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La Coda del Rospo

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La Coda del Rospo
Celebrazione del Finale

"Le conclusioni sono il punto debole della maggior parte degli autori"
George Eliot

Come giustamente sostiene il grande Stephen King che, non dimentichiamolo, sforna regolarmente best sellers senza mai sbagliare un colpo da circa una trentina d’anni, quando parliamo di "scrivere" parliamo di "magia"

Parliamo di qualcosa che prima era solo materia informe, il brodo primordiale di tutte le teorie evoluzionistiche, e che voi avete trasformato in una visione.
Parliamo di qualcosa che prima apparteneva solo a voi e che solo voi vedevate, ma che poi è diventato un riuscitissimo esperimento di telepatia, in quanto avete trasferito la vostra visione al lettore e, cosa ancora più importante, lui non solo ci crede, ma ci vive addirittura dentro, e gli dispiacerà di uscirne.

Parliamo insomma di qualcosa che prima era solo un rospo e che voi per magia avete trasformato in un elegantissimo, soave e seducente Principe Azzurro.
Ma se non volete che l’incantesimo vi sfugga di mano e che il principe si trasformi di nuovo in un rospo, dovete ricordarvi della CODA del rospo, e dovete ricordarvene in tempo. Dovete ricordarvi del FINALE.

Il finale è il vero e unico momento forte, al tempo stesso il clou, il climax, e l’apoteosi di una valida prova narrativa.

Questo è particolarmente vero nei racconti brevi o meno brevi, che sono in realtà un’unica lunga corsa verso l’epilogo, e dove il finale deve avere la stessa valenza dell’ultima bordata di fuochi artificiali alla festa del santo patrono.

Ma è ancora più drammaticamente vero per il finale di un romanzo perché, per dirla ancora con King " a nessuno si può chiedere di fare un tifo di trecento pagine per un tizio solo per scoprire alla fine che se l’è mangiato il maiale".

Il finale è la vostra scommessa con il lettore, è in quel momento esatto che vi giocate ogni possibilità di rimanere per sempre nel suo cuore e nella sua mente, piuttosto che di essere subito dimenticati non appena chiuso il libro.

Come nei film dove il regista nell’ultima scena si tiene aperta una porta per proseguire la storia con un sequel, voi dovete, alla pari di Arianna, lasciare un filo nella mente del lettore al fine di portarlo di nuovo a voi la prossima volta che entrerà nel labirinto di una libreria.

Anche qui, come in altri momenti, l’attività dello scrittore si avvicina di molto a un’operazione di marketing, il finale è la vostra firma, è un marchio, è una promessa, è il vostro modo di dire al lettore "aspettami perché ritornerò" e " non dimenticarti di me".

Un finale mal riuscito è in pratica la rottura di una promessa, avete tenuto il lettore avvinto a voi per un determinato numero di pagine, e poi improvvisamente lo lasciate andare! Il lettore si sentirà solo, spaurito, deluso e abbandonato, e NON vi perdonerà.

Per cui vediamo ora quali sono i consigli e le strade finora intraprese, dalla classicità in poi, per scongiurare questo pericolo.

Capiamo innanzitutto il meccanismo psicologico che è alla base di questa alta aspettativa nei confronti del finale; come giustamente ipotizzato da Aristotele il momento del finale ha una valenza liberatoria, è il cardine catartico attorno al quale vengono sciolte tutte le tensioni accumulate nel corso della lettura, e proprio per questo è così fondamentale.

I finali naturalmente possono essere di vario tipo e genere, anche a seconda delle epoche e dei filoni letterari di appartenenza, ma vi sono alcune regole generali che nel volgere del tempo sono state correttamente identificate, soprattutto in base ai risultati, comparando tra loro le migliori opere della letteratura di tutti i tempi.

Ecco allora i divieti assoluti evidenziati dagli accademici:

Vietato usare prologo ed epilogo, perché spezzano il ritmo narrativo, anche se in alcuni casi sono possono comunque essere utilizzati con successo.

Vietato non risolvere i conflitti presentati dai personaggi, le tensioni debbono
essere sciolte, i dubbi fugati, le questioni risolte.

Vietato ricorrere a scorciatoie, scappatoie e trabocchetti per risolvere la fine in modo roboante e sorprendente.

Vietato introdurre all’ultimo momento personaggi di cui non si era mai sentito parlare prima, o far compiere ai protagonisti azioni non in linea con il loro carattere.


Vietato ricorrere forzatamente al lieto fine, per accontentare il lettore e tenerselo buono a tutti i costi; questo era un problema molto sentito nel periodo vittoriano, quando il lieto fine corrispondeva praticamente a un obbligo.

