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Intervista con Francesco Venerucci

9 min read

Indian Summer è il nuovo disco di Francesco Venerucci

feat. Javier Girotto, Jacopo Ferrazza e Ettore Fioravanti

 

Da venerdì 18 ottobre 2024, disponibile il nuovo disco Indian Summer sui Digital Store.

Da venerdì 25 ottobre, acquistabile anche in copia fisica.

Pubblicato dalla storica etichetta Alfa MusicIndian Summer è il nuovo album di Francesco Venerucci featuring Javier Girotto – Jacopo Ferrazza – Ettore Fioravanti, presente sulle piattaforme digitali da venerdì 18 ottobre 2024 e disponibile in copia fisica da venerdì 25 ottobre. Questa interessante formazione è diretta da Francesco Venerucci al pianoforte e completata da tre musicisti di spessore come Javier Girotto (sax soprano, sax baritono e flauti andini), Jacopo Ferrazza (contrabbasso) ed Ettore Fioravanti (batteria). La tracklist è formata da dieci brani scritti e arrangiati da Venerucci.

Indian Summer è frutto di una sapida commistione improntata su jazz, latin jazz, funk e musica colta, a riprova dell’eclettismo stilistico del leader e dei suoi tre eccellenti compagni di note. Ma ciò che caratterizza questa nuova opera discografica è la spiccata sensibilità di Francesco Venerucci per la cantabilità dei temi, il senso melodico, la raffinatezza armonica, ingredienti indispensabili per dar vita a un fascinoso mosaico di suoni e colori cangianti. L’autore descrive così la gestazione e il mood di Indian Summer:

«Ho scritto dieci nuove composizioni originali per quartetto jazz. In questo progetto, per la prima volta, ho avuto il piacere di collaborare con Javier Girotto. Tutti i brani sono stati composti e arrangiati con in mente il suo suono inconfondibile. L’intero disco ha beneficiato di una profonda coerenza stilistica e una naturale intesa interpretativa, anche grazie al solido talento di Jacopo Ferrazza al contrabbasso e all’autorevole maestria di Ettore Fioravanti alla batteria».

Biografia Francesco Venerucci

Pianista sopraffino, poliedrico, incline alla melodia, capace di creare intarsi armonici di ottima fattura e abile nello spaziare con disinvoltura dalla musica colta al jazz, dal tango alla musica sperimentale. Compositore e arrangiatore prolifico, Francesco Venerucci è un musicista di larghe vedute con una notevole formazione accademica: laurea in “Composizione Jazz” presso il conservatorio “Santa Cecilia” (Roma), Master di II livello post laurea in “Composizione Teatrale” presso il conservatorio Evaristo Felice Dall’Abaco (Verona) e diploma in “Composizione Classica” e pianoforte. Numerosi i riconoscimenti nell’arco della sua carriera: primo premio al concorso di composizione “Barga” e terzo premio al concorso di composizione “Dimitri Mitropoulos” (Atene), solo per elencarne alcuni.

In veste di compositore scrive tre opere liriche (Sogno di una Notte di Mezza EstateKaspar HauserScanderbeg) e pubblica quattro CD a suo nome: Tango FugatoEarly AfternoonTramas e l’ultimo “figlio” dal titolo Indian Summer.

Grazie al suo talento, nel corso della sua attività, stringe collaborazioni significative al fianco di musicisti blasonati in ambito internazionale come Dave LiebmanJavier GirottoMiltos LogiadisClaude DelangleMichele RabbiaGianni IorioDavid Riondino e molti altri ancora.

https://www.francescovenerucci.it/

https://www.youtube.com/@francescovenerucci2525

https://www.facebook.com/francesco.venerucci.1

https://www.facebook.com/francescoveneruccimusic

Intervista

Davide

Buongiorno Francesco. Come sono nate queste dieci tue nuove composizioni e qual è il filo rosso che le attraversa, quali i temi e le idee di fondo, quali le linee di collegamento?

