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Sfratto esecutivo…

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(nota[1])
I problemi sono noti.
Le soluzioni sono state presentate.
Ora è tempo di agire.
Dipende anche da noi.
Bill Clinton
 
“Esecuzione forzata di obbligo di rilascio di immobile[2]” questa è la definizione tecnica dell’istituto giudiziario comunemente conosciuto come “sfratto” (o sloggio), avvenimento inconsciamente assai temuto da ogni persona comune, quasi che ciascuno metta in conto un giorno di non rispettare la legge, e di non pagare regolarmente il canone di locazione[3] dell’abitazione o attività economica, oppure di non poter riconsegnare, alla scadenza legale del contratto, l’immobile occupato al proprietario, considerato sovente come “il ricco benestante senza scrupoli” e non anche come un normale cittadino, a sua volta in forte difficoltà per non poter contare sul canone non pagato da mesi (o anni…), oppure per non poter rientrare nella disponibilità del suo immobile nel termine previsto.
In realtà l’esperienza quotidiana dimostra come, spesso, l’istituto è tanto “sconosciuto[4]“, quanto di frequentissima applicazione in quest’ultimo anno, soprattutto nell’ipotesi di “sfratto per morosità” su cui mi soffermerò in particolare, a riprova, ce ne fosse ancora bisogno, della grave crisi congiunturale in cui versa il nostro sistema economico e sociale.
Il diffusissimo fenomeno della locazione di immobili[5], infatti, implica, come naturale reazione all’inadempimento da parte dell’inquilino (dovuto principalmente al mancato pagamento del canone, oppure alla scadenza del contratto[6] senza che il “conduttore[7]” se ne sia andato spontaneamente), che l’ordinamento giuridico preveda una particolare forma di “esecuzione forzata in forma specifica”, tutela che realizza “l’esatta e specifica attuazione della prestazione” richiesta dal procedente. Nel primo caso (morosità), il “provvedimento di rilascio” può essere richiesto in ogni momento, nel secondo (finita locazione), il provvedimento può essere richiesto solo dopo la scadenza del contratto[8].
Infatti, come per ogni forma di esecuzione forzata, per agire è necessario un “titolo esecutivo”[9], che si ottiene al termine di una procedura particolare, la “convalida di sfratto[10]“, tradizionalmente definita come “sommaria” e con “prevalente funzione esecutiva”, dove cioè la sommarietà è dovuta alla possibile (in effetti molto frequente), passività dell’inquilino/convenuto, che, sia pur ritualmente citato davanti al Giudice[11], non si presenta, e dalla “incompletezza della cognizione” (nel senso che le verifiche circa la veridicità dei fatti affermati dalle parti presenti, riguardo morosità o scadenza del contratto, non sono particolarmente approfondite, considerata l’evidenza che possono avere queste circostanze[12]. La “prevalente funzione esecutiva” è data dal fatto che con questa procedura si mira ad ottenere al più presto un titolo esecutivo.
In udienza possono verificarsi varie situazioni[13].
Può accadere che l’intimato non compaia, oppure compaia ma non si opponga alla convalida. In tale situazione il procedimento si avvia verso una brusca svolta conclusiva, per cui il giudice, con ordinanza, convalida la licenza o lo sfratto[14]. Ancora può invece accadere che l’intimato compaia, e si opponga alla convalida[15].
Nel caso di sfratto per morosità relativo ad un immobile ad uso di abitazione, il conduttore può chiedere al giudice, all’udienza fissata per la trattazione del procedimento, la concessione di un “termine di grazia” (in gergo) per sanare la morosità;
in questo caso, se l’inquilino provvede al pagamento dei canoni arretrati e delle spese nel termine (non superiore a 90 giorni “dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore“), assegnato dal Giudice, il rapporto locativo prosegue regolarmente sino alla sua naturale scadenza mentre, in caso contrario, alla successiva udienza lo sfratto verrà convalidato e sarà, quindi, ordinato al conduttore di rilasciare l’immobile[16].
L’art.56 della L.27/07/1978, n.392 “Disciplina delle locazioni di immobili urbani”, stabilisce: “(Modalità per il rilascio). Col provvedimento che dispone il rilascio, il giudice, tenuto conto delle condizioni del conduttore e del locatore e delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio stesso … fissa la data dell’esecuzione entro il termine massimo di mesi sei ovvero, in casi eccezionali, di mesi dodici dalla data del provvedimento…“;
