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Artisti e mostre

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Artisti e mostre

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Marta Galvan allo Studio di Rosalba Mele

Modena 13/31 dicembre

La brava artista trentina tradisce nei suoi raffinatissimi lavori, la formazione di restauratrice di dipinti: ne fanno fede la tecnica accurata, l’anatomia sapientissima, l’impianto formale cesellato nei minuti particolari con acribia elegante, nelle velature, negli stacchi timbrici , nell’avveduto trattamento cromatico delle cornici, simboli d’impaginazione scenografica in cui sia incastonato un apparato iconografìco talvolta mediato da un repertorio mitologico che sembri risentire del manierismo di Niccolò Dell’Abate.
Si avverte un ulteriore affinamento, rispetto alla mostra del ’94, in un’emblematica punteggiatura preziosa, all’insegna del, fulgore dell’oro, mediato dai Primitivi e dal Gotico internazionale, pietra filosofale in un Athanor alchemico, aurea sostanza anche dei fondi della pittura bizantina.
Nel repechage del repertorio mitologico, si stagliano le eleganti figure di Icaro, con attributi di aquila per il suo fatale volo; di Prometeo recante demiurgicamente il Fuoco, con un lieve sorriso che rischiari il suo volto di Kouros ellenistico.
Celato alla vista, è il volto di guerriero inscatolato in una lucente armatura, come i personaggi della Gerusalemme Liberata e dell’Orlando
Furioso.
Molto bello, il paesaggio, irto di pinnacoli gotici, come una fiamminga Tebaide, in cui spicca una Torre, omaggio alla Torre di
Babele di Brueghel.
Avvincente, l’Angelo, che dispiega l’elegante piumaggio, alitante su un fondo elegantemente arabescato in sfumature radiose in procinto della fatidica Annunciazione.
Molto singolare, risulta Clessidra, in cui si assiste a un’osmosi di azzurri umori.
Su un volto di donna, sembra aleggiare il misterioso sorriso della
Gioconda.

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Silvano a Roberto Fabbri alla “Piccola” di Bologna

