Ciao e per cominciare un grazie per esserti reso disponibile per questo scambio. Temo che, dopo la splendida e godibilissima intervista che ti hanno fatto quelli di Delos, sia facile che le mie domande ti possano sembrare un po’ banali, ma spero che ugualmente si riesca a mettere insieme qualcosa di interessante per i lettori. Di solito iniziamo col chiedere al nostro intervistato, chi è, al di là del lato artistico. Chi è quindi, Antonio Piras, come "uomo"?
Be’, come partenza non mi sembra affatto banale, anzi sei riuscito, Marco, a partire dalla domandina più difficile. Per uno come me, cultore delle branche esoteriche prima che scribacchino, riuscire a rispondere in termini concludenti, definitivi, equivarrebbe al raggiungimento di uno dei traguardi che più avvicinano alla fantomatica Saggezza: la consapevolezza di sé. Ma per rimanere sul concreto, posso confidarti che Antonio è una persona normalissima, felice padre di famiglia e con un lavoro dignitoso, che cerca nella vita di tutti i giorni di mettere in pratica (non sempre riuscendoci) le conquiste che gli derivano dal proprio percorso di vita, nella convinzione dell’assoluta non-casualità degli eventi.
Quando è iniziata la tua passione per la scrittura? E com’è nata la voglia di cimentarti in tematiche fantastiche?
La passione è nata prestissimo, sin dal liceo dove ho ricevuto una formazione umanistica, ed è conseguente, naturalmente, a quella per la lettura. All’epoca divoravo quantità industriali di Urania, che riuscivo a procurarmi, senza danni per le scarse finanze, in virtù di prestiti privilegiati. Dalla fantascienza passai presto ad altri tipi di lettura, che da una parte mi condussero, in modo indolore, a imboccare i multiformi sentieri del fantastico (fantasy, horror, ecc.), e dall’altra, parallelamente, riuscirono a stuzzicare la mia curiosità per le materie esoteriche. La scelta del fantastico come modo d’espressione? Lo sbocco è stato naturale, forse perché i generi che il fantastico costituiscono, pur nei limiti stabiliti dalle rispettive leggi quadro, mi sono sempre apparsi i più malleabili e i più adatti ad accogliere il mio modo di raccontare (e le vicende che mi piaceva raccontare). Se a questo aggiungi che non ho mai preso troppo sul serio le presunte distinzioni fra letterature di serie A e letterature di serie B…
Il percorso che ti ha portato al recente "Triguna", di cui parliamo tra un attimo, è ricco di successi di vario tipo (piazzamenti e podi per Tolkien, Courmajeur, Lovecraft e altri, premio Alien, pubblicazioni in tantissime antologie, eccetera). Puoi dirci come mai hai deciso di provare la strada dei concorsi, quanto, nel caso sono stati importanti per te.
Per uno scrittore in erba che voglia proporre le proprie opere prime, la partecipazione ai premi letterari costituisce, qui in Italia, un percorso quasi obbligato. La situazione dell’editoria nostrana la conosciamo tutti, i canali possibili per arrivare a pubblicare su carta un proprio scritto sono davvero limitati, anche se recentemente, per il fantastico, sembra di poter rilevare una nuova attenzione delle case editrici nei confronti dei nostri autori (questo, a dire il vero, vale molto di più per la letteratura fantasy, alimentata e spronata dai freschi successi editoriali e cinematografici). Personalmente devo molto alle partecipazioni ai premi, e probabilmente ho avuto la buona ventura (ma se nulla è casuale?) di imbroccare quelli giusti: il Tolkien inizialmente e poi soprattutto l’Alien e il Lovecraft. Questi due concorsi, divenuti a ragione (per serietà e competenza degli organizzatori) i più importanti in Italia per la narrativa breve fantascientifica e fantasy, hanno dato la possibilità a un drappello di scrittori emergenti di approdare a pubblicazioni con editori di prestigio (Mondadori compreso). I racconti di valore sfornati dai due premi, in sostanza, hanno sempre buone possibilità di comparire in antologie professionali e di larga diffusione. Una ventata di novità, collegata in qualche modo anche ai due premi, è data dalla costituzione della DelosBooks (già Solid), che oltre ad aggiungere un ulteriore canale, preferenziale e auspicato, per la pubblicazione non solo del fantastico ma anche del giallo (pubblicazioni che possono contare anche sull’ausilio dei portali collegati: www.corriere.fantascienza.com, www.fantasymagazine.it, www.horrormagazine.it, www.sherlockmagazine.it) ha il merito oggettivo di aver "resuscitato" la famosa rivista Robot, che torna alla grande guidata dal suo direttore storico, Vittorio Curtoni.