in realtà la fissazione di questa data da parte del Giudice, va letta nel senso di una “esecuzione spontanea” da parte dell’inquilino, il quale ha ancora la possibilità di “rispettare volontariamente” l’ordine del Giudice e di evitare “il trauma” dello sloggio forzato. Infatti, la norma continua prevedendo: “Trascorsa inutilmente la data fissata, il locatore promuove l’esecuzione ai sensi degli artt. 605 e seguenti del codice di procedura civile”.
A questo punto, si è giunti alla fase finale, quella della esecuzione materiale, a cui il proprietario/locatore è “costretto” vista la “resistenza” dell’occupante, che non rilascia l’immobile libero da persone e cose di sua proprietà, nemmeno dopo la “notificazione” del titolo[17], e del PRECETTO, atto quest’ultimo con cui il proprietario intima formalmente l’inquilino ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine (non minore) di dieci giorni[18].
Alla scadenza di questo termine, il proprietario, personalmente o tramite il proprio avvocato, consegnerà all’Ufficiale Giudiziario (Ufficio Notificazioni Esecuzioni e Protesti), titolo e precetto notificati, con richiesta di esecuzione.
A questo punto l’Ufficiale competente “inizierà” l’esecuzione (entro 90 giorni dalla notificazione del precetto-art.481 C.P.C.), notificando, ad ulteriore garanzia di possibilità di abbandono spontaneo, un AVVISO con il quale “comunica almeno dieci giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l’immobile, il giorno e l’ora in cui procederà” (art. 608 C.P.C).
“Nel giorno e nell’ora stabiliti, l’Ufficiale Giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell’esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall’art. 513[19], immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell’immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore” (art.608 2°comma C.P.C.).
Dunque si può dire che lo sfratto, nella sua essenza, consiste in un atto formale di “immissione in possesso” (restituzione del possesso “esclusivo” dell’immobile), attraverso l’atto sostanziale della riconsegna delle chiavi (o sostituzione della serratura della porta d’ingresso), e una contestuale ingiunzione agli eventuali presenti di riconoscere il nuovo titolare del legittimo possesso.
Anche in questa fase, i casi possono essere i più diversi.
Quando nell’immobile l’U.G. trova lo sfrattando o altra persona convivente, il primo invito formale è quello della consegna delle chiavi e, a seconda dei casi, a trasportare altrove tutti i mobili estranei all’esecuzione, a non lasciare nell’immobile danaro o altre cose di valore. Se lo sfrattando non oppone resistenza e consegna spontaneamente le chiavi, l’U.G. procede all’immissione in possesso, in caso contrario fa intervenire la Forza Pubblica[20].
Qualora nel luogo di esecuzione viene rinvenuto un terzo che afferma di essere il legittimo detentore, e contesta il fatto di non aver ricevuto la notificazione degli atti, l’Ufficiale Giudiziario è tenuto a procedere ugualmente[21]. Qualora nel luogo di esecuzione nessuno è presente per lo sfrattando e l’U.G. trova la porta d’ingresso chiusa, la legge lo autorizza a procedere all’apertura forzata in quanto la presenza dell’esecutato, al quale sia stato regolarmente notificato l’avviso di rilascio, non costituisce condizione necessaria per l’immissione in possesso della parte istante.
Capita di frequente che durante le operazioni di sfratto, l’esecutato esibisca certificato medico, chiedendo un rinvio dell’esecuzione per l’impossibilità di uscire causa “motivi di salute”.
A questo punto l’Ufficiale Giudiziario ha il potere di accertare la veridicità della dichiarazione dell’esecutato, senza necessità di ricorrere all’ausilio del Giudice dell’esecuzione. L’articolo 68 C.P.C. prevede, infatti, che l’Ufficiale Giudiziario “…si può fare assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che non è in grado di compiere da sé solo“. Il medico, scelto dall’U.G., in queste circostanze deve attestare, assumendosene la responsabilità, che il paziente è in grado “con i suoi mezzi” di abbandonare l’immobile[22].
Situazione molto delicata consiste nella presenza di minori in sede di esecuzione, specialmente quando questi ultimi vengono “usati” come un mezzo per evitare o rinviare lo sfratto[23]. In tali situazioni è doveroso per l’Ufficiale richiedere l’intervento dei Servizi Sociali competenti, o nei casi più gravi richiedere l’intervento del Giudice Tutelare, anche attraverso gli Agenti della Forza Pubblica.