Faenza è per antonomasia sinonimo di Ceramica, con emblematico ricorso ai 4 Elementi: Terra, Acqua, Aria Fuoco.
In questo habitat attecchiscono dinastie di ceramisti, come Silvano
Fabbri e il figlio Roberto. Silvano Fabbri si riallaccia alla gloriosa stagione del Simbolismo, del Liberty e dell’Art Deco in ceramica, con esponenti illustri, quali Melandri, Bucci, Nonni, Morigi. Il maestro faentino, sia pur con abilità consumata, non disdegna l’umiltà dell’Homo Faber, “provando e riprovando delle cose il dolce aspetto”, per dirla con Paolo Uccello. Nel suo, alto magistero, approda alla secolare Bottega Gatti, come plasticatore; ma la sua “carriera” è scandita da lusinghieri successi, aggiudicandosi premi in Concorsi internazionali, a Villa Reale di Monza, a Faenza in tempi non sospetti di contaminazione da Citazionismo e Transavanguardia. Pur non mancando, ahimè, l’improvvisazione di improvvisati “Turisti per caso”, auspicati da Bonito Oliva, a sancire il Passe-partout a qualsiasi giochetto pseudo-artistico. Per fortuna, in ceramica, questi improvvisati inciampano in provvidenziali ostacoli tecnici: certi orrendi manufatti, si alterano, si spaccano, rivelando slabbrature, persino fissurazioni per la mancanza di perizia dell’Artifex che fa drammatici errori nella manipolazione, nel dosaggio dei pigmenti e nelle temperature di cottura. Ma purtroppo, pessimi prodotti allignano, proliferano, ai danni degli sprovveduti fruitori. Il maestro Fabbri si sarà trovato, suo malgrado, gomito a gomito, con questi dilettanti plasticatori, anche se un confronto e salutare, a discapito di questi rifacitori di statuine da presepe napoletano e di altri melensi ninnoli, tazzine, vasetti, ciotole, in un apparato di piccole cose di pessimo gusto da improbabile “Salotto di Nonna,
Speranza” ex-voto alla volgarità smaccata del Kitsch; esemplificato da
Gillo Dorfles. Ma tant’è: nelle antiche edizioni del Premio Faenza accanto ai premiati, si potevano osservare altri, pur dignitosi prodotti e farne una disamina. Ora, in un asettico processo di cernita, non si sa con quali criteri, spiccano solo i premiati attuali e del passato. In compenso, in questa “edizione `97”, il RAKU giapponese; snaturato in Occidente, rifulge nella sua gloria antica e recente, occupando il Museo, anche grazie alle sponsorizzazioni del
Sol Levante.
Ma dov’è finita la doviziosa produzione del bel Paese, con più di 30 centri ceramici oltre alla rassegna anche di artisti e artigiani del globo, che si potevano ammirare fino a 6/7 anni fa? Mai come in ceramica, il confine tra scultura, artigianato e design e labile, soprattutto se si tratta di una tecnica consumata come nelle opere di
Luciano Fabbri.
E’ una sfilata di raffinati esemplari, disposti scenograficamente alla
Piccola: forme plastiche, dai profili vibranti, che si enucleano eleganti, in volumi e strutture di valenza simbolica, in un modella pulsante empaticamente, sottolineato dai lustri, che hanno siglato la grande stagione simbolista, Liberty e Art Deco di Melandri, Bucci,
Nonni, con raffinatissimi esemplari, i cui riflessi iridati, la
Texture cangiante rivelano l’alta perizia, la valentìa creativa che si colgono anche in alcuni, attuali scultori, come l’ottimo Fausto
Rontini.
Silvano Febbri elabora trasposizioni della mitologia, delle Antiche
Scritture, della Bibbia e del Vangelo. Si assiste a un sincretismo di attributi simbolici di figure mitologiche protagonisti della storia sacra, come il Battesimo di Gesù, anche se non si sa se ci si trovi al cospetto del Battista o di Nettuno, l’antico Poseidon, per quei ritmi sinuosi e lucenti di onde, increspate dalla brezza, costellate di pesci guizzanti.
Chiacchiere sono impersonate in figurette muliebri paludate in pepli fluttuanti, in cui si ravvisano ciarliere e vacue dame, mondane e superficiali frequentatrici di esposizioni: dame impettite e tronfie, esibizioniste impellicciate e ingioiellate e rutilanti come pacchiane madonne di Pompei.
Agli Omaggi vascolari, eleganti simbologie, tributate a Klimt,
Morandi, Picasso, preferisco le sculture il cui piccolo formato riecheggia i nobili antecedenti di Donatello, Cellini: un miracolo di armonia di anatomia e modellato vibrante.
Molto aggraziata, la Paesana; il modellato e animato da sobri panneggi con gesti, appena accennati con levità sorridente.
Vorrei ammirare sculture a tutto tondo, formato Life Size, per l’istintivo talento scenografico dell’Autore. Né mancano figurette leggiadre di taglio orientaleggiante del figlio Roberto, cui e stato inoculato il germe dell’amor di ceramica nella bottega paterna.

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Marco Gerra alla S. Salvatore

Sono modulazioni astratto-georetriche dell’artista. reggiano, allievo di M. Reggiani, che attraversano varie fasi della sintesi formale elaborata in decenni di applicazioni del verbo astratto, che vide massimi esponenti Soldati, esponenti del MAC, come Mario Nigro con i
Reticoli nipotini dei Cubisti e dei Futuristi, dopo il forzato Ritorno all’Ordine, siglato dal Novecento di Margherita Sarfatti e al successivo sperimentalismo materico Neo-Dada, che poi si enucleano nell’alveo, del rigore formale.

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Franco Guerzoni alla “Sala Colonne” di Nonantola

Il bravo artista, che ha trovato il Clou in Materiche accumulazioni espressionistiche di carte, come in certe opere di Licini, Hautes
Payes di Fautrier senza dimenticare la lezione dei Polimaterici di
Prampolini e di certe accumulazioni di Burri, delle ricerche materiche di Piero Manzoni o i Merzbilder di Kurt Schwitters. Queste gigantesche installazioni cartacee, son grondanti accesi cromatismi vitalistici, sono in buona compagnia di macrofoto, che ritraggono varie fasi di lavorazioni cartacee di Guerzoni.

Giuliana Galli

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