(Esilio e Costituzione)
Durante questi primi mesi del 2000, stimolato anche dalla sempre più rumorosa cronaca politica, mi sono chiesto quali siano le reali ragioni giuridiche per le quali i discendenti maschi della ex casa regnante dei Savoia, sono ancora in esilio dopo 54 anni dalla proclamazione della Repubblica1.
Come è mio costume, infatti, cercherò di prescindere dalle motivazioni storiche, sociali2 e politiche che spinsero l’Assemblea Costituente3 ad inserire tra le “Disposizioni Transitorie e Finali4” della Costituzione, la famigerata tredicesima5, la quale si dimostrerebbe assolutamente incoerente, proprio dal punto di vista strettamente giuridico, con più di un articolo inserito nella stessa Carta fondamentale, se tale norma non avesse un carattere eccezionale e provvisorio.
Infatti, la Costituzione della Repubblica italiana (entrata in vigore l’1.1.1948) è considerata una delle carte più avanzate6 oggi in vigore nel mondo occidentale anche perchè prevede tutta una serie di principi fondamentali che hanno costituito la più decisa reazione al ventennio fascista, il periodo in cui le libertà politiche e personali dei cittadini furono sistematicamente violate e limitate. La prima incongruenza si può apprezzare immediatamente, quando da un lato, all’ articolo 2 vengono riconosciuti e garantiti i diritti inviolabili dell’uomo, mentre dall’altro, la 13° disposizione introduce, di fatto, un’ ipotesi di “esilio”, per alcuni cittadini italiani.
Prescindendo, quindi, dalla riflessione per cui è quantomeno curioso che una Repubblica democratica e antifascista impieghi nella propria Costituzione uno strumento come l’esilio, così pesantemente applicato come mezzo di “controllo politico” degli oppositori dal regime fascista, bisogna riconoscere che la pratica di impedire a dei soggetti (che sono indubbiamente “esseri umani”, anche se si chiamano Savoia) di entrare nella loro patria, risulta contraria ai più elementari “Diritti umani“, tanto che anche la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo7, a cui l’Italia ha aderito, riconosce una particolare tutela mediante il protocollo n.48, riguardante tra l’altro la “Libertà di circolazione” (art.2) e il “Divieto di espulsione dei cittadini” (art.39); è opportuno, a questo punto, ricordare che, recentemente, Vittorio Emanuele di Savoia ha presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, al fine di trovare soddisfazione dei propri diritti sulle basi giuridiche citate sopra, anche se l’azione può dirsi fin d’ora inutile per i motivi esposti nell’ipertesto10.
Anche l’articolo 22 della Costituzione appare in palese contrasto con la 13° disp. trans. e fin. quando dice: “Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome“.
Ma l’ostracismo perpetuo di cui stiamo trattando è basato sulla più grave violazione dell’articolo 27, 1°comma,Cost., quello per cui “La responsabilità penale è personale“; infatti, ammesso e non concesso che l’aver nominato Mussolini capo del governo e l’aver controfirmato le leggi razziali nel 1938, possa dar luogo ad una responsabilità penale (che, comunque, sarebbe di Vittorio Emanuele III) piuttosto che ad una responsabilità politico-costituzionale, mi chiedo perchè si continui ad addossare a Vittorio Emanuele (IV) e al figlio Emanuele Filiberto soltanto le colpe dei nonni, dei bisnonni e dei trisnonni e non anche i meriti, a cominciare dalla Unificazione italiana12, proclamata il 18 marzo 1861.
Qualcuno ha detto che i maschi Savoia potrebbero tornare solo se “giurassero solennemente fedeltà alla Repubblica e di rinunciassero per sempre al trono d’Italia“; a parte la condizione tutta teorica dei Savoia di pretendenti ad un trono che non riavranno mai, la affermazione appare grottesca e finalizzata unicamente a infliggere un’ umiliazione gratuita a privati cittadini, che dovrebbero giurare (come tutti gli altri) solo nel caso in cui assumano incarichi pubblici, per i quali la legge preveda un tale adempimento. Inoltre, per maggior sicurezza di questi signori, i nostri Costituenti hanno perfino sancito nell’ultimo articolo, il 139 (e non in una norma Transitoria e Finale) che “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale“.
Concludo, affermando che la “questione Savoia” è, a tutt’oggi, ancora un problema squisitamente politico.
Ai maschi di tale famiglia (di nostri connazionali) non resta dunque che attendere la “clemenza” della classe politica italiana che, in qualche futuro slancio di bontà, potrà, forse, rivedere il testo delle norme di chiusura della Costituzione e riaprire loro le frontiere della “nostra” amata Italia.
Alberto Monari
Non si può regnare senza rimanere innocenti.
Saint Just
dal CD-ROM “L’alba della Repubblica” RAI/educational-1997.
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Uso questa espressione dato che nei turbolenti anni seguenti la fine della guerra, una parte della popolazione italiana tendeva ad identificare la famiglia reale, e le indubbie responsabilità politiche del sovrano Vittorio Emanuele III, con il caduto regime fascista, con tutte le conseguenze che ciò poteva comportare.
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Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale.
I beni esistenti nel territorio nazionale, degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi, sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli.