Francesco

All’inizio del 2023 erano maturi i tempi per registrare un nuovo album di mie composizioni jazz, l’ultimo cd “Tramas” è uscito nel novembre 2019. Ho scelto dal mio vasto repertorio i brani che avrebbero composto la playlist di “Indian Summer”. Il criterio principale era che dovevano avere caratteristiche idonee al quartetto jazz classico (sax, piano, contrabbasso e batteria). I temi dovevano calzare allo stile unico del sassofonista Javier Girotto. Gli arrangiamenti scarni ma non banali. A parte “Piccadilly Circus”, “Dream” e “Indian Summer” – che avevo scritto molti anni fa e che non avevo ancora registrato – la maggior parte dei brani sono stati composti dal 2020 in poi. Ogni brano ha un carattere differente e a volte all’interno dello stesso brano si esprimono personalità stilistiche e ritmiche diverse come in “Girotondo” e “Le Stagioni”. Ho cercato una scrittura trasparente e comprensibile confidando nella maestria degli interpreti nel valorizzare le potenzialità delle mie composizioni. E cosi è stato.

Davide

Hai scritto nel booklet che in questo disco hai avuto il piacere di collaborare per la prima volta con Javier Girotto e che tutti i brani sono stati da te scritti e arrangiati con in mente il suo inconfondibile sound ai fiati (sax soprano e baritono e flauti). Come descriveresti il suo sound e come, tenendone conto, ti ha di fatto guidato nella composizione?

Francesco

Javier detiene in maniera unica capacità compositive, interpretative, tecniche e improvvisative. Questo mix di talenti lo rendono, meritatamente, uno tra i musicisti piu apprezzati e richiesti a livello internazionale. Come già detto alcuni miei brani li ho ritenuti particolarmente adatti a lui e mi ritengo privilegiato ad averlo avuto nel progetto.

Davide

“Il tempo stinge”… e, certo, prima che stinga del tutto, stringe. “Il tempo è relativo e il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando” affermò Einstein. E, a proposito del tempo passato, a che punto ti senti del tuo percorso artistico e come ne hai racchiuso in “Indian Summer”? Come altresì ne rilancia per il tempo a venire?

Francesco

I riconoscimenti di stima e i feedback positivi che ho raccolto da quando è uscito il cd mi danno molta energia, una spinta a buttarmi in nuovi progetti. Ma la fucina privata di un compositore ha sempre in cantiere molte opere e idee da realizzare. Con un po’ di pazienza.

Davide

“Indian summer”, ovvero l’estate di San Martino, per te in senso più ampio è una allusione ai giorni felici, più caldi e solari, nel mezzo di un autunno freddo e di un gelido inverno. Questa è per te anche la funzione o la qualità principale della musica nelle nostre vite?

Francesco

La musica è una forma di comunicazione non verbale, un linguaggio per immagini acustiche. Le onde sonore viaggiando nell’aria non coinvolgono solo l’apparato uditivo e neurologico ma è tutta la pelle, il corpo che reagisce alle onde sonore. Quindi le sensazioni di colui che ascolta posso essere molto varie. Io spero che quando ascoltano la mia musica siano sensazioni positive.

Davide

Come hai condiviso queste composizioni con Javier Girotto, Jacopo Ferrazza ed Ettore Fioravanti? Come è stato lavorarvi insieme?

Francesco

Estremamente naturale. Nel brevissimo tempo a disposizione si è creata quell’alchimia e collaborazione indispensabile a raggiungere il risultato sperato. Non posso non essere grato ogni qual volta che incontro musicisti che si prestano ad interpretare la mia musica con professionalità ma anche condivisione emotiva.

Davide

Ne “I funamboli”, un jazz valse, hai dichiarato di esserti ispirato al film di Marcel Carné “Les enfants du Paradis” (Amanti perduti), sceneggiato da Jacques Prévért, e che Parigi e la cultura francese sono stati molto importanti per la tua personale esperienza e formazione. Perché dunque quel film in particolare e chi e cosa della cultura francese e di Parigi sono stati soprattutto importanti per la tua formazione e le tue poetica ed estetica?

