Quando leggerete questa recensione il film "Man on the moon" di Milos Forman sarà probabilmente sparito dalla programmazione1, ricoperto dalle nuove uscite e dalle riesumazioni degli acchiappaoscar, dai quali il pur eccezionale Jim Carrey è stato assolutamente escluso, così come il film.
Beh, l’incipit di questo articolo dice già tutto. "Man on the moon" non è semplicemente la trasposizione cinematografica della biografia del singolare comico Andy Kaufman da parte del grande Forman ("Qualcuno volò sul nido del cuculo", "Amadeus", "Larry Flint"…), bensì l’ennesima grande prova d’attore di Jim Carrey, ancora una volta ignorato dal circo degli Oscar2 dopo la "dimenticanza" per "The Truman show".
Parliamo innanzitutto della vita di Andy Kaufman. Andy ha fin da bambino la predisposizione allo spettacolo, tanto che lo vediamo esibirsi di fronte ad un pubblico immaginario di fronte allo sgomento dei genitori che lo preferirebbero a correre nel giardino con qualche amichetto. Da qui il salto temporale è grande e Andy fa un numero in un locale dove però non è affatto apprezzato, anzi il gestore lo licenzia senza tanti giri di parole perché "non fai ridere e basta". In effetti la comicità di Kaufman è un po’ atipica, niente parolacce, niente sesso, niente politica ma semplicemente un’esibizione surreale fatta di occhi che roteano nervosi, di poche frasi pronunciate con voce stridula e come sottofondo una musica che non c’entra nulla. Beh, in effetti capire Kaufman è molto difficile.
Poi la svolta, improvvisa e fortunata come tutte le svolte che si rispettano. In uno di questi locali Andy Kaufman è notato da George Shapiro (interpretato da Danny DeVito), un impresario di alto livello. L’effetto è fulminante: Andy partecipa al mitico "Saturday Night Show3" e qui la sua stralunata esibizione è più che apprezzata così come comincia a prendere corpo la figura di Tony Clifton, una sorta di alter ego rissoso del timido e impacciato Andy Kaufman. Clifton è frutto della collaborazione di Kaufman con l’inseparabile amico Bob Zmuda che lo seguirà per tutta la vita, purtroppo breve. Forte del potere contrattuale che gli ascolti gli danno, Andy dà libero sfogo al suo estro/follia inventandosi un personaggio che combatte con le ragazze (e lo fa veramente!) sui ring del catch fino a sfidare il vero campione mondiale e coinvolgere anche lui nelle sue capriole spettacolari.
Kaufam è folle. E’ capace di recitare fino all’ultima riga "Il grande Gatsby" di fronte al pubblico che gli chiede a gran voce il personaggio Latka della fortunata serie televisiva "Taxi" (nella quale recitava anche Danny DeVito ed altri interpreti di "Man on the moon"). Perché? Perché Kaufman odiava Latka e "Taxi5", la televisione e la sua stupidità, odiava qualunque cosa fosse ordinaria e di largo consumo. Andy muore di lì a poco a causa di un tumore, non prima di portare in giro il "suo" spettacolo intriso di bontà ed altruismo, triste rivelazione delle ultime settimane della sua vita.
Il film, in sé, non è eccezionale. Forman mette troppa carne al fuoco e pretende di raccontare la vita di Kaufman citandone gli episodi importanti uno dietro l’altro, senza pausa e senza tregua. Il risultato è una sequela di scene non troppo bene collegate; "Man on the moon" scorre in modo irregolare, non si dispiega, non riflette e la sensazione che lascia alla fine è quella di avere visto un lungo elenco di diapositive senza un’efficace continuità narrativa. In realtà "Man on the moon" è il film di Jim Carrey, piuttosto che di Milos Forman che sicuramente sulle vite di Mozart e Larry Flint aveva fatto un lavoro migliore. Andy Kaufman è Jim Carrey e Jim Carrey è Andy Kaufman in ogni fotogramma del film. I suoi occhi ed i suoi gesti, la differenza di comportamento tra la scena e la vita reale, l’incredibile sdoppiamento nello sdoppiamento durante l’interpretazione di Tony Clifton che costringe Jim Carrey ad un superlavoro egregiamente svolto.
Per la seconda volta Hollywood finge di ignorare un grande attore come Jim Carrey capace di mettere una mimica incredibile ed un’appropriamento completo del personaggio al servizio di film brutti, belli o bellissimi. Da ricordare infine la produzione di Michael Stipe dei R.E.M., dai quali la canzone che dà il titolo del film.
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Jim on the moon
Michele Benatti
Così come spariscono molti film proprio quando li volete vedere…
Appena conclusi, ne leggete qualcosina nell’introduzione dell rubrica.
Una vera fucina di talenti come i Blues Brothers e tanti altri.
Vi ricordate quella serie di telefilm che si svolgeva nel garage dei taxi?