Partecipi ancora a concorsi letterari? Consiglieresti a un autore "in erba" di provare? E nel caso, a quali concorsi gli suggeriresti di partecipare?
Ultimamente mi metto in gioco meno spesso, ma non perché mi senta "arrivato", è solo per una questione di tempo: la selezione della narrativa e la rubrica per FantasyMagazine mi impegnano molto, e sto lavorando a un secondo romanzo. Poi, per dirla più chiaramente, un po’ d’esperienza me la sono fatta, e so che per spuntarla a determinati premi non è sufficiente essere già abbastanza conosciuti, bisogna avere per le mani qualcosa di buono davvero, che si avvicini all’eccellenza.
Per tutto quanto detto, agli autori che scrivono fantastico e che vogliono farsi conoscere non posso che consigliare di partecipare ai premi, cercando di scegliere quelli giusti, quelli cioè che offrono concreti sbocchi editoriali. Quali? Per la narrativa breve, i già citati Alien e Lovecraft (http://www.fantascienza.com/alienlovecraft/), ai quali aggiungerei il neonato premio Robot (http://www.fantascienza.com/robot/premio/), alla prima edizione ma con una giuria che da sola costituisce garanzia di serietà e competenza. Per il romanzo di fantascienza indicherei due vie possibili: il conosciuto premio Urania della Mondadori, e poi il premio Fantascienza.com (http://www.fantascienza.com/premio/), che garantisce la pubblicazione del romanzo vincitore nelle collane della DelosBooks. Ce ne sono altri, chiaro, ma in coerenza con quanto detto prima, i premi citati, al momento e per quanto ne so, sono quelli che assicurano possibilità di pubblicazione in formati professionali.
Come è iniziata la pubblicazione in antologie? Hai qualche episodio che vale la pena raccontare perché particolarmente curioso o significativo?
Molto tempo fa, con le partecipazioni al premio Tolkien, presieduto da Gianfranco de Turris. I racconti finalisti venivano annualmente riuniti in antologie dedicate, pubblicate da Solfanelli Editore. Il premio Tolkien, nelle ultime edizioni diventato da nazionale a internazionale, ora non esiste più (e nemmeno l’editore Solfanelli, costretto a dichiarare fallimento); per alcuni anni, però, la via Tolkien/Solfanelli rappresentò uno dei rari canali percorribili dagli autori italiani di fantastico.
Per venire alla seconda parte della tua domanda, ricordo che quando la casa editrice fallì, alcuni libri quasi pronti per la pubblicazione finirono nel dimenticatoio, una sorte che purtroppo coinvolse anche la mia antologia personale, Sette ossi di rana. Fu solo grazie all’interessamento di Gianfranco de Turris che la raccolta fu affidata alla cura del Cerchio di Rimini, che finalmente la pubblicò.
Ora la tua carriera letteraria ti ha portato – da giudicato – a essere anche "giudicante". Sei il responsabile della scelta dei racconti che vengono pubblicati su FantasyMagazine (www.fantasymagazine.it) e sei giurato nel premio per romanzi Fantascienza.com. Come e quando è stato fatto questo ulteriore passo? Com’è il ruolo di esaminatore, e in base a che criteri di solito giudichi un racconto, o comunque un testo?
Eh, qui devo ricollegarmi al discorso premi appena affrontato. E’ ancora grazie alla visibilità che mi hanno regalato l’Alien e il Lovecraft che Franco Forte e Franco Clun mi hanno voluto fra i redattori di FantasyMagazine e fra i giurati del premio Fantascienza.com. Il ruolo di esaminatore, dici? Be’, un ruolo difficile, considerato che sia FantasyMagazine che le collane della DelosBooks si pongono come obiettivo la pubblicazione di opere con valore letterario oggettivo. Avrai notato che FantasyMagazine non pubblica racconti con cadenze serrate: questo perché la selezione è davvero severa. Poi c’è il lavoro "oscuro": consigli strutturali e di editing per quegli autori non ancora pronti a comparire in pubblicazioni professionali, ma per i quali si intuiscono ottime potenzialità e possibili margini di miglioramento. La parte più dolorosa, invece, viene nei casi in cui occorra comunicare ad alcuni di loro, e nel modo più diplomatico possibile, che forse converrebbe tentare strade diverse dalla scrittura. Come carico di lavoro non è male, se aggiungi un po’ di romanzi da leggere e valutare per il premio Fantascienza.com.
