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Impara l’Arte e Mettila da Parte

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Impara l’Arte e Mettila da Parte
Ovvero
Il Mistero di J.K.Rowling

Tutti conosciamo l’indiscusso successo mondiale, a dir poco senza precedenti, della britannica J.K.Rowling, l’autrice della saga di Harry Potter. Dall’inizio della sua storia di scrittrice, quando le fu concessa dallo Scottish Arts Council una modesta borsa di studio per consentirle di portare a termine il primo episodio, alla pubblicazione su scala mondiale del primo Harry Potter, "Harry Potter e la Pietra Filosofale", la sua escalation
di successo non ha più conosciuto soste o cali dal lontano 1997.

Al suono sonante di diritti d’autore e di sfruttamento, per le ristampe, le nuove edizioni, le riduzioni cinematografiche, e i gadget collegati suo personaggio, la Rowling è a tutt’oggi a quota un miliardo di Euro, ed è a conti fatti più ricca della regina d’Inghilterra e di tutti gli scrittori britannici di ogni epoca.

Quello che stupisce è che per arrivarci abbia praticamente infranto tutte le sacrosante ed eterne regole del rigido, aristocratico, rigoroso e selezionatissimo mondo editoriale.

Se quest’autrice dal 1997 ad oggi ha battuto ogni record di vendita attraverso l’Oceano fino al continente europeo, scalando le classifiche, e ponendosi ai vertici delle vendite, lo deve soprattutto alla sua ignoranza in materia di "regole", per cui ci viene il dubbio, quando ci atteniamo scrupolosamente come nel compimento di una specie di rito magico, alle indicazioni dettagliate e restrittive delle case editrici, se siamo più nel giusto noi, che umilmente ci adattiamo, o piuttosto lei, che fregandosene altamente, si è posizionata nei posti più alti dei best sellers mondiali, con qualcosa che tra l’altro, non è propriamente letteratura, almeno non in senso stretto.

In breve, come nella storia di Cenerentola, forse il sogno, la magia, e un pizzico di fortuna, a volte possono più di mille strategie. O forse no. Che io sappia di Cenerentole nella storia ne sono esistite circa una ogni due o tre secoli, e per questo secolo mi pare proprio che i posti siano già tutti presi.

In ogni caso vediamo quali sono le regole ferree ed inderogabili del sistema editoriale internazionale, e di quali infrazioni si è macchiata la mitica Rowling riuscendo ciò nonostante, o forse proprio per questo, ad arrivare sulla vetta, sola e incrontrastata nel volgere di pochissimi anni, che basterebbero da soli a ripagare una vita intera di sacrifici e di sogni infranti.

E’ universalmente noto che nei contatti con le case editrici sia a tutti gli effetti in vigore una sorta di codice deontologico, una specie di legge non scritta, una serie di adempimenti cui sottomersi pedissequamente, pena l’ostracismo a vita dai maggiori circuiti editoriali. Nessuno ha mai discusso su questo, si tratta, come sappiamo assai bene in Italia, molto meglio che in altri paesi, di una delle tante leggi imperative del codice comune, cui tutti quanti sottostiamo senza discutere, anzi senza nemmeno porci il problema se sia o meno corretto quanto ci viene richiesto. In fondo si tratta di adempimenti burocratici, e sappiamo bene quanto poco sia conveniente derogare dalle regole, per ottenere poi il rifiuto perenne, o la cestinatura senza possibilità di appello o di riesumazione.

Siamo tutti rassegnati al fatto che nonostante la trama validissima, nonostante dei personaggi ottimamente caratterizzati, nonostante le idee vincenti, lo stile suadente, l’abilità del piano narrativo, l’arguzia dei dialoghi, il colpo di genio del finale, e mille e mille altre minuzie, se non adempiamo ai regolamenti previsti per l’invio di un manoscritto, rischiamo concretamente non solo di non vederlo accettato, ma addirittura di vederlo cestinato ancor prima che lo abbia letto uno solo dei fattorini della casa editrice in questione.

La Rowling invece con puro spirito britannico, tipico di quel popolo che ha colonizzato il mondo continuando a sorbire distintamente bollentissime tazze di the mentre tutto intorno sibilavano i colpi di mortaio di qualcuna delle tante guerre civili ai quatto angoli dell’emisfero, ha bellamente ignorato i canoni sacri, creando una leggenda vivente in terra.

In barba all’autarchia e al monopolio delle case editrici vediamo questa giovane signora, divorziata, con infante a carico, disoccupata, ingenua ed ignara, scrivere un romanzo al tavolino di un bar (mistero anche questo, se provi a farlo qui da noi, dopo una mezz’ora che non consumi niente ti buttano fuori dal locale alla velocità della luce), e poi metterlo tranquillamente in una busta, infischiandosene altamente di tutte le sacrosante regole che noi aspiranti scrittori siamo invece portati a venerare come una sorta di religione settistica.

Vediamo come.

In primo luogo la bionda signora batte il manoscritto della Pietra Filosofale a interlinea singola, ignorando il primo comandamento editoriale, scrivere a interlinea doppia per facilitare i lavori di editing, fortunato chi ci arriva.

Secondariamente il suo lavoro letterario, destinato al mercato dell’infanzia, supera abbondantemente le novantamila parole mentre i canoni sacri di quel genere di letteratura prevedono testi lunghi al massimo quarantamila parole, molto meno della metà.

