Eccoci qui con un bel disco che non esiterei a definire nirvaniano… ebbene sì, a otto anni di distanza dalla prematura scomparsa di Kurt Cobain si possono ancora trovare gruppi dalla spiccata matrice grunge, sebbene ormai tale fenomeno musicale si sia sgonfiato ed i suoi rappresentanti più illustri facciano parte dei libri di storia (Nirvana appunto, ma anche Soundgarden) o abbiano virato verso altri lidi (Pearl Jam).
Al pari degli Staind, a cui hanno peraltro fatto da supporter in un recente tour, i Puddle Of Mudd possono vantare i favori di un potente della scena rock attuale: Fred Durst dei Limp Bizkit, il quale produce questo Come Clean e si è occupato anche della regia del video di Control. Come già ebbi occasione di dire proprio recensendo qualche mese fa il lavoro degli Staind, la presenza di Durst non deve trarre in inganno: nemmeno i Puddle Of Mudd sono una copia dei Limp Bizkit.
L’album si apre con la già citata Control, traccia prescelta come singolo di lancio: un pezzo potente che il cantato a denti stretti di Wes Scantlin esalta nella sua aggressività inizialmente latente e poi sempre più manifesta.
Drift & Die è una ballata semi-acustica alla Days Of The New, con un grazioso gioco di vocals sovrapposti nelle strofe ed un refrain incisivo: una bella prova di duttilità.
Le fa seguito Out Of My Head, un po’ più scontata nell’incedere ma nondimeno capace di ricordare in maniera intrigante tanto i Nirvana quanto soprattutto i primi Foo Fighters.
Nobody Told Me incupisce ulteriormente il clima, principalmente per l’ossianica linea di basso approntata da Doug Ardito. Scantlin da par suo rende pressoché completa l’identificazione con la voce del compianto Cobain, facendo sospettare che il pezzo possa in realtà essere una outtake del mitico terzetto di Seattle.
Blurry introduce nuovi colori nella tavolozza. Si tratta di una ballata meditabonda, a suo modo dolce per quanto possa esserlo un gruppo il cui nome tradotto in italiano recita ‘pozzanghera di fango’… coincidenza tra l’altro difficile da ritenere casuale, se uno torna con la memoria a Mudride degli altrettanto fangosi Mudhoney, o anche al nirvaniano From The Muddy Banks Of The Wishkah… come dire che la storia del grunge è scritta sul fango, insomma.
Deliziosa risulta She Hates Me, che parte acustica (e pare di sentire il solito Cobain intonare About A Girl…) e si incattivisce strada facendo mentre Wes narra di una storia d’amore che pareva nata bene ma si è rivelata fallimentare dopo sole due settimane. I mirati interventi della chitarra di Paul Phillips nelle strofe si contrappongono con esemplare efficacia all’assalto sonoro del ritornello, facendo del pezzo uno dei momenti migliori di tutto l’album.
Bring Me Down è nuovamente nirvaniana fino alle ossa, ma questa volta manca di quel quid capace di imprimerla nella memoria dell’ascoltatore e passa pertanto relativamente inosservata.
Non corre il medesimo rischio Never Change, vicina alle atmosfere del classico rock a stelle e strisce: più pulita della media del materiale presente nel disco, scorre via piacevolmente e si segnala comunque per un bridge disperatamente debitore a Cobain.
Basement torna nell’ambito di un grunge francamente già sentito e si dimentica abbastanza in fretta, accompagnandoci allora alla successiva Said: un senso di incertezza e mancanza di equilibrio la pervade tutta, contribuendo a costituire un’impressione di disagio che mantiene viva l’attenzione fino in fondo.
Mentre ci avviciniamo alla dirittura d’arrivo incontriamo Piss It All Away, la quale richiama subito alla mente le sonorità acustiche pallide e malate dei già nominati Days Of The New.
A completare il lavoro è una versione acustica di Control, a testimonianza del fatto che il brano è veramente valido e conserva il proprio pathos anche in mancanza del supporto degli amplificatori.
L’ultima chicca presente sul CD è il video di Control, visionabile al solito tramite QuickTime: una possibilità interessante per chi ritiene che MTV potrebbe proporlo un po’ più spesso, magari a spese del cinquantesimo passaggio giornaliero di Britney Spears…
Pur non essendo un sostenitore tout court dei gruppi evidentemente derivativi, come i Puddle Of Mudd sono in effetti verso i Nirvana, devo ammettere che Come Clean mi è piaciuto. Non brilla per originalità, trattandosi in sostanza della riproduzione a volte calligrafica di sonorità già in origine bollate persino come retrive, ma dimostra quantomeno che i quattro musicisti si trovano a proprio agio con il materiale che propongono e lo interpretano con grinta e convinzione. In ultima analisi, non ha torto chi sostiene che la musica si divide solo in buona e cattiva: posto che i Nirvana appartengano alla prima categoria, perché allora dare addosso a chi li ha mandati a memoria e prova oggi a rievocarne il sound? E’ quello che deve aver pensato anche Fred Durst, immagino…
Puddle Of Mudd – Come Clean
Fabrizio Claudio Marcon