È interessante notare come, dopo anni, una “antica” operazione editoriale inglese, venga raccolta da una casa editrice italiana e riproposta qui da noi, dandoci informazioni di quella originaria e lasciandoci coi dubbi di sempre sulla figura d’una scrittrice “misteriosa”.
L’operazione editoriale inglese (number one) è ad opera di Leonard Woolf, marito di Virginia. Egli edita un volume che intitolerà A Writer’s Diary. Un volumetto, tenendo conto della mole di materiale ereditato. Leonard stesso dichiara: Virginia Woolf cominciò a tenere regolarmente un diario nel 1915 e lo continuò fino al 1941. (pag. 17)
In quest’arco di tempo, quanti fogli di diario ha potuto scrivere un’autrice della sua portata?
Sono 27 anni consecutivi di diario, come riferitoci da Leonard, e questo diario […] ci dà una documentazione di ciò che Virginia Woolf faceva, della gente che vedeva, e soprattutto di ciò che pensava di questa gente, di se stessa, della vita e dei libri che scriveva o sperava di scrivere. (ibidem).
Di tutto questo materiale Leonard farà estratto. Di questa sua selezione darà giustificazioni non del tutto convincenti; soprattutto quando accennerà ad una vera personalità dell’autore del diario.
I tagli da lui operati sono dunque stati strumentalistici? Voleva Leonard proteggere se stesso e/o non contaminare la memoria della moglie?
Siamo agli inizi degli anni Cinquanta del Novecento; il mondo esce da una sanguinosissima guerra mondiale: il mondo non ha capito ed ha perseguitato e non può ancora capire certe “particolarità” di Virginia e certe “particolarità” forse anche di Leonard?
E poi, la guerra è finita sì, ma Leonard l’ha vissuta da ebreo: con terrore, e loro due (i coniugi Woolf) sapevano dei campi di concentramento, Virginia ne fa segno e memoria nel diario, alla data 9 giugno 1940.
In fondo, non si può accusare troppo il povero Leonard, e certo lo si ringrazia per aver espressamente dichiarato che non vuol dirci tutto di Virginia, e conseguentemente, di se stesso.
I dubbi quindi – e tanti! – permangono. Certo è che Leonard non vuole abusare della sensibilità e dell’intelligenza dei lettori, e così chiarisce a quale scopo dei pezzi sono stati scelti ed altri sottaciuti: Ho esaminato attentamente i ventisei volumi [si riferisce quindi a manoscritti rilegati] del diario e ne ho estratto […] praticamente tutto ciò che riguarda il suo lavoro di scrittrice. Ho aggiunto anche estratti di altro genere, classificabili in tre categorie. La prima consiste in un certo numero di brani, nei quali Virginia Woolf adopera chiaramente il diario come un mezzo per esercitare o sperimentare l’arte dello scrivere. La seconda consiste in pochi brani che ho scelto di proposito perché, pur non avendo alcun rapporto diretto o indiretto col suo lavoro, danno al lettore un’idea dell’impressione immediata che suscitavano nel suo spirito le scene e le persone, cioè la materia prima della sua arte. Infine ho incluso un certo numero di brani nei quali commenta i libri che sta leggendo (pag.19).
Più di vent’anni dopo, nel 2005, la casa editrice italiana Minimum Fax riprenderà, sulla linea tracciata da Leonard, il diario di Virginia e darà ad Ali Smith il compito di parlare di… non riesco a capire bene cosa. Di Virginia Woolf? Dei suoi tanti diari ad oggi pubblicati?
Pur essendo la prefazione a tratti un po’ suggestiva, soffre tanto di articolo giornalistico: si sofferma sul privato misteriosissimo, lasciandolo tale; cita una sola nota biografica sulla Woolf e perde di vista il tema- scrittura posto in evidenza da Leonard, rimanendo così su un piano che alla comunicazione conoscitiva non regala molto.
Forse, Smith, in qualità di esperto anglosassone, avrebbe potuto dire di più magari non con una prefazione, quasi superflua data la “più autorevole” di Leonard Woolf, bensì con una postfazione, o con una nota a fine volume.
Del diario qui proposto non vi accenno nulla. Leonard ha raggiunto il suo scopo: parlarci, attraverso le parole di Virginia, dell’opera omnia di Virginia; narratrice, critica e donna del suo tempo.
Nel numero 185 (febbraio 2000) del mensile “Babilonia” si può leggere un interessante articolo, a firma di Gianmarco Del Re, intitolato “Gli amici di Virginia”. Leggerlo attentamente ci permette di conoscere un po’ di più su e intorno a Virginia Woolf.
I misteri restano, senza dubbio, ma forse sono meno pregni di oscuro, più chiari (rectius: chiarificati) di quanto ancora oggi si voglia far credere. Non si deve alimentare olisticamente questi o altri diari, quanto concentrarsi a studiarli e non sostare troppo su quella che Leonard chiama vera personalità dell’autore. Essa, infatti, risiede altrove, forse nelle pagine mancanti, inedite; forse nei luoghi dell’esistenza.
Certo, quei luoghi sono gli stessi dell’invenzione e della tecnica della cifra stilistica, un po’ politica un questo caso letterario; che ha superato egregiamente, ma non senza difficoltà, un combattutissimo periodo.
In estrema sintesi, l’opera proposta da Minimum Fax è interessante, ma non utile al mero “guardone”, che ancora insiste ad autoalimentare il proprio piccolo, in fondo, mistero erotico.
Quello che rimane di uno scrittore sono i suoi libri. Dovremmo iniziare a leggerli.
Leonard lasciò e lanciò ai lettori, credo orfani di Virginia, il ritratto più importante di lei: la sua stanza, i suoi libri, le sue idee politiche e critiche.
[…] Al remo non c’è barca e a barca lari/Non memoria che non ricopra/cipresso […][1]
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.
Adeline Virginia Woolf (Londra, 1882/Rodmeil, 1941), romanziera e saggista inglese.
La sua opera è da considerarsi non solo tra i massimi risultati del periodo sperimentale del romanzo inglese, ma anche del romanzo moderno in generale.
Virginia Woolf “Diario di una scrittrice”, Edizioni Minimum Fax, Roma, 2005.
Titolo originale: A Writer’s Diary
Traduzione di: Giuliana De Carlo
Prima edizione: 1953, ad opera di Leonard Woolf
L’edizione italiana conserva l’introduzione dello stesso Woolf.
Prefazione di: Ali Smith.
Presumo che costui sia uno scrittore, ma potrebbe anche essere una scrittrice. M’informerò in futuro, forse. Per ora, non ho intenzione di leggere anglosassoni che non siano classici od omaggi o rinvenimenti in bancarella. Questo perché credo che molti autori italiani non siano valorizzati come dovrebbero.
In quarta di copertina si ricorda l’atto suicida della Woolf, e qui rendo memoria di tale tragico evento, che non pare potersi verificare leggendo le sue pagine biografiche (almeno, quelle di cui mi sono testé occupata).
Tra le opere segnalate della Woolf non compare l’ “Orlando”, opera a me cara che qui invece voglio segnalare
[1] Da: Fortuna Della Porta “Diario di minima quiete”, Lietocolle Libri, Falloppio (Co), 2005