Un aspetto di grande difficoltà di questo tipo di procedura riguarda i beni (o semplicemente oggetti ed effetti personali), di proprietà dell’occupante sfrattato, che questi non asporta immediatamente, per i quali l’articolo 609 del Codice di Procedura Civile prevede che: “(Provvedimenti circa i mobili estranei all’esecuzione). Se nell’immobile si trovano cose mobili appartenenti alla parte tenuta al rilascio e che non debbono essere consegnate, l’ufficiale giudiziario, se la stessa parte non le asporta immediatamente, può disporne la custodia sul posto anche a cura della parte istante, se consente di custodirle, o il trasporto in altro luogo”. I proprietari/immessi in possesso (e il loro avvocati), sono sempre molto restii ad assumersi la custodia dei beni della parte tenuta al rilascio, la quale con questo comportamento (spesso voluto) priva della piena disponibilità del locale, il proprietario. Inoltre, pur non esistendo nessuna previsione normativa in merito alla necessità di redigere inventario dei beni presenti nell’immobile, è del tutto implicito che, nel momento in cui l’U.G. affida i mobili ad un custode, con la conseguenza che quest’ultimo è tenuto, nei confronti dell’esecutato, alla restituzione dei mobili affidatigli con la correlativa responsabilità in caso di inadempimento, l’inventario è d’obbligo. L’inventario, redatto dal Pubblico Ufficiale, garantisce l’esecutato che i mobili, per i quali è tenuto al ritiro nei giorni successivi, corrispondono esattamente a quelli lasciati in custodia dall’U.G., e tutela il proprietario/custode al fine di evitare contestazioni su presunte appropriazioni indebite.
Per quanto riguarda i tempi di realizzazione di questo complesso procedimento, risulta pressoché impossibile indicare un periodo preciso di tempo entro cui il proprietario rientra, effettivamente, nel possesso dell’immobile, dipendendo ciò da numerose variabili come le modalità e il tempo necessario per il perfezionamento delle notifiche degli atti nelle varie fasi, la prassi di ogni singolo Tribunale (o discrezionalità del Giudice) nel valutare le condizioni di inquilino e proprietario e nel concedere i termini all’occupante per rilascio o pagamento, ma anche la preparazione tecnica ed esperienza del proprio avvocato, a conoscenza o meno degli accorgimenti più efficaci per velocizzare l’iter, e, infine la fase propriamente esecutiva gestita dall’Ufficiale Giudiziario, la cui durata dipende dalle difficoltà incontrate e dal supporto ricevuto da altri soggetti come Forza Pubblica, Servizi sociali, fabbro, medico, custode ecc.;
occorre, inoltre, considerare i provvedimenti legislativi di “blocco degli sfratti”, con cui l’Autorità statale affronta la grave, annosa, emergenza abitativa, appunto periodicamente “congelando” le procedure di sfratto per periodi di tempo determinati, in Comuni precisamente elencati e interessati da particolari situazioni di disagio abitativo, per specifiche categorie sociali con specifiche caratteristiche di reddito, di età e di condizioni fisiche o famigliari; è utile specificare che tali ipotesi riguardano soltanto il caso di “finita locazione”, mai potendo lo Stato “approvare con Legge” la permanenza in un immobile e la contemporanea “morosità”.
E’ interessante aggiungere che la Corte di Cassazione con Sentenza 18/6-26/7 2002, n. 11046, ha sancito il principio che la Legge 89/2001 (Legge “Pinto”), in materia di diritto all’equa riparazione in caso di eccessiva lunghezza dei procedimenti giurisdizionali, è applicabile anche alle esecuzioni di rilascio di immobili urbani[24].
“Da un punto di vista sociale, il dramma dello sfratto non è solo disperazione di chi deve abbandonare la propria casa, ma è anche esasperazione di chi chiede tutela allo Stato per salvaguardare un diritto costituzionalmente protetto come il diritto di proprietà. In questo contesto l’Ufficiale Giudiziario ha un ruolo fondamentale: è arbitro in situazioni delicate. Egli infatti da una parte deve tutelare un diritto del proprietario ad essere immesso nel possesso e dall’altra deve affrontare nel migliore dei modi situazioni che riguardano lo sfrattando, al fine di evitare un dramma nel dramma”[25].
I provvedimenti “operativi” che l’Ufficiale sarà chiamato ad attuare (e di cui dovrà ovviamente assumersi la responsabilità, sempre soggetta al “controllo” del proprietario), vanno dal “rinvio” delle operazioni di sloggio (che l’esperienza pratica insegna essere tanto più efficace quanto più breve nel tempo, per quella sorta di “inerzia” che assale lo “sfrattando” nel predisporre la propria uscita in assenza di altra soluzione abitativa, quando tale momento è troppo distanziato), nei casi più delicati con presenza di persone anziane o minori in tenera età, al mantenimento di un atteggiamento fermo ed intransigente, che riporti a miti consigli l’occupante e lo induca ad uscire “pacificamente” (spesso con la presenza “convincente” degli agenti della Forza pubblica), fino al ricorso al Giudice dell’Esecuzione, esperibile da ciascuna parte in caso di “difficoltà indilazionabili”, dove sarà il Magistrato a dettare la soluzione più idonea[26]
 