I criteri di valutazione sono comprensivi di molteplici elementi, oggettivi e soggettivi, che vanno dalla verifica del rispetto delle buone norme grammaticali e sintattiche alle tecniche di scrittura utilizzate, con attenzione alla struttura complessiva, al ritmo, all’originalità della storia, alla leggibilità e quindi ai registri narrativi. Ma una risposta più completa sull’argomento richiederebbe uno spazio apposito. Posso solo aggiungere che, consciamente o inconsciamente, anche i gusti personali dell’esaminatore finiscono per giocare un ruolo importante.
Tornando a te – come autore – è impossibile non notare come una parte della tua produzione sia permeata di elementi esoterici, o che comunque hanno a che fare con una visione mistica dell’universo. Se ti riconosci in questo commento, da dove nasce questa scelta di tematiche? Parliamo di Triguna – il tuo ultimo libro, pubblicato di recente da DelosBooks. Puoi darci un accenno alla sua trama? Ricordiamo che chi fosse interessato o incuriosito potrà poi leggerne un piccolo estratto iniziale su FantasyMagazine e nel tuo e-paperback pubblicato dalla KULT Virtual Press.
Mi riconosco perfettamente in quello che dici, Marco; è vero, in quasi tutte le mie storie possono trovarsi riferimenti a questa o a quella teoria esoterica. Visione mistica dell’Universo? Anche. Mi chiedi da dove nasca la scelta delle tematiche. La passione naturale, già accennata, per un certo tipo di letture ha la sua parte di responsabilità, naturalmente, ma non è l’unico elemento che prenderei in considerazione, anche perché, come direbbe il Vecchio Saggio, non sei tu a trovare il libro "giusto", ma il libro "giusto" a trovare te. Non mi è facile spiegare (non lo è mai per certe materie), ma la speculazione esoterica è una ricerca che prescinde, normalmente, dall’accettazione di princìpi dogmatici, e si orienta di preferenza verso forme "sperimentali" di conoscenza individuale; ciò comporta assimilazione e interiorizzazione dei concetti chiariti dall’intuizione. In parole più povere, le conquiste di crescita (qualora ce ne siano) entrano a far parte dell’interiorità del ricercatore, e il ricercatore le fa sue: ricercatore e "intuizione raggiunta" diventano una cosa sola. Ed ecco, infine, come un ricercatore che per avventura si trova a scrivere racconti trasporterà inevitabilmente nelle proprie vicende porzioni di quanto intuisce (o crede di avere intuito).
Nel mio caso, se tutto questo è rilevabile nei racconti, a maggior ragione lo si riscontra in Triguna, romanzo che, almeno nelle intenzioni, intende proporre più piani di lettura; dentro la storia, che come tutte le storie ha un inizio e una fine (una fine?), spero di essere riuscito ad aggiungere elementi atti a stimolare riflessioni e, perché no?, personali percorsi di ricerca.
Sulla trama, se me lo concedi, preferirei non rivelare molto. Posso anticipare che il romanzo è strutturato per quadri, con vicende apparentemente indipendenti che finiscono per convergere, confondersi e avviarsi lungo uno sviluppo comune e imprevisto. Una sorta di puzzle che rivela il disegno nascosto solo dopo l’inserimento degli ultimi tasselli.
Come è stato concepito Triguna, quali sono le fonti di ispirazione per un testo di questo tipo? E quanto hai impiegato per scriverlo?
Il romanzo ha sofferto una gestazione lunga e dolorosa. Scritto in circa tre anni (e sottoposto a varie revisioni), ha dovuto attenderne altri prima di vedere le stampe. Esce, finalmente, in una collana di fantascienza, e senza dubbio la sua architettura è fantascientifica; e, infatti, uno degli spunti fondamentali della vicenda è fornito dall’estremizzazione (volendo, anche piuttosto spinta) di un progetto con solide basi scientifiche: il progetto Icarus. Ideato, fra gli altri, da Carlo Rubbia, si propone lo studio dei neutrini da acceleratore, del decadimento del protone e di altri processi astroparticellari; gli esperimenti, gestiti da un rivelatore costituito da 3000 tonnellate di argon liquido e da camere a fili a proiezione temporale, hanno luogo presso il laboratorio sotterraneo di astrofisica del Gran Sasso d’Italia, dove lo spesso strato di roccia permette il filtraggio dei neutrini, che giungono "ripuliti" al rivelatore.
