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Intervista a Giovanni Buzi

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Intervista a Giovanni Buzi

Ciao Giovanni, grazie per esserti detto disponibile per questa intervista (che al momento è la TERZA che ti vede coinvolto:-)). Direi di iniziare come prassi, ovvero chiedendo di presentarti ai lettori, parlandoci intanto di te come "persona": dove vivi e che lavoro fai?

Vivo a Bruxelles dal 1990 e mi mantengo dando lezioni di lingua e cultura italiana al parlamento europeo.

Scrivi e dipingi: a quando risalgono queste due passioni e come hanno origine?

La pittura m’ha accompagnato da sempre. I miei genitori m’hanno raccontato che una volta – non camminavo ancora – lasciatomi solo per qualche minuto, m’hanno ritrovato che "dipingevo" pavimento e pareti della mia stanza col primo colore (insieme al sangue) che tutti noi abbiamo a disposizione: la popò! Il primo quadro ad olio (che conservo gelosamente, pur bruttino com’è) risale ai miei 14 anni. La scrittura viene molto più tardi, alla fine degli anni 80. La sola idea di scrivere non mi sfiorava; per me voleva dire sedersi, concentrasi, stare buono, non muoversi… tutto il contrario di quello che volevo! Avevo fame di vivere: muovermi, non stare fermo, attraversare lo spazio, conoscere tutto, soprattutto i corpi altrui, gli sguardi altrui. Nel mio periodo "bohème" parigino (lunghi periodi tra il 1985 e l’88) non ho fatto altro, a parte dipingere, che conoscere gente, girare da una parte all’altra della città, passare da una discoteca all’altra, da un letto all’altro. Devo dire che – all’epoca ! – ero caruccio e non m’era troppo difficile fare conquiste. Pensa che – a modo suo – m’ha fatto la corte perfino Dalidà, la cantante, pochi mesi prima che si suicidasse. Calma calma, non voglio dire che s’è suicidata per me, ci mancherebbe!… Ma è meglio interrompere qui questa storia.

Quando hai pubblicato la tua prima opera e quando hai organizzato la prima mostra?

Il primo libro pubblicato (1993) è stato un manuale di storia dell’arte per i licei che ho scritto insieme al mio caro amico Paolo Raffaeli. Il primo romanzo "Faemines" risale al 1999. Quando ho fatto la prima mostra personale, in una chiesa sconsacrata di Viterbo, avevo 17 anni.

Quali soggetti preferisci rappresentare?

In pittura, per molto tempo una Roma barocca e felliniana, dal 1995 fino a qualche mese fa astrazione ed ora, finalmente, sono tornato alla figurazione. E che figurazione! Soggetti sex-horror esclusivamente: ibridi, amplessi mostruosi, cazzi esplosivi e vagine slabbrate. Così è.

Quali sono i tuoi modelli: quali i tuoi pittori preferiti, quelli che maggiormente hanno influenzato il tuo stile, e quali gli autori che hanno contribuito alla tua formazione di scrittore?

Sono tanti i pittori tanti che mi fanno vibrare: Caravaggio, Turner, Rembrandt, Tiziano, Pollock, Bacon, Scipione eccetera eccetera. Gli scrittori: Elsa Morante (una montagna di granito!), Isherwood, Yourcenar, Proust, Sade, Rimbaud, Molière, l’Ariosto, Gibson, Tennesse Williams… e fermiamoci qui, perché la lista sarebbe lunga!
Il tuo rapporto con i libri e la lettura: che tipo di lettore sei e quali libri consiglieresti?

Leggere, leggere, leggere… non stancarsi mai! Fino ad aver male aglio occhi, fino a sentire le lacrime! Ma ai libri preferisco ancora "leggere" i corpi e gli occhi di chi passa una notte o qualche ora con me, e a me s’abbandona.

C’è una persona, una musa, che ti ha appoggiato, ispirato, all’inizio della tua carriera e che è stata (o è tuttora) fondamentale per le tue scelte artistiche?

