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L’animismo – Massimo Centini

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Per il popolo dei cattolici è sempre stato difficile comprendere la pluralità di religioni e anche solo discuterne in maniera libera. Gli Europei per religione, cultura, storia e usanza tendono a non comprendere l’alterità, a giudicarla secondo i propri canoni e ad osservare ogni cerimoniale con occhi di superiorità; l’eurocentrismo, insomma, impera e distorce. L’idea è difficile da digerire e la maggioranza di voi la starà già negando aspramente proclamandosi liberali di pensiero, ma la realtà è ben altra cosa ed è spesso riscontrabile nella letteratura moderna. Molti sono i libri che affrontano l’argomento religioni mondiali da più punti di vista, religioso, storico, antropologico ecc… e quasi tutti sono stati aspramente criticati dal vaticano o dai suoi proseliti. Tra i vari testi, però, mi piace poter evidenziare un interessante volume intitolato “L’animismo” scritto da Massimo Centini ed edito, in edizione economica, da Xenia Tascabili nel 2005.
Il titolo del volume è già di per se una sorta di presa di posizione in quanto l’animismo, nell’accezione moderna, è considerato una “sorta di religione”; superata la copertina, però, il libro di Centini è una vera scoperta e ci presenta un mondo vario e variegato che vale la pena di visitare e conoscere meglio. Non che il testo si possa ritenere, nei contenuti o nella forma, particolarmente originale e sopra la norma, ma in esso l’autore ha la capacità di esprimere in modo chiaro e senza esprimere giudizi, numerose culture e atteggiamenti “religiosi” (in senso lato) esistenti o esistiti nel mondo moderno. È certamente interessante spendere un po’ del nostro tempo in una lettura così ben strutturata, poco più di un centinaio di pagine che ci daranno però numerosi spunti su cui riflettere in riferimento alla nostra cultura ed a quelli che sono sempre stati i nostri principi di fede e culto. L’analisi di ritualità più o meno strutturate che si manifestano attraverso totemismo, tabù, feticci, magia, e quant’altro è un cammino di continua sensibilizzazione da compiere.
Un più che interessante passaggio, che non possiamo quindi dimenticare, è rinvenibile nel quinto capitolo dedicato in particolare ai cosiddetti feticci ed al posto che tali elementi culturali acquisiscono quando entrano in contatto con la cosiddetta cultura occidentale. Un’attenta analisi delle varie modalità di esposizione museografica e teatrale delle reliquie di tribù del mondo passate e presenti, ci pone dinanzi alla necessità di studiare canoni espositivi adeguati che permettano di realizzare percorsi museografici di valenza didattica ed artistica (come ogni mostra museale dovrebbe essere indipendentemente dall’oggetto esposto) senza per questo relegare gli articoli che la compongono a ruoli male interpretati e interpretabili, nella vana speranza di “tradurli” al meglio nella nostra accezione linguistica. Ogni oggetto insomma, ha una sua vita e significato nella propria cultura di origine, e spesso tale ruolo/nome non può essere semplicemente tradotto con l’adozione di fallaci etichette, come troppo spesso siamo stati tentati di fare. Molti dei pregiudizi moderni, infatti, sono il risultato delle etichette che per anni hanno accompagnato le nostre mostre etnografiche. In conclusione “L’animismo” è un testi di riflessione a carattere generale tra le varie “politiche” di pensiero cui siamo venuti in contatto negli ultimi duecento anni ed una scorsa panoramica tra testi di grande valore e molto ben scritta; un buon punto di partenza, insomma, per un’analisi più approfondita dell’argomento.

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