Detto questo, personalmente non mi sento di definire Triguna "romanzo di fantascienza"; contiene, in realtà, elementi e atmosfere più congeniali al genere fantasy, una buona dose di onirico e, naturalmente, una decisa connotazione esoterica (quest’ultima assicurata da precisi riferimenti a Le Roi du Monde di Guénon e alla Filosofia Spirituale di Shrii Shrii Anandamurti). In altre parole, Triguna è un’opera che, con un brutto temine molto in voga (più vicino ad accezioni medico-epidemiche che letterarie), si usa definire "contaminazione".
In generale, quindi non solo in relazione a Triguna, quali sono i tuoi "modelli" letterari? Ovvero a quali autori di SciFi (o no) ti senti in qualche modo affine, o legato? Parlando magari di "classici", per quanto ampia possa essere questa definizione…
Qui farei una piccola distinzione. Di modelli, ai quali sono rimasto naturalmente legato, potrei fornirtene un elenco nutrito, e ne dimenticherei sicuramente qualcuno. Perdonami, dunque, se mi permetterò di aggirare la domanda, che comporterebbe qualche pagina di citazioni. Me la caverò nominando, per la fantascienza, due testi che arredano da sempre il mio comodino: Creatori di dei, di Frank Herbert e Un cantico per Leibowitz di Walter Miller, due romanzi con risvolti mistici (tanto per cambiare) che considero capolavori irripetibili.
Sulla questione delle possibili affinità devo onestamente confessare che non so risponderti, ed eventuali accostamenti li lascio a chi legge le cose che scrivo. Qualora, però, di somiglianze non se ne rilevassero, la cosa non mi dispiacerebbe: mi sono sforzato in questi anni di sviluppare uno stile personale, riconoscibile, e i mancati accostamenti potrebbero voler dire che mi sono avvicinato all’intento (ma anche, naturalmente, che la mia scrittura non li merita, gli accostamenti).
Parlando invece di autori italiani – quali sono quelli che secondo te si muovono su tematiche più originali, o hanno uno stile più interessante? Anche in questo caso puoi o meno circoscrivere la risposta nel settore fantastico.
Sì, preferisco limitarmi al fantastico, per il semplice fatto che altrimenti, anche in questo caso, il discorso rischia di allargarsi a dismisura. Non v’è dubbio che, nel panorama nazionale, Valerio Evangelisti meriterebbe, per qualità di scrittura e favore di pubblico, una trattazione specifica; a ben vedere resta ancora l’unico autore italiano che possa considerarsi "scrittore per mestiere". Detto questo, accanto a un gruppo di autori "storici" (con Aldani, Curtoni, Catani, Pestriniero, Zuddas, ne potrei citare molti altri, che probabilmente non hanno mai ricevuto la considerazione che meritavano e meritano), le nuove generazioni possono contare su un nutrito gruppo di ottimi scrittori, composto da nomi che gli appassionati hanno imparato a conoscere e apprezzare. Non a caso, e qui purtroppo mi devo ripetere, molti di loro sono riusciti a imporsi all’attenzione degli estimatori del genere proprio grazie ai premi Urania, Alien e Lovecraft. Citarli tutti non mi è possibile, e me ne scuso; nominerò, in base al ricordo e alle personali preferenze, Alberto Cola, Riccardo Coltri, Gabriele Guerra, Marco Ramadori, Luca Zaffini, Ivo Torello, Emanuele Terzuoli… Oltre, naturalmente, agli stessi Franco Forte e Franco Clun, a loro volta autori raffinati prima che ideatori dei premi Alien e Lovecraft, e al Gran Maestro dell’Impulso Silvio Sosio, webmaster d’eccezione, ma anche scrittore autoironico e arguto.
Di solito chiudiamo le nostre interviste con domande sul settore delle nuove tecnologie, e delle realtà amatoriali. Che rapporto hai tu, con il computer, internet e l’informatica in generale? Quanto questo insieme di mezzi trascende il ruolo di mero strumento "neutro" (paragonabile quindi alla macchina da scrivere e alla carta stampata) e, nel caso, diventa qualcosa di più da usare o sfruttare?