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comma 2: “Nessuno può essere privato del diritto di entrare nel territorio dello Stato di cui è cittadino”
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L’appellarsi a tale norma, quindi, non produrrà null’altro che una dichiarazione di irricevibilità del ricorso stesso.
Osservatori politici e giuristi, comunque, hanno giustamente interpretato la mossa come finalizzata a ridestare l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale ed europea sul caso Savoia in concomitanza dell’incontro del ricorrente con alcuni deputati all’Europarlamento (il cui esito, parimenti negativo, ormai è conosciuto).
Queste informazioni mi sono state trasmesse dall’amico e collega Dott. Davide Caocci di Milano, che ha svolto le funzioni di agente temporaneo presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo proprio nel periodo (dicembre 1999) in cui il ricorso è stato presentato.
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Il Paese proibito
Nell’immagine: giugno 1946, Umberto II lascia l’Italia.
La Repubblica Italiana nacque formalmente il 10 giugno 1946, quando nella “Sala della Lupa” del Palazzo di Montecitorio, in Roma, il Presidente della Corte di Cassazione proclamò il risultato del Referendum popolare del 2 giugno dello stesso anno, con cui gli italiani (e fu questa la seconda occasione, dopo le prime elezioni amministrative del dopoguerra del 1945, in cui anche le donne ebbero diritto di voto) scelsero la forma Repubblicana a “costituzione” dello Stato.
Il popolo italiano, in quel difficilissimo dopoguerra, risultò anche nei risultati elettorali quasi spaccato in due: infatti i voti a favore della Repubblica furono 12.718.641 (pari al 54,3%), mentre quelli a favore della Monarchia furono 10.718.512 (45,7%), l’affluenza fu altissima (89,1% degli aventi diritto). (dati assunti dal sito della Camera dei Deputati, www.camera.it)
Il decreto legge luogotenenziale n.151 del 25/7/1944, emanato dal governo Bonomi a pochi giorni dalla liberazione di Roma, stabiliva che alla fine della guerra sarebbe stata eletta a suffragio universale diretto e segreto, un’Assemblea Costituente per dare al paese una nuova Costituzione. Successivamente (D.L. luogotenenziale 16/3/1946 n.98 e n.99) si stabilì che fosse un Referendum popolare a stabilire la forma istituzionale dello Stato, Referendum da tenersi contemporaneamente all’elezione dell’Assemblea (da eleggersi con sistema proporzionale) (www.camera.it).
Molti commentatori e uomini politici fanno dipendere il carattere perpetuo dell’esilio dei pretendenti al trono Savoia, proprio dall’aggettivo “finali” con cui si conclude il titolo della parte conclusiva della Costituzione. A mio parere, invece, la tredicesima disposizione (quella che appunto si occupa dei Savoia) deve essere considerata transitoria, e quindi passibile di essere abrogata una volta che la presenza dei Savoia in Italia non avesse più costituito un problema “di ordine pubblico”.
XIII. I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblicio nè cariche elettive.
Indubbiamente, la seconda parte della stessa, quella che riguarda l’ordinamento della Repubblica (Il Parlamento/Il Presidente della Repubblica/Il Governo/La Magistratura/Le Regioni,Le Province,I Comuni/Garanzie Costituzionali) dimostra da decenni tutti i suoi limiti, come risulta dall’annoso quanto improduttivo dibattito sulle riforme istituzionali in Italia.
Convenzione internazionale di cui ho parlato nel primo articolo che scrissi per Kult underground, che apparve nel terzo “preistorico” (sia detto senza offesa) numero della rivista, datato Dicembre 1994.
Si ricorda che la Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali fu firmata a Roma il 4 novembre 1950 dai Governi Membri del Consiglio d’Europa. Nel corso degli anni poi, sono stati aggiunti al testo principale della Convenzione alcuni “protocolli” addizionali, che andavano a riconoscere ulteriori diritti e libertà. Nei confronti di questi Atti, i Paesi membri hanno dovuto procedere ad apposite ratifiche (essendo tali documenti assimilabili a piccoli “Trattati” internazionali), e a volte hanno espresso una “riserva” (opting out) per la non applicazione di queste norme nei confronti di situazioni specifiche, particolari del Paese (come l’Italia nei confronti dei Savoia).
Art. 3: comma 1: “Nessuno può essere espulso, a seguito di una misura individuale o collettiva, dal territorio dello Stato di cui è cittadino”
La questione della irricevibilità del ricorso presentato dai legali del Sig. Vittorio Emanuele di Savoia alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo poggia sulla riserva presentata dal Governo Italiano al momento di ratificare il Protocollo n.4 alla CEDU (16.09.1963) in merito al suo art. 3, 2 comma che viene ritenuto espressamente non applicabile ai discendenti maschi di casa Savoia ex 2° comma XIII disp. trans. e fin. Cost.
Avvenimento storico, che riveste indubbiamente un importanza “storica” per lo sviluppo del nostro paese (anche se non pochi lo continuano a criticare soprattutto per le modalità con cui fu portato a termine proprio dalla famiglia Savoia. Venne in pochi anni creato uno Stato unitario fortemente centralizzato (sul modello amministrativo della Francia, cui i Savoia erano molto vicini, se non altro per motivi geografici), poco rispettoso delle profondissime differenze che esistevano tra le varie “regioni-stato” della penisola.)