Se si costruisse la casa della felicità,
la stanza più grande sarebbe
la sala d’attesa.
Jules Renard


[1] Cfr. “Manuale operativo dello sfratto” di Arcangelo D’Aurora, Experta edizioni, Forlì 2008.
 
[2] Codice Civile LIBRO VI. DELLA TUTELA DEI DIRITTI. TITOLO IV. DELLA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI. CAPO II. DELL’ESECUZIONE FORZATA. SEZIONE II. DELL’ESECUZIONE FORZATA IN FORMA SPECIFICA.
Art.2930, ESECUZIONE FORZATA PER CONSEGNA O RILASCIO
Se non è adempiuto l’obbligo di consegnare una cosa determinata, mobile o immobile, l’avente diritto può ottenere la consegna o il rilascio forzati a norma delle disposizioni del codice di procedura civile.
 
[3] Il termine comunemente impiegato di “Affitto” in realtà definisce una particolare forma di locazione, diffusa specie in ambito agrario, prevista dall’art.1615 Codice Civile, che “…ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile”, per cui “…l’affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa e dell’interesse della produzione. A lui spettano i frutti e le altre utilità della cosa”.
 
[4] Almeno nei suoi aspetti pratici e procedurali, dagli stessi numerosi soggetti che, a diverso titolo, ne divengono, loro malgrado, protagonisti (proprietari “impazienti”, inquilini “increduli”, Assistenti Sociali “imbarazzati” ed Avvocati[4], perlomeno “indecisi” su come procedere…),
 
[5] Art.1571 Codice Civile. “(Nozione). La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo”.
 
[6] Purché, ovviamente, non si sia verificata la tacita rinnovazione. La durata della locazione è prevista dalla legge (art.2, L.9/12/1998, n.431, Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), in funzione dell’uso dell’immobile locato: per uso abitativo la durata è di 4 anni (escluso i contratti di natura transitoria, convenzionati a livello locale, e i contratti di locazione per studenti universitari che possono prevedere durate diverse), decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di ulteriori 4 anni, fatti salvi i casi in cui il locatore intenda adibire l’immobile a usi diversi ovvero vendere l’immobile a condizioni e con modalità previste. Alla seconda scadenza del contratto, ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all’altra parte almeno sei mesi prima della scadenza.
Per uso diverso dall’abitazione (art. 27, L.27/07/1978, n.392, Disciplina delle locazioni di immobili urbani), la durata della locazione non può essere inferiore a 6 anni (attività commerciali, artigianali e industriali), o a 9 anni (attività alberghiera).
 
[7] Si definisce locatore una delle due parti che hanno stipulato un contratto di locazione, in contrapposizione all’altra parte contrattuale, denominata “locatario” o “conduttore”.
 
[8] Ipotesi particolare è quella prevista dalla prima parte dell’art.657 CPC, della cosiddetta “licenza” per finita locazione, per cui è possibile chiedere ed ottenere una forma di “tutela anticipata”, rivolgendosi al Giudice per ottenere un provvedimento di condanna al rilascio (titolo esecutivo, vedi nota seguente), ancora prima della scadenza naturale del contratto. Il titolo esecutivo ottenuto acquisterà efficacia esecutiva alla scadenza del contratto di locazione, qualora il conduttore non rilasci spontaneamente, nonostante la comunicazione della disdetta da parte del proprietario. In altre parole è un modo per anticipare i tempi, così, se il conduttore non dovesse andarsene alla naturale scadenza, non si dovrà attendere ulteriore tempo per dotarsi di un titolo esecutivo (es. ordinanza di convalida), per far valere il diritto in esame, ma si potrà iniziare immediatamente l’esecuzione forzata.
 