Un rapporto obbligato ma felice. Credo che, in questa nostra epoca frenetica e un po’ confusa, dall’uso del computer e da internet non si possa prescindere: paradossalmente, la quasi infinita varietà di istanze proposte dalla rete finisce per ovviare al disorientamento generale, aiutando a chiarire possibilità e indirizzi. Questo, a maggior ragione, vale per l’editoria, alla quale l’informatica ha regalato nuove strade e "inediti" metodi di diffusione, fornendo al lettore uno strumento capace di consigliare e indirizzare verso i canali più consoni alle rispettive esigenze. Le vostre iniziative ne costituiscono prova lampante. Va da sé che, per chi ambisce alla scrittura, i mezzi informatici assicurano un aiuto fondamentale e impagabile (sia per le ricerche mirate che la rete permette, sia per l’espletamento delle attività manuali di stesura, correzione, revisione, supportate dai programmi di videoscrittura), un aiuto che un mistico definirebbe semplicemente "provvidenziale".
Cosa ne pensi delle realtà editoriali amatoriali – che siano esse fanzine, produzioni cartacee di appassionati, webzine, o case editrici virtuali? Sei in contatto, o comunque conosci, qualche realtà amatoriale che secondo te vale la pena citare?
Non posso che pensarne tutto il bene possibile. Molto spesso è da lì che si parte e ci si confronta; è lì, insomma, che ci si fanno le ossa. Certo, anche per questo argomento occorrerebbe fare le dovute distinzioni, considerato che, di solito, il valore letterario delle produzioni amatoriali è strettamente collegato alla capacità e alla professionalità di redattori, autori, illustratori che confezionano il prodotto finito. Per il cartaceo, il primo nome che mi viene in mente è quello della più volte premiata Yorick (adesso anche in versione on line), la cui attività, diretta da Massimo Tassi e orientata verso il fantasy più tradizionale, sfocia molto spesso in produzioni assolutamente professionali. Una piccola fanzine, ma che propone ottima narrativa, è Imagica, curata dal già citato Alberto Cola. Per la rete, potrei nominare Continuum, una webzine confezionata da Roberto Furlani, e che può contare sugli interventi di ottimi collaboratori. Ma, se ci penso, me ne vengono in mente altre, come Intercom SF, Nigra Latebra per le webzine, e la bella Fondazione, curata da Enrico Di Stefano e Claudio Chillemi, per le fanzine.
Avevi mai, prima dell’incontro dell’11 Maggio alla Rotonda, sentito parlare di KULT Underground o di Zona Holden?
Potrei rispondere di sì, visto che dopo l’incontro, tornato a casa, come prima cosa sono andato in rete a frugare fra le vostre cose. Ma devo essere onesto fino in fondo. No, prima dell’incontro non vi conoscevo. Adesso, però, dopo aver preso visione delle molteplici attività che mettete in campo, e che ho trovato interessanti e ben proposte, sono felice di avere incrociato il vostro percorso. O siete stati voi a incrociare il mio? Be’, ormai lo sai come la penso, e se nessun avvenimento può considerarsi casuale…
Un’ultima domanda – anche questa classica quando si incontra un autore di rilievo – consci che non ci sono formule magiche per scrivere bene, hai un consiglio per chi vuole diventare uno scrittore?
Ritengo i percorsi di scrittura molto individuali, quasi mai confrontabili, e come tu rilevi giustamente non credo esistano formule magiche, regole onnicomprensive e valide per tutti: come accennavo nella domanda sulla selezione della narrativa, è già molto difficile, a volte pericoloso, azzardare consigli per il miglioramento di opere specifiche. A costo di sembrare banale e ripetitivo, mi limiterò, pertanto, al consiglio generico di leggere molto, con senso critico, senza però lasciarsi andare a inutili entusiasmi imitativi; i modelli sono importanti, fondamentali, occorre assimilarli, nutrirsene, ma poi dimenticarsene. La ricerca di un modus personale e riconoscibile, questo dovrebbe essere a mio avviso l’obiettivo finale di un percorso di scrittura.
Grazie del tempo che ci hai dedicato – e in bocca al lupo per Triguna. A presto.
Sono io a ringraziarvi per l’attenzione accordatami. E, se mi permetti, aggiungerei un augurio e un personale plauso per l’ottimo lavoro che state svolgendo e che mi riprometto di approfondire.
Intervista ad Antonio Piras
Marco Giorgini