Sì c’è. Anzi, ci sono. Tutti i morti. Sembra una cosa butta là, e invece no. Mi capita di "sentire" i morti intorno a me… A volte, m’incazzo e li mando in quel paese! Poi, mi viene da ridere perché penso che in "Quel Paese" ci sono già… A volte, s’avvicinano quando meno me li filo. Sento le loro dita leggere, vedo i loro sguardi vuoti, le loro bocche che vorrebbero di nuovo parlare, almeno sussurrare. Vorrei urlare: "Che cazzo volete? Andate a rompere i coglioni a qualcun altro!" Poi però, non ho il coraggio di mandarli via, e allora, tento d’ascoltare le loro storie. Storie sempre troppo lunghe, troppo tristi, troppo belle, troppo…

Quando senti il bisogno di scrivere e quando di dipingere? La scelta del mezzo artistico dipende dalle emozioni che intendi esprimere o da fattori contingenti (per esempio il tema di un concorso)?

Ho la fortuna d’avere un atelier al pianterreno (abito al quarto piano). Quando ne sento il bisogno scendo e dipingo, poi risalgo e scrivo un po’. A volte, non scendo all’atelier per settimane, a volte ci resto per giorni interi. Non ho regole, mi piace seguire i miei ritmi, che non so mai quali sono… I concorsi? Per quelli ho una bell’agendina precisa, precisa ;-).

Nelle tue opere, molte descrizioni di ambienti o paesaggi esprimono una particolare sensibilità cromatica; a volte sembra che le parole siano utilizzare come colori di una tavolozza. Quanto l’esperienza pittorica influenza la tua scrittura?

Anche scrivendo ho l’impressione di dipingere. In effetti, penso proprio di non essere uno scrittore, ma un pittore.

Vivi tra Bruxelles e Roma, quale delle due è la realtà più stimolante per un artista?

Per me la realtà più stimolante è quella che non ho. Quella che devo inventare, rievocare, immaginare, ricordare, ma ricordare "di brutto"! Vale a dire, ricreare.

Cosa manca di più dell’Italia e di Roma in particolare a Buzi scrittore?

Cosa mi manca di Roma?… Tutto.

Ricorrente nei tuoi racconti e romanzi (ora in modo più esplicito, ora solo accennato) è il tema delle fluorescenza, della trasparenza, del chiarore madreperlaceo, del riflesso che cela qualcosa di più profondo dietro il gioco di luce e di colore: da dove nasce questo tema particolare e che significato ha per te?

Sei un demonio anche tu! Questa domanda non dovevi farmela! È il mio punto debole "trasparenza e dintorni"… Al solo sentirle queste parole mi viene da piangere: che figuraccia per uno scrittore che si vorrebbe "horror"! Non so rispondere, spero di darti delle risposte con i miei futuri racconti. In ogni caso, a questo proposito, hai già risposto tu nella bellissima – posso dirlo? – prefazione che, per prima, hai fatto a Fluorescenze.

Di recente hai presentato a Roma "Fluorescenze", forse la tua opera più nota: immagini oniriche, incubi, ossessioni, il doppio, la metamorfosi, il lato oscuro come dimensione naturale e profonda dell’essere umano: rappresentare il male è solo un modo per esorcizzare la paura?

Bella domanda, ma io – ancora una volta – non so rispondere. Voglio dire che non so dare ordine logico a quello sciame d’emozioni che le tue parole evocano in me: immagini oniriche, ossessioni, il doppio, la metamorfosi… troppe cose. Troppe immagini mi vengono in mente. Dovrei riflettere. E poi come rispondere a: "rappresentare il male è solo un modo per esorcizzare la paura?" Ancora una volta ; troppe cose mi vengono in mente, s’affollano… A questo ha "risposto" meravigliosamente Alda Teodorani nella prefazione. Senza conoscermi, senza avermi mai visto, ha scritto quelle parole come un affondo netto d’un bisturi nella carne!

Nell’ultimo capitolo del tuo romanzo "Il giardino dei principi" parli della scrittura come della "magia più potente di ogni altra". Quando hai scoperto il potere della parola e qual è, a tuo parere, il potere di uno scrittore nella società moderna e quale la sua funzione?

