KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Una storia vera

4 min read

Una storia vera

Devo raccontarti una storia, disse Sara.
Quest’estate, era mattina, ma non ricordo bene l’ora. Tra le nove e le dieci. Io e la mia amica aspettavamo impazienti il treno per
Copenaghen e non vedevo l’ora di sedermi per poi appisolarmi. Due ragazzi gironzolavano nell’atrio della stazione con un’aria più assonnata della mia. Chissà da dove venivano, pensavo. Poi me li ritrovai nello stesso scompartimento. Uno era di Roma e l’altro quasi nostro compaesano, Marco.
Iniziammo a parlare dei nostri viaggi e la mia amica lo guardava con interesse, me ne sono accorta subito.
Che male c’è?!, dissi io.
Dopo un’oretta prese dallo zaino una bottiglia di liquore, non so quale, era mattina capisci?
Sì, capisco. Ero un po’ infastidita dai moralismi di Sara.
In breve, disse finalmente, è successo che i due hanno iniziato a bere, il romano a dir la verità si addormentò quasi subito, ma non dopo aver rovesciato un bicchierino di liquore sul libro di un signore che con la figliola si era seduto di fronte a loro.
Marco non la smetteva più di parlare e di bere, e mentre io ero sempre più preoccupata e mentre la mia amica era sempre più sorridente, ci disse che ormai senza alcool non resisteva più, soprattutto in questa vacanza. Era stato ad Amsterdam e a Rotterdam, e ci raccontò che aveva rischiato poiché era riuscito a truffare uno spacciatore olandese che non conosceva bene le banconote italiane.
Beh Sara, tutti vanno in Olanda per provare nuove droghe.
Aspetta, ascolta.
Con un’aria da bambino innocente, e forse lo era davvero, disse che quegli intrugli non li avrebbe più presi, che facevano male, e poi si era appena disintossicato e non voleva più ricaderci.
E mentre io e la mia amica rimanevamo in silenzio, anzi, io stupidamente dissi “perché”, ci introdusse nella vita di un ragazzo che appena maggiorenne aveva iniziato a drogarsi. Famiglia affettuosa e benestante, fratello e sorella molto vicini, ecc. ecc. Quasi amico di Carabinieri e Polizia perché lui faceva sempre il palo ad altri e per ogni furtarello lo beccavano.
Poi, poco prima di Copenaghen, salì un ragazzo biondissimo, dai 30 ai
35 anni. Parlava inglese e fece subito amicizia con Marco. Aveva tante sigarette e altro fumo, tanto che il padre e la figliola lasciarono lo scompartimento un po’ schifati. Poi si risvegliò un vecchio, insomma, un signore molto anziano, dal viso paonazzo per la Couperose, e offrì a tutti noi della vodka, mi sembrò di capire fatta in casa.
Era buona? chiesi a Sara per schernirla un poco. Mah, ricordo che era molto forte.
E’ stato un delirio. Il biondo parlava e cantava, e fumava. Riuscimmo solo a capire che si sentiva bellissimo e che si sentiva Dio.
Poi vide che il controllore stava arrivando nel nostro scompartimento e uscì per nascondersi chissà dove. Prima di scendere a Copenaghen venne a salutarci. A Copenaghen il romano prese il treno per tornare in Italia e ci raccomandò Marco.
Non stava quasi più in piedi ma decise di accompagnarci fino ad
Amsterdam anche se aveva in tasca soltanto pochi spiccioli. Aspettammo il treno della notte, dividemmo con Marco quelle poche cose commestibili che c’erano rimaste mentre comprammo dell’acqua fresca e del cioccolato. Marco scroccò delle sigarette a quasi tutta la stazione.
Era tutto così strano, tutti ci osservavano, e noi tre ci sentivamo normalissimi.
Durante il viaggio in treno, la mia amica e Marco si sdraiarono insieme nello scompartimento, io mi coricai nel corridoio col sacco a pelo. Alla sera del giorno seguente, eravamo già ad Amsterdam, Marcò prese il treno per Milano, gli avevamo detto che non potevamo imprestargli i soldi solo per l’alcool, doveva tornare a casa a riposarsi e poi saremmo andate a trovarlo in settembre.
Ci sei già andata? chiesi logicamente.
Sara non rispose. Mi fissò. Non capivo.
Poi mi spiegò che lui si era innamorato della sua amica, che la chiamava sempre. Si faceva portare fino al nostro paese dal fratello, o faceva l’autostop tornando a casa in orari assurdi (gli avevano ritirato la patente). Ma l’amica di Sara non poteva sempre uscire perchè sua madre si era accorta che Marco “aveva dei problemi”. Non ci voleva molto a capirlo.
La settimana scorsa la ragazza disse a Marco che per un po’ non si dovevano vedere, e che lui doveva assolutamente andare da un dottore almeno per farsi prescrivere una dieta ricostituente (più cibo e meno alcool, suppongo). Ma ieri, domenica, la madre di Marco ha telefonato dicendo che suo figlio aveva avuto un incidente in macchina andando chissà dove, vicino ad un noto luogo di spaccio. Guidava quel ragazzo che Marco non avrebbe più dovuto vedere. Sara se ne andò e io con i brividi mi distesi sul letto.
La vita è una gara per la sopravvivenza, ho pensato. La vita è aspettare di dover morire, ho pensato.
Non aveva nemmeno nessuna malattia infettiva, ha detto Sara, ed è morto in un incidente. Dovevo raccontartelo.
Hai fatto bene Sara. Buona fortuna a noi.

Caterina Sonzogni

Commenta

Nel caso ti siano sfuggiti