[9] Il documento con cui viene accertato (o costituito, es. cambiale o assegno) il diritto del creditore da realizzarsi in via esecutiva e da cui risulta un diritto di credito (che può anche consistere nel diritto a riottenere la disponibilità di un immobile), certo (nell’esistenza), liquido (determinato nella sua essenza), esigibile (senza condizione o termine). Art.474 Codice Procedura Civile.
 
[10] Artt.657 e seguenti Codice Procedura Civile.
 
[11] La competenza spetta sempre al Tribunale, in composizione monocratica, del luogo in cui si trova la cosa locata (art.661 C.P.C.). L’atto introduttivo è un “atto di citazione” (art.660 C.P.C.) dal contenuto leggermente più ampio, infatti deve contenere l’intimazione della licenza o dello sfratto. Particolare importanza pratica hanno gli avvertimenti in esso contenuti, infatti la citazione di cui trattasi deve contenere: l’invito al convenuto a comparire nell’udienza fissata e l’avvertimento che, se “non comparisce”, o comparendo non si oppone, il Giudice convaliderà la licenza o lo sfratto.
L’atto di citazione, ovviamente, come ogni altro atto giudiziario, deve essere formalmente “notificato” ai sensi dell’art. 137 e seguenti del Codice di Procedura Civile, cioè attraverso l’opera dell’Ufficiale Giudiziario, soggetto che, fin da queste fasi iniziali della procedura, riveste un ruolo “operativo” determinante.
 
[12] In particolare l’art. 663 C.P.C., all’ultimo comma prevede: “Se lo sfratto è stato intimato per mancato pagamento del canone, la convalida è subordinata all’attestazione in giudizio del locatore o del suo procuratore che la morosità persiste. In tal caso il giudice può ordinare al locatore di prestare una cauzione.
 
[13] Per prima cosa può accadere che l’intimante/proprietario non compaia, allora l’intimazione perde ogni effetto.
Per quanto riguarda i tempi del procedimento, è utile precisare che “Tra il giorno della notificazione dell’intimazione e quello dell’udienza debbono intercorrere termini liberi non minori di venti giorni. Nelle cause che richiedono pronta spedizione il giudice può, su istanza dell’intimante, con decreto motivato, scritto in calce all’originale e alle copie dell’intimazione, abbreviare fino alla metà i termini di comparizione”, art. 660 C.P.C. 4° comma.
 
[14] Così facendo l’ordinanza viene dotata dal Cancelliere di efficacia esecutiva, in quando su di essa viene apposta la formula esecutiva prevista dall’art.475 C.P.C. 2°comma:La spedizione in forma esecutiva consiste nell’intestazione REPUBBLICA ITALIANA – IN NOME DELLA LEGGE e nell’apposizione da parte del cancelliere …, sull’originale o sulla copia, della seguente formula:
«Comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e a chiunque spetti, di mettere a esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darvi assistenza, e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi, quando ne siano legalmente richiesti».
 
[15] In tale ipotesi dobbiamo però distinguere l’opposizione basata su prova scritta da quella non fondata su prova scritta. Se l’intimato non si oppone mediante prova scritta, il Giudice, su istanza del locatore e se non sussistono gravi motivi in contrario, pronuncia ordinanza “non impugnabile” di rilascio con riserva (di valutazione) delle eccezioni del convenuto. In tale caso colui che ha chiesto la tutela si dota di un titolo esecutivo che però non ha natura definitiva. Tale effetto scaturisce solo dopo la valutazione, da parte del Giudice delle eccezioni del convenuto. Qualora le eccezioni prospettate dal convenuto dovessero risultare fondate, l’ordinanza di rilascio perderebbe ogni suo effetto. L’ultima ipotesi è quella in cui, durante l’udienza il convenuto si opponga e fornisca prova scritta di ciò. Il giudice dovrà a questo punto emettere un ordinanza di mutamento del rito, così disponendo il passaggio ad un processo civile ordinario.
 
[16] Art.55, Termine per il pagamento dei canoni scaduti, L.27/07/1978, n.392 Disciplina delle locazioni di immobili urbani.
 