Lo so, è antipatico autocitarsi, tanto più citare uno tuo scritto che non è ancora in circolazione. Mi sento di farlo. In un racconto (che si gonfia, si gonfia sempre più…) ho scritto questa frase: "Che impotenza gli uomini, che impotenza l’arte!".
Purtroppo, ci credo. Qualche speranza ce l’ho – ancora! – riguardo al genere umano, rispetto all’arte, anche con la "A" maiuscola, no.
Perché il mondo continua ad essere uno schifo dopo Shakespeare e Leonardo da Vinci?

Come nascono i tuoi racconti e come vengono scritti? Nascono di getto, fin dall’inizio chiari nella loro struttura, o arrivano alla conclusione dopo accurate e sofferte revisioni? Scrivere è per te un processo naturale o un difficile superamento del blocco da foglio bianco?

Ho un piccolo quaderno su cui appunto note, frasi che mi vengono in mente, o lette, frammenti di storie, un colore, un profumo, un’atmosfera. Queste parole "dormono" a volte per mesi, anni, poi un bel giorno "lievitano" e attorno a quest’embrione prende forma un racconto che non so mai come va a finire. Mi lascio trasportare dal momento. Poi, ovviamente, leggo, rileggo, correggo fino alla noia. Quando non ne posso più, allora decido di mettere il punto della fine (per i più attenti: sì, è vero, ho fato "copia e incolla" dall’intervista su La Telanera:-).

Quanto c’è di autobiografico nella tua produzione?

D’autobiografico? Tutto e niente.

A quale delle tue opere sei più legato, quale più ti rappresenta?

Quella che devo ancora scrivere. Almeno ho la speranza che possa essere migliore di quelle che ho già fatto.

Ti è capitato di scegliere argomenti, lontani dalla tua sensibilità, solo perché certo che potessero meglio incontrare l’interesse del pubblico, per farti pubblicità e farti conoscere?

Per la pubblicità no, ma per mettermi alla prova sì. A volte, prendo di proposito come spunto soggetti a me ostici o del tutto sconosciuti, proprio per vedere quello che sono capace di combinare.

Hai mai scritto un’opera a più mani?

Sì, finora due: la prima "Casta diva" insieme a quel diavolaccio a piede libero di Kickboxer (Giuseppe Pastore). Si tratta d’un racconto d’una decina di cartelle, spedito non so più a quale concorso, che m’è piaciuto molto elaborare con lui. L’ho voluto mettere (e mettermi) alla prova; mi son detto, vediamo un po’ che combina quel gran mascalzone (letterario) di fronte ad un’incartapecorita diva d’opera lirica sul punto di tagliarsi – fisicamente – le vene…
La seconda collaborazione, terminata da qualche giorno, è stata con Angela Buccella, un altro diavolo in gonnella, che non c’è male! Che il Demonio le conservi a lungo lo splendido odor di zolfo che questa soave fanciulla sprigiona anche via etere (non ci siamo mai incontrati, ma sono sicuro che possiede la bellezza e la grazia che solo hanno le anime pure). Del nostro sodalizio letterario dirò una sola cosa, il titolo della faccenda: "Eiaculazioni di acqua santa".

Scrivi da più di dieci anni. Qualche consiglio per gli esordienti: hai partecipato a molti concorsi letterari (ottenendo moltissimi riconoscimenti): quali consiglieresti a un esordiente?

Un solo consiglio (lo stesso che tento di dare a me): "pensa che questo racconto o romanzo che stai scrivendo potrebbe essere l’ultima traccia che lascerai su questa terra". (Esagero? Solo un po’).

Come un giovane scrittore può promuovere la propria opera, farsi conoscere?

Sbattendosi. Ad ognuno decidere come dare "colore" a questo gerundio riflessivo.

Cosa pensi dei corsi di scrittura creativa?

Io non l’ho mai frequentati. Non saprei che dire. Molto, credo, dipenda da chi li dà. Io ho fatto da me, un po’ come la pasticceria che per anni mi sono ostinato a fare da solo. Non sai quante torte al cioccolato ho buttato!… Certo, avessi frequentato un buon corso di cucina, sicuramente ne avrei buttate nel secchio della spazzatura un po’ meno…

Hai pubblicato con diversi editori. Cosa pensi della realtà editoriale italiana e dell’editoria a pagamento in particolare?