Francesco

Il film ha come protagonista un mimo, che da artista di strada diventa celebre e riempie i teatri dei boulevard parigini di metà ottocento. È un personaggio molto toccante ed esprime tante emozioni anche solo con lo sguardo. Penso sia anche una metafora sulla forza e sulla vulnerabilità dell’artista in ogni epoca.

Davide

Hai dedicato un brano a “Piccadilly Circus”, la piazza londinese già considerata ombelico del mondo. Titolo poi passato a Times Square di New York. Ma se approfondiamo, scopriamo che il mondo ha molti altri ombelichi del mondo, luoghi così considerati dove sarebbe iniziata e confluita la storia del mondo in diverse epoche. Da quale punto, quando e come è iniziata per te la tua storia di musicista? Qual è dunque il tuo personale “ombelico del mondo” musicale da cui partire o ripartire ogni volta e al quale ritornare?

Francesco

Ho iniziato come tanti, da bambino, con le lezioni di pianoforte. Poi anche grazie a circostanze felici sono andato avanti e con il tempo ho scoperto una capacità nel comporre brani originali. Che poi è l’aspetto che piu mi interessa di questa professione. Per motivi di nascita (e non solo) Roma è un luogo chiave della mia vita. Parigi è la seconda città a cui sono enormemente legato.

Davide

Veniamo alla copertina. Perché una mano aperta dietro un triangolo equilatero, a sua volta composto da sedici triangoli equilateri?

Francesco

Questo bisogna chiederlo all’artista grafica dell’Alfa Music… Mi pare molto in sintonia con la mia musica.

Davide

Hai sempre attraversato diversi generi musicali, dalla musica cosiddetta colta alla sperimentale, l’opera, il jazz, il funk, la musica latina e il tango e avanti. Del resto Duke Ellington disse che ci sono solo due tipi di musica: la buona musica e tutto il resto. Cosa è per te la buona musica, cosa tutto il resto?

Francesco

La “buona musica” è un concetto molto soggettivo: è quella che mi fa venire i brividi, che sento sincera, che porta con sé un messaggio universale.

Davide

Cosa pensi dell’attuale evoluzione (o involuzione?) della musica a causa delle tecnologie digitali (dalla musica liquida alla Intelligenza Artificiale ecc.) e cosa della situazione musicale in Italia?

Francesco

La questione è complessa ed ammetto di non avere le competenze per parlarne in maniera dettagliata. Penso che come comunità artistica stiamo rischiando molto. Vedo poca presa di coscienza e preparazione. Addirittura il sistema industriale che viveva per il comparto musicale è stato praticamente spazzato via dalle nuove tecnologie. Non bisogna confondere il progresso tecnologico nel campo delle scienze – che è sacrosanto – dall’uso invasivo delle nuove tecnologie nel campo artistico e musicale. Oggi l’AI si sostituisce all’autore. Non bisogna dimenticare la creatività è una capacità specifica dell’essere umano.

Davide

Chiude il disco “Lament song”. Qual è dunque il tuo lamento a conclusione di questo tragitto racchiuso in “Indian Summer”? Qualche rammarico, dispiacere o insoddisfazione, rimpianto o compianto o preghiera o cosa? Tra l’altro il lamento o lamentazione è anche una forma poetica e musicale con una sua struttura e una sua funzione precise, musicalmente visitata da Palestrina a Stravinsky e oltre…

Francesco

“Il tempo stinge” e “Lament song” li ho scritti durante il biennio di composizione jazz al Conservatorio di Santa Cecilia dove mi sono diplomato. In “Lament song” cito la celebre aria “When I’m laid in earth” dal Dido & Aeneas di Henry Purcell. Penso che di questi tempi rammarichi o dispiaceri personali passino in secondo piano. La musica deve esprimere il proprio tempo, ma anche speranza nel futuro e la forza di affrontarlo.

Davide

Cosa seguirà?

Francesco

Mi auguro di portare in giro la musica di “Indian Summer”.

Davide

Grazie e à suivre…

 

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