Vietato non dare seguito alle promesse, non mantenere la coerenza, non rispettare le premesse e non osservare la concordanza tra l’inizio e la fine, ogni domanda deve trovare una risposta, ogni dubbio deve essere fugato, e la conclusione deve essere coerente con lo sviluppo.


Vietato tirare via frettolosamente il finale in quella che Henry James definiva ironicamente "Liquidazione di fine attività", creando una fine, come spesso si vede, comprensiva di " distribuzione finale di premi, pensioni, mariti, mogli, bambini, milioni, paragrafi aggiunti e allegri commenti".

Vietato iniziare senza avere una proiezione mentale della fine, quando si inizia a scrivere si deve già sapere dove vogliamo andare a parare, il finale per il lettore è il momento in cui viene a conoscere "la nostra verità", ne consegue che dobbiamo avere ben chiaro nella mente il messaggio che vogliamo trasmettere fin dall’inizio.

Ora che ognuno di noi, è stato irreparabilmente colto in fallo e ha scoperto di avere spesso scantonato nel settore dei divieti, cerchiamo meglio di capire quali sono allora questi indissolubili legami tra la fine e l’inizio con quanto efficacemente evidenziato dal critico francese Roland Barthes: " …stabilire prima i due insieme/limite iniziale e terminale, esaminare quindi attraverso quali vie, attraverso quali trasformazioni, quali mobilitazioni, il secondo si ricongiunge al primo o se ne differenzia: bisogna insomma definire il passaggio da un equilibrio a un altro, attraversare la scatola nera".

Esistono come già detto vari tipi di finali che sono stati a vario titolo utilizzati nella storia della letteratura.

Dal moderno finale aperto inaugurato da Henry James, al finale a sorpresa tipico dei racconti brevi.

Dal finale racchiuso in una sola frase al più elaborato scioglimento, o " denoument" in francese.

Ci sono finali che allargano la prospettiva, alzano una tenda e svelano un mondo, che fino ad allora era stato appena accennato o suggerito.

A volte invece i finali sono bruschi e consistono in una improvvisa interruzione della storia, un attimo prima della catastrofe finale che rimane però facilmente intuibile.

Poi come nei sequel dei film, abbiamo i finali che rilanciano la storia, lasciando immaginare che la cosa non termina proprio in quel modo, ma è ancora destinata ad evolversi e a svilupparsi ulteriormente.

Come già visto esiste il classico lieto fine dell’età vittoriana in cui il protagonista si redime, le sue sciagure finiscono ed ogni cosa sembra finalmente volgere al meglio, in pratica il tipico " e vissero felici e contenti" delle favole.

Abbiamo poi il finale aperto, che non conclude, e lascia in piedi molteplici possibilità di chiusura, a immaginazione del lettore.

Il finale catartico per eccellenza è quello che prevede una rivelazione, la scena viene illuminata dal verificarsi di un fatto che improvvisamente ci porta verso la comprensione di tutto quanto fino ad allora ci era stato appena anticipato.

Finali sconcertanti molto ad effetto sono quelli che ci fanno assistere a un totale ribaltamento della situazione, e che solo all’ultimo ci portano a riconsiderare l’intera storia sotto tutta un’altra luce.

Molto delicato da gestire per le avvertenze precedentemente esposte è il finale a sorpresa, quando proprio nelle ultimissime righe c’è un colpo di scena sensazionale che lascia il lettore senza fiato. Difficile dunque, ma sicuramente di grande effetto a patto che, come detto, si rispettino le premesse iniziali.

Il finale circolare è quello in cui il cerchio si chiude sovrapponendosi all’inizio, in pratica la scena finale è la medesima a noi presentata come scena d’apertura, ci ritroviamo all’incipit ma in mezzo abbiamo intravisto un mondo intero.

Suggestivi i finali che vengono messi all’inizio del romanzo, e da cui si parte per raccontare tutta la storia a ritroso. Si parte a cose fatte, poi si torna indietro e si segue attentamente lo svolgimento fino all’epilogo finale, che spesso culmina con la stessa frase dell’inizio.

Finali di atmosfera sono quelli che ripropongono un motivo particolare, una musica, un pensiero, un profumo, un luogo, che ritorna per tutto il libro a sottolineare i momenti più drammatici, e che si enfatizza ulteriormente nella chiusura.

In ogni caso, qualsiasi sia il finale che vorrete scegliere, o inventare, che questo dovrà essere:

Breve: per non togliere tensione al climax

Drammatico: per lasciare al lettore qualcosa di voi

Esplicativo: per chiudere e risolvere le situazioni lasciate in sospeso.

Sabina Marchesi

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