L’editoria a pagamento… un male necessario? Boh. Il fatto è che se non hai santi o demoni in Paradiso, nelle grosse case editrici non ti si filano proprio (per restare cortesi). Ho saputo da fonti certe che molti pacchi che "puzzano" di manoscritto non li aprono nemmeno, vanno direttamente nel cestino. Che fare in un panorama così desolante? Certo è che molte case editrici sono anche invase da ingombri cartacei che sarebbe stato un bene – per tutti – se fossero rimasti alberi (i miei scritti compresi, probabilmente). Ma che fare quando senti un acido corrosivo scorrerti nelle vene ed altro non vuole che trasformarsi in nero inchiostro? Scrivi, scrivi, scrivi e poi, logicamente, invii, invii, invii. I primi tempi inviavo a tutti, prendendo le case editrici per ordine alfabetico. Oggi, magari, non lo farei più. Ma l’ho fatto e non me ne pento, anzi, ricordo con piacere quel fuoco che m’animava, mi costringeva ad imbustare pacchi di fogli e spedire, spedire…

È più facile per un esordiente pubblicare all’estero? Tu pubblichi anche all’estero?

Paese che vai, "stronzi" che trovi… L’Eldorado esiste solo sui libri. Per pubblicare in Belgio io sono dovuto passare per una casa editrice che si chiama "Atelier 11", vale a dire, il mio studio di pittura, appunto al numero 11 della piazza in cui abito. Traduco: le prime "plaquettes" (Eaux turquoise, Lumières géometriques, Noir Blanc, ecc.) l’ho stampate a tiraggio limitato, 100-200 esemplari, in fotocopie e a mie spese. Adesso sto pubblicando con l’università un mio saggio su Dotremont, pittore e poeta belga cofondatore del Gruppo Cobra (splendido!!) e ci sono in vista traduzioni in francese di mie cose e, pensa un po’, anche in greco…

Hai pubblicato anche in e-book, cosa pensi dell’editoria elettronica? Può essere un buon trampolino di lancio per un esordiente? Può sostituire l’editoria tradizionale?

Come ho già detto in altri lidi, l’editoria elettronica è ancora sottovalutata! Mi ci gioco quello che volete: il suo futuro è grande! Bisogna pensarci un po’, trovare la formula giusta, ma è un territorio quasi completamente inesplorato e superentusiasmante!!

Di esordienti è piena la rete: c’è qualcuno che consiglieresti, che ti ha colpito in modo particolare, qualcuno che segui?

Posso fare un Megagalattico Elogio al sito La Telanera?… Non è un sito, è un laboratorio permanente, un fucina dove si "sbattono" ferri roventi!! Che cacchio volere di più dalla vita? E tutto ciò grazie a quel Vetriolo Puro che è l’Alessio Valsecchi, che non ha un diavolo in corpo, ma – bontà sua! – tutto l’Inferno! Quindi, tutti i "telaragnettineri" mi sono cari e, sono sicuro, tra di loro ci sono nomi che risentiremo, per il momento stanno (stiamo) affilando gli artigli… Un saluto speciale a Bianca Maria Massaro, è grazie ad un suo racconto che lessi navigando sul net, tale ad un battello sballottato dalle tempeste, che trovai la rotta verso la Telanera, porto d’acque calme (leggete "acqua" come "acido nitrico"). "La penna stilografica" di Bianca Maria ha ancora molto da insegnare a tutti, così come "Rosso" d’Alessio. Ancora un saluto a quel "Foco Nostrum" di Domenico Nigro che, ne sono sicuro, sfornerà "cazzi amari"!

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Qualche anticipazione sulla tua prossima opera…

Ho sempre almeno 10 inciuci tra le mani… Uno scritto però che sto elaborando in questi tempi m’è più caro degli altri. Anticipo il titolo? E dai, che tanto mica me lo copiano… "Straziami e di morsi saziami".

Grazie per la tua disponibilità e in bocca al lupo!

Crepi! (il lupo, non la disponibilità, hì, hì).

Stefania Gentile

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