C’è poi tutta la casistica e la statistica precedente che ci insegna come sia matematicamente impossibile per una scrittrice esordiente che non sia specializzata in pedagogia, psicologia, o bimbologia, pubblicare un romanzo specificatamente dedicato al sacro mondo dell’ infanzia. E siamo a quota tre.

Il contenuto del manoscritto inoltre era assolutamente fuori da tutti i canoni universalmente riconosciuti, desueto, e superato, al grido di "una vicenda ambientata in una boarding school non interesserà mai nessuno", gli editori erano pronti a ricacciare la Rowling nel suo beato anonimato, bollandola a vita. E anche questa regola è stata sfatata, miracolo numero cinque.

Non contenta di aver già infranto, senza saperlo, così tante regole fin dal suo esordio, cosa fa la Rowling una volta terminato il romanzo? Castamente prende il nome del primo agente letterario che le capita sott’occhio sulle pagine gialle, o quello che è il suo equivalente britannico, e gli spedisce in fretta e furia i primi tre capitoli. Senza nemmeno chiedere la classica preventiva autorizzazione, e qui torniamo seppure brevemente a una più nota ed esecrabile realtà, in quanto il manoscritto viene restituito al mittente alla più pura velocità della luce. Ma non illudetevi, perchè dopo l’infrazione numero sei, anche se non coronata dal successo, la geniale Johanne è pronta per le deroghe successive.

Infatti non si perde d’animo, e passa al secondo nominativo delle pagine gialle, senza nemmeno verificare che l’editore tratti o non tratti quel tipo di proposte letterarie, se ancora le state contando questa sarebbe l’infrazione numero sette, seguita a ruota dalla numero otto, perchè, orrore degli orrori, il dattilocritto invece di essere inviato a fogli sciolti, come vuole la sacra regola, è stato vistosamente rilegato con una luccicante copertina di plastica colorata.

E con l’infrazione numero otto, che potrebbe coniare il nuovo proverbio otto errori per otto capitali, vediamo nascere e crescere per mai più fermarsi l’incredibile astro sfolgorante della Rowling, del suo Harry Potter e del fortunato editore il quale, nonostante non trattasse affatto quel tipo di letteratura, decide lo stesso di mettere la scrittrice sotto contratto, e sapete perchè? Perchè la sua assistente, colpita dalla copertina colorata, prima di buttare il plico nel cestino, se lo porta a pranzo e tra un pudding e un plum cake, legge i primi tre capitoli, ed estasiata, convince l’editore a dargli un’occhiata. Da qui in poi la storia diventa leggenda, e Cenerentola non solo ritrova la scarpetta, ma tutto il calzaturificio.

Questa incredibile serie di fortunosi errori, non ci deve insegnare a sbagliare, perchè, ricordiamolo, da questa fortunata congiuntura, dove vediamo Harry Potter navigare già oltre le famigerate colonne d’Ercole, ben al di là di ogni umana e possibile previsione, ci sono poi volute buone dosi di costanza, umiltà, determinazione e pervicacia prima di arrivare al successo mondiale, giunto in realtà quasi un anno e mezzo dopo.

Ma si era intanto aperto uno spiraglio, e da quella fessura è poi passata la luce che ha fatto oggetto la Rowling prima di un sontuoso contratto con la Bloomsbury a "sole" 1.500 sterline, e poi addirittura di una disputa a base d’asta, dove i diritti dei suoi libri vengono infine aggiudicati alla Scholastic per "ben" 105.000 dollari. Le conversioni e i cambi fateveli da voi, poi ditemi se siete ancora seduti sulla sedia o stramazzati inermi al suolo.

In ogni caso per noi, ai quali le rispettive mamme e nonne hanno sempre ripetuto, non ti preoccupare per una finestra che si chiude c’è una porta che si apre, ma che invece abbiamo sempre e solo visto compiersi l’altro adagio, o mangi questa minestra o salti dalla finestra, il miracolo Rowling ha dell’incredibile al pari della riforma delle tasse.

Ma, come recita il sito da cui sono state tratte queste note, il "fantasymagazine.it", esiste la regola di Coelho che recita "quando desideri qualcosa, tutto l’Universo cospira affinchè tu realizzi il tuo desiderio". Ora io potrei obiettare a Coelho qualcuno dei famigerati postulati di Murphy, tipo il famigerato "se c’è qualcosa che può andare storto puoi stare certo che lo farà" ma non voglio infierire, anche perchè se si ha un sogno, è doveroso crederci fino alla fine dei tempi, hai visto mai che si giunga anche noi un giorno a creare un precedente letterario unico nella storia, a gettare le basi di un nuovo impero economico e contemporaneamente a destabilizzare una volta per tutte le sacre regole dell’editoria infame?

Ragazzi, sognare non costa nulla. E mentre cataloghiamo questo epilogo tra i tanti misteri della storia, socchiudendo gli occhi possiamo vedere anche noi una zucca che si trasforma in carrozza, Cenerentola che va al ballo, e tanti bei topini che le girano intorno, se poi sia colpa dei sogni o della peperonata mangiata a cena, giuro che non lo so, ma voi credeteci lo stesso, un giorno o l’altro potrebbe davvero capitare anche a noi.

Sabina Marchesi

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