[17] Art. 479 C.P.C. “(Notificazione del titolo esecutivo e del precetto). Se la legge non dispone altrimenti, l’esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto“.
Questo adempimento, a cura del creditore/proprietario (cioè del suo legale), risulta importantissimo nel ribadire al debitore/sfrattando l’obbligo di rilasciare l’immobile entro il termine fissato dal Giudice, soprattutto se l’occupante non è comparso all’udienza di convalida.
 
[18] Art.605 C.P.C. “(Precetto per consegna o rilascio). Il precetto per consegna di beni mobili o rilascio di beni immobili deve contenere, oltre le indicazioni di cui all’art. 480, anche la descrizione sommaria dei beni stessi.
Se il titolo esecutivo dispone circa il termine della consegna o del rilascio, l’intimazione va fatta con riferimento a tale termine“.
Al fine di evitare ulteriori rallentamenti causati da eventuali opposizioni del locatario, l’Avvocato accorto, chiederà la notifica del PRECETTO, subito dopo la scadenza per il rilascio fissata dal Giudice. Dopo i 10 giorni ulteriori intimati dal precetto, si potrà attivare l’Ufficiale Giudiziario per l’esecuzione.
[19] Il 2°comma dell’art.513 Codice Procedura Penale, descrive i poteri dell’Ufficiale Giudiziario, in particolare in relazione all’atto del pignoramento, ma applicabili in generale anche in altri ambiti richiamati dalla legge: “Quando è necessario aprire porte, ripostigli o recipienti, vincere la resistenza opposta dal debitore o da terzi, oppure allontanare persone che disturbano l’esecuzione del pignoramento, l’ufficiale giudiziario provvede secondo le circostanze, richiedendo, quando occorre, l’assistenza della forza pubblica
 
[20] E’ bene precisare che la concessione dell’Assistenza della Forza Pubblica è atto dovuto e privo di discrezionalità amministrativa da parte dell’Autorità richiesta. Tanto che la non concessione dell’assistenza che abbia provocato (come spesso succede soprattutto nei grandi centri abitati), un danno patrimoniale al cittadino privato, può originare un giudizio di risarcimento del danno in cui è la Pubblica Amministrazione che deve dimostrare di essersi trovata nell’impossibilità di prestarla.
 
[21] Per costante giurisprudenza, l’ordine contenuto nel titolo esecutivo è operativo non soltanto nei confronti della parte cui la statuizione è rivolta, ma anche nei confronti di chiunque si trovi a detenere il bene nel momento in cui l’ordine viene messo in esecuzione e, a tal fine, la Suprema Corte ritiene che non è necessario notificare al detentore il titolo esecutivo e il precetto né comunicargli l’avviso di rilascio.
[22] Qualora la diagnosi sia positiva per il paziente e non ci siano possibilità di ricovero presso una struttura pubblica, l’U.G. solitamente rinvia l’esecuzione ad altra data.
 
[23] Contrariamente a quanto comunemente si ritiene non esistono norme che “esentano” i nuclei famigliari con minori dalle procedure di sfratto. Anzi, a parere di chi scrive, si rileva in questi casi la violazione dell’art.147 Codice Civile, secondo cui: “(Doveri verso i figli). Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli”. Nell’obbligo di mantenimento è anche ricompreso il dovere di assicurare al figlio minore un’abitazione idonea.
 
[24] Cfr. Kultunderground.org, n. 167, giugno 2009, rubrica “Diritto”
 
[25] Dalla Prefazione (pagg.XV e XVI), di Flora Scarpa, Ufficiale Giudiziario in Cesena, al “Manuale operativo dello sfratto” di Arcangelo D’Aurora, citato sopra.
Molti sono convinti che il privato cittadino possa liberamente chiamare direttamente la Forza Pubblica per eseguire lo sfratto, una volta ottenuto l’ordine vincolante del Giudice. In realtà è solo l’Ufficiale Giudiziario il soggetto cui la legge affida l’esecuzione forzata e anche l’uso della Forza Pubblica deve essere esclusivamente da lui valutato.
 
[26] Art. 610 C. P.C.: “(Provvedimenti temporanei). Se nel corso dell’esecuzione sorgono difficoltà che non ammettono dilazione, ciascuna parte può chiedere al giudice dell’esecuzione, anche verbalmente, i provvedimenti temporanei occorrenti”.

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