poche ore le sue ferite e scorticature hanno cambiato di colore, sembrano in condizioni migliori.
Poi d’un tratto si alza e si mette seduto. Anche se è cieco mi rivolge il muso direttamente contro.
– Grazie per… cough! Grazie per le braccia. Ma così ci sto mettendo troppo tempo a guarire. Devo mettere il mio corpo un po’ più sotto torchio.-
– Che vuoi fare? Non ti sembra di aver già fatto abbastanza? Se vuoi suicidarti non fai prima a buttarti sotto un treno?-
A me i lupi e i lupi mannari piacciono moltissimo, e provo dolore a parlargli così, ma forse queste parole dure possono servire a dissuaderlo a farsi altro male.
– No. Caccerò. La necessità spingerà il mio corpo a guarire più in fretta.-
– Sei ferito, scorticato, senza orecchie, cieco e senza mani. Come puoi cacciare?-
– Tornerò domani.-
È andato via di corsa. A quanto pare il suo corpo ha più energie di quanto possa immaginare.
Rinuncio a capirlo. Stendo il sacco a pelo, e mi rilasso. Chissà se tornerà davvero domani, comunque se necessario lo aspetterò anche una settimana. Non è un problema, sono attrezzato. Inizio a montare la tenda. La notte passa tranquilla, solo con un paio di ululati, uno dei quali probabilmente suo.
Poco prima dell’alba mi alzo e riaccendo il fuoco. Mezz’ora dopo ecco che si fa rivedere. Lo riconosco, ma è molto diverso! Ha di nuovo la pelliccia, le mani, perfino gli occhi!
– Adesso ho occhi e dita giovani.-
Si siede accanto a me, chissà cosa ha mangiato. Forse un coniglio. Non che in questi boschi ci siano cose molto più grandi da cacciare. Forse è riuscito a trovare un piccolo cinghiale.
Prendo nuovamente il portatile, lo accendo, e adesso riesce a seguire la freccia del puntatore. Le sue braccia sono ancora sottili, devono ancora finire di irrobustirsi, ma per farlo gli servirà altro cibo.
– Cosa è questo Linux di cui parlano tutti?-
leonardo maffi
Rinnovarsi
— L’alba di un fine settembre, un bosco di castagni sul monte Amiata, Toscana centrale.
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Poscritto: i lupi mannari sono sempre stati considerati malefici, e in parte anche i lupi. Ma oggi alcune persone iniziano a pensarla diversamente. Un giorno perfino i film cominceranno a trattarli per quello che sono: creature di forza e vitalità, differenti dagli umani e potenzialmente pericolosi, ma intelligenti e come loro non limitabili da stereotipi di bontà o cattiveria. Se vogliamo che l’umanità smetta di comportarsi in maniera stupida e autodistruttiva, bisogna rispettare le differenze e fare ogni sforzo possibile per capire meglio ciò che sembra diverso da noi.