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La legge del taglione…

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La legge del taglione

per una società più civile?

Spero che la legge del taglione non sia condivisa da nessun altro oltre Claudio, autore dell’articolo dal titolo “Non è Francesca” di qualche mese fa. Il problema da risolvere prima di tutti gli altri nel campo del diritto penale e della repressione dei crimini penso che non sia quello di trovare la pena più appropriata e che meglio rispetta la
“legge del contrappasso” per i colpevoli, ma il soffermarsi sulle cause della criminalità per cercare di eliminarle con i mezzi più adeguati per rendere le nostre società più vivibili e più civili.
Sicuramente se io fossi stata stuprata, come ipotizza Claudio vorrei che questa bruttissima esperienza non fosse mai vissuta da nessun’altra ragazza ed eliminando fisicamente il reo o castrandolo certo eliminerei senza ombra di dubbio il rischio che lui possa ripetere il reato, ma non che altri, forse molti altri, lo commettano.
Certamente la “mela marcia” va allontanata dal cesto per evitare che contagi le altre (fuori di metafora: il reo va punito adeguatamente con il ricorso ad un efficente regime carcerario e a pene adeguate) ma non elimina i motivi per cui le mele marciscono e la possibilità che questo succeda di nuovo, ossia non risolvo le cause che sono alla base dell’attività criminosa.
Non si deve dimenticare:
* l’inutilità della pena di morte per quanto riguarda la prevenzione

generale nel senso che l’esperienza e le ricerche dimostrano che

tale pena non serve a diminuire i delitti e non è mai stata data

una prova scientifica della correlazione tra aumento e

diminuzione della criminalità e soppressione o introduzione

della pena capitale.

* la dannosità sociale della pena di morte che è scuola di barbarie e

invece di favorire l’emenda del colpevole lo spinge ad usare

qualsiasi mezzo per sottrarsi ad essa.

Non mi sembra il caso di alimentare l’idea un po’ troppo in voga ai nostri giorni in base alla quale il carcere sia una “vacanza pagata”, una specie di paradiso terrestre per assassini e criminali, certamente straripa di problemi come corruzione, sostanze stupefacenti che circolano liberamente, e sicuramente spesso le pene, anche quelle che dovrebbero essere le più severe si riducono eccessivamente, ma non si può dire che chi si trova in carcere sia in una posizione invidiabile dagli onesti cittadini e vorrei ricordare che la privazione della libertà non è certamente una sofferenza trascurabile. Spero che la giustizia non si abbassi mai ad approvare la pena di morte o, ancora peggio, a regredire alla legge del taglione.
Voglio sperare che si elevi sempre al di sopra del desiderio di vendetta delle vittime per assicurare per tutti, colpevoli e innocenti, il rispetto dei diritti umani che sarebbero certamente violati se chiunque, soprattutto lo stato, fosse libero di decidere della vita o della morte di una persona, senza considerare che rimane sempre la possibilità di errore nel giudizio e quindi che può essere ucciso un innocente. Voler combattere il crimine con la pena di morte può rientrare nel ricorrente errore umano di pretendere di curare un male potenziandone le cause. Tanto per usare luoghi comuni possiamo dire che siamo alle soglie del duemila. Ebbene, io spero che la nostra società, che si definisce civile, alle soglie del terzo millennio abbia o cerchi di avere ben più adeguati mezzi di impedire che il reo ripeta il delitto piuttosto che usare la pena di morte. Comunque rimango sempre dell’idea che non si progredisca, anzi si facciano enormi passi indietro, abbandonando il principio dell’indisponibilità della vita umana, e questo in tutti i campi, non solo quello della pena capitale ma anche dell’eutanasia, dell’embrionicidio o degli esperimenti genetici.

Francesca Sessa

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