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Far East Film

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Far East Film:
Evoluzione dell’immagine del cinema orientale in occidente



Questi tre giorni passati a Udine a condividere le due passioni che mi legano agli organizzatori del FEF, ossia l’oriente e il cinema, sono stati molto interessanti e gradevoli.

Come diceva Fabrizio nel suo precedente articolo, si respirava energia positiva, voglia di scoprire e di condividere, dinamismo e spontaneità. Uno spirito giovane e fortunatamente semplice e non " fashion" …un’atmosfera "alternativa" al punto giusto.

I film che ho potuto vedere, cinque (2 cinesi di Hong Kong:
Infernal Affairs 1e Frugal Game; 2 Cinesi continentali: Gone is the one who held my dearest in the world e Life Show; 1 giapponese Turn), sono un po’ pochi per farmi un’idea sull’evoluzione del cinema orientale di oggi ma ci sono spunti interessanti che mi hanno dato modo di riflettere.

Questi film sono stati piacevoli e interessanti da vedere, alcuni più originali come Frugal game, altri più noiosi come quello cinese la cui lunghezza del nome va di pari merito con il ritmo del film (Gone is the one who held my dearest in the world).

C’è però, a mio umile parere, poca novità in quello che ho potuto vedere, in realtà sembra che sia stato assegnato ad ogni paese uno stile che lo contraddistingue all’estero: la commedia, il film d’azione per HK; il melo dramma per la Cina, la poesia tra realtà e fantasia per il Giappone.

Come dicevo prima il numero limitato di film che ho visto è ovviamente un elemento importante da considerare. Però mi sembra che l’espressione cinematografica di ognuno dei paesi venga categorizzata in uno stile ben definito: il Giappone viene cosi associato al futuro, alla fantascienza, ad uno stile adulto-infantile (manga), al costante riferimento simbolico, ad un tono che varia tra poesia e violenza; il cinema di Hong Kong si avvale di un realismo moderno espresso tra auto ironia, azione, spontaneità e leggerezza; ed il cinema cinese (quello che tengo più a cuore visto le mie forti relazioni con questo grande paese) viene associato a ritmi lunghi (come quelli taiwanesi ma meno "intellettualmente simbolici"), a tematiche che vivono tra presente e passato (mai il futuro), ad un tono lento, pesante assente di spontaneità e di leggerezza.

Ovviamente questi "cliché" non rispecchiano l’evoluzione reale dello stile cinematografico di ognuno di questi paesi che è sicuramente più ricco, ma sembra che arrivino da noi molte opere cinematografiche che corrispondono all’idea che ci vogliamo fare o che ci viene proposta in modo stigmatizzato dello stile espressivo di ognuno di questi paesi.

Per esempio, i due film cinesi che ho visto al festival restano poco innovativi e soprattutto poco espressivi della creatività e dell’originalità di cui sono capaci registi cinesi sicuramente meno noti e riconosciuti all’estero di quelli che vengono presentati ai vari premi internazionali, ma forse più umili e creativi, mi viene per esempio in mente un film di cui ricordo (sfortunatamente) solo il nome,"xiao wu pickpocket" (un film cinese che ho visto a Parigi, girato con tempi reali sulla gioventù di Pechino) che forse non è sfortunatamente neanche arrivato in Italia

Per quanto riguarda i film visti al festival, Life show, è sicuramente più nuovo e coinvolgente di "Gone is the one who held my dearest in the world" (ma si può dare un titolo inglese cosi lungo?!!!!), resta però molto legato ad un tono triste ed eccessivamente melodrammatico; e ad un estetismo che cerca di ricordare l’autorevole ed unico In The Mood For Love di Wong Kar Wai senza però veramente riuscirci in modo originale.
Racconta la vita di una donna mostrandone le varie sfaccettature, dimensioni diverse della sua realtà e della sua condizione di donna. Tutto questo resta però molto superficiale ed è molto difficile affezionarsi al personaggio (almeno io non ci sono riuscita), sicuramente non a causa della recitazione della bravissima ed espressiva Tao Hong, ma piuttosto a causa del tono anche qui eccessivamente drammatico che rendono certe situazioni poco reali (questa povera Lai Shuangyang (Tao Hong) accumula tutte le disgrazie di questa terra: lavora tante ore al giorno, non è sposata né a figli allora che né avrebbe voluto, si innamora di un uomo che cerca solo un’avventura, ha un fratello in prigione per droga, ha un’amica che tenta di suicidarsi e che poi finirà sposata con un invalido mentale,….!!!) ed eccessivamente drammatiche…insomma un melting pot di disgrazie!


