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Voci che sussurrano (II)

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Voci che sussurrano (II)

Come preannunciato questo mese la rubrica SUSSURRI avrà un nuovo collaboratore. A dire il vero non proprio nuovo dal momento che ho contribuito a giudicare i testi dell’ultimo concorso letterario venendo così, quasi per caso (se Marco Giorgini, “organizzatore” e autore della rivista, può definirsi caso) a contatto con KULT.
Scorrendo il sommario, in quanto “divoratrice” di libri di narrativa mi sono subito interessata all’angolo letterario che mi ha colpito per due motivi.
Primo per l’entusiasmo, la voglia di raccontare e di raccontarsi degli autori, l’esigenza di gridare passioni, sentimenti, paure, incertezze avendo alle spalle una buona dose di letture, la conoscenza delle tecniche letterarie moderne e modelli che si intravedono al di là dell’immediatezza delle storie e del vissuto.
Secondo per il pessimismo che pervade la maggior parte delle opere (ad eccezione forse dei testi di Cesare Mortera): scorci di vita in conflitto, personaggi alla ricerca di una identità difficile da trovare o da conservare, la rabbia contro il mondo, la delusione e la disillusione, la noia e la monotonia del quotidiano, l’impossibilità di dare corpo ai sogni… solo finzione letteraria o la vita è davvero
“questo schifo di caos” per citare una frase da “Blues” (KULT maggio
97)?!
Voi che ne dite, vecchi collaboratori e lettori di KULT?
Lasciando da parte le mie impressioni diamo un’occhiata al sommario di questo mese.
N.B.: Non conoscendo gli autori e avendo letto solo in parte le loro precedenti produzioni mi sono lasciata guidare nel commento unicamente dalle emozioni e dalle sensazioni che i brani hanno suscitato alla lettura; comunque ritengo importante per uno scrittore far parlare i testi, trasmettere visioni di mondi piccoli o grandi, vicini o lontani, e condividerle con più persone possibili, lasciando che queste le arricchiscano con la loro esperienza e con la loro sensibilità in uno scambio continuo di sentimenti di sensazioni e di magia…

I Racconti di SUSSURRI

Raffaele Gambigliani Zoccoli, molto apprezzato dai lettori di SUSSURRI propone questo mese “Un porto sepolto”, racconto intenso e originale sul mondo giovanile, sulla necessità di vivere con la V maiuscola
(quando sopravvivere non basta più) e sul tema delle stragi del sabato sera. Ancora una volta questo autore ha dimostrato di possedere una capacità compositiva davvero notevole. Particolare è la struttura del racconto, circolare, in cui il finale riprende e chiarifica la parte iniziale chiudendo la vicenda in un cerchio, per così dire, d’immobilità e d’impotenza.

La stessa struttura ciclica presentano altri due racconti, molto diversi tra loro: “De Profundis” e “La Staffetta”.
“De Profundis” di Luca Lanzoni è un lungo e complesso racconto di atmosfera kafkiana in cui il protagonista (che forse non a caso si chiama Wilhelm K.) cerca di dimenticare un doloroso passato che riaffiora a tratti in un paesaggio tra reale e surreale abilmente descritto, in un intrico di simboli (il mare, la casa, ecc.) e in un susseguirsi di visioni spettacolari. I ricordi prima sereni e luminosi si sgretolano in un clima teso e angoscioso al contatto con un presente che imprigiona questo naufrago della memoria giunto nell’abisso di se stesso.

La Staffetta è il testo un po’ criptico che questo mese propone Marco
Giorgini.
Una chiave di lettura? Forse il senso della vita come tesoro da custodire gelosamente e da trasmettere, ad ogni costo, a chi sa andare oltre le barriere della comune indifferenza…

E per concludere la carrellata sui testi in prosa “Nonumes” di VDS, una “favola” che ha conquistato il quarto posto al concorso SUSSURRI.
Una storia un po’ caotica che inizia quasi in sordina in un normale pomeriggio estivo e finisce per trasportare il lettore in un mondo onirico pieno di visioni e di strani personaggi, con finale a sorpresa.

Le Poesie di SUSSURRI

Ricca questo mese è anche la raccolta di poesie proposte da SUSSURRI che si apre con “Non soli” di Cesare Mortera. Un testo breve, di sole due strofe, sul tema dell’amicizia, forse meno incisivo di altri testi dello stesso autore. Efficace l’immagine iniziale.

Di solitudine, invece, e di contenuta disperazione parla la poesia “E che qualcuno spenga” di Nora Jari. Un testo antipoetico, colloquiale nel linguaggio e nel ritmo, che descrive, o meglio racconta, una sera di città, piovosa come l’animo del protagonista, solo con se stesso, al quale nemmeno le stelle luminose ma distanti riescono a dare conforto.

Seguono due poesie dedicate all’amore: “Enough” dell’inglese Anita e
“Oasis: Labirint Mind (II)” di Mia Preti.
Enough è un componimento breve e intenso, ben costruito in un concatenarsi di immagini molto efficaci.
Oasis Labirint Mind II (la prima parte è stata pubblicata in KULT alcuni mesi fa ) appartiene a una raccolta di “episodi” che hanno come motivo conduttore l’amore espresso in modo semplice e spontaneo ora in modo appassionato e drammatico (e sicuramente più convincente) come nel finale della seconda immagine qui proposta.

Infine “Here we are” di Untold evening tales, una riflessione sulla vita e sull’inesorabile trascorrere del tempo. L’unico modo per superare la tristezza che procura il procedere inarrestabile verso la morte è l’incontro con l’altro, è la parola (e perché no la scrittura), che dà la forza di percorrere la vita che, al di là del dolore e delle contraddizioni, pur sempre resta una “foresta meravigliosa”. Il contenuto malinconico ricorda la filosofia leopardiana ma il titolo rimanda all’esaltazione del presente (il qui ora) di tanti poeti contemporanei e non. Ma quello che inizialmente sembra un inno alla vita viene moderato, spento dalla certezza della fine.

Stefania G.

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