Il secondo film, "Gone is the one who held my dearest in the world", è eccessivamente lungo e lento, con un ritmo difficilmente sostenibile (…c’è chi vicino a me sbuffava, senza aver il coraggio di alzarsi); il tipico film che viene a rivendicare la reputazione del cinema cinese come "lento e noioso " (sentito in uno dei vari momenti di pausa al bar del festival…).
Benché questo film non abbia niente né di moderno né di innovativo, devo però ammettere che ha spunti interessanti, forse solo per un pubblico femminile adulto. In effetti tratta della relazione tumultuosa ed emotivamente violenta tra una figlia e la propria madre malata e in fin di vita. La tematica è interessante (per un pubblico femminile ripeto), l’argomento ricorda sicuramente conflitti dolorosi e tensioni vissuti in momenti difficili da molte di noi. Il film ci permette di "rivederci"(noi donne), di riflettere su questa relazione (tra madre e figlia) unica e universale anche in contesti culturali cosi diversi.
Il tono, la regia, la struttura della trama (si tratta di una storia vera) rovinano però lo spunto interessante. L’impatto resta legato ad una percezione di violenza che mette sicuramente a disagio (chi per noia, chi per identificazione).

Spero che gli altri film cinesi proposti dal festival e che non ho potuto vedere riescano a dare un’altra sfaccettatura del cinema cinese di oggi, mostrandone la creatività e l’orgininalità che merita e di cui ci ha già dato prova.

Per quanto riguarda gli altri film visti, mi sono molto piaciuti, anche se per motivi molto diversi, Frugal Game (Hong Kong di Derek Chiu) e Turn (Giappone, di Hirayama Hideyuki).
Frugal game è una commedia divertente che tratta di un gioco televisivo che mette alla prova due famiglie di disoccupati sfidandole sulla loro attitudine al risparmio.
Lo spunto è interessante e nuovo, e i personaggi interpretati interessanti per le loro diverse personalità, divertenti e realiste, e alle quali ci si affeziona e ci si identifica.
Come spettatore, si prende facilmente parte al gioco proposto ai personaggi.
La commedia, sul tono della leggerezza, riesce a illustrare realtà moderne della vita ad Hong Kong (la disoccupazione, il costo della vita, l’impatto della società di consumo e l’importanza quasi vitale dello shopping soprattutto per le donne, la necessità di lavorare intensamente per sopravvivere,…). Sullo stesso tono disinvolto affronta dimensioni sociali profonde legate alla cultura locale: l’importanza del legame famigliare, l’impegno nel lavoro, il rispetto e l’aiuto reciproco tra generazioni,… Una commedia gradevole, divertente che propone qualche spunto di riflessione.
Il secondo film di cui parlavo è Giapponese(Turn). È un film poetico che alterna realtà e finzione e diverse dimensioni temporali e spaziali.
Il film è un po’ difficile da raccontare, in breve, tratta di una ragazza che al seguito di un incidente rimane in coma, riesce però a restare in contatto con il mondo reale comunicando con un ragazzo, nasce cosi tra i due una relazione di intimità un po’ speciale.
Nel tono, il film ricorda la poesia di un altro film giapponese "l’acqua che scorre sotto al ponte rosso "( non penso sia esattamente questo il titolo, ma chi lo ha visto lo riconoscerà sicuramente), anche qui si alternano finzione e realtà, con il ricorso a metafore ed allegorie simboliche.
Benché l’idea non sia delle più nuove, i personaggi sono avvincenti e ci si affeziona a loro facilmente; è interessante anche la relazione che li lega, un amore basato sulla fiducia, la protezione e anche un pizzico di gelosia.
Un’atmosfera serena, come quella di una favola moderna….dopo tutto un pò di dolcezza non fa mai male soprattutto quando è forte ed espressiva.

Per concludere, vorrei soprattutto felicitarmi con gli organizzatori del festival che in ogni modo contribuisce ad un ravvicinamento tra occidente ed oriente e ringraziare chi mi ha dato l’opportunità di partecipare a questo evento.
Per quanto mi riguarda l’appuntamento è già stato preso per l’anno prossimo, con un soggiorno sicuramente più lungo per potermi godere ancora di più la mia dose di cinema asiatico.


Isabelle Martinelli

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Scusate se mi intrometto, ma vorrei spendere giusto due parole su questo film.
Infernal Affairs rientra nel classico genere poliziesco, ma un sapiente mix di regia, ritmo, azione, recitazione, il tutto accompagnato da un’ottima trama lo rendono sicuramente un film da non perdere.

Fabrizio Guicciardi

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