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Voci che sussurrano

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Voci che sussurrano

Ci addentriamo sempre più nell’autunno, tra giorni di pioggia e un freddo improvviso, che induce alla pigrizia e alla malinconia, ma anche alla lettura, forse alla meditazione. E per questo ci siamo noi con Sussurri, sempre più ricco di voci e temi nuovi, popolato di parole, di persone che sembra ormai di conoscere, tanto riversano sulla carta di sè.
Come Spalla, occasionale collaboratore, che ci offre un viaggio sfortunato ma emozionante nella sua semplicità; Alessandro Hellmann, con le sue liriche immediate come lampi di luce; il cerebrale e gioioso Giancarlo Ferrigno, moderno giullare colto; Mario Pischedda e la sua poetica intensità; il grande Giuseppe Cerone con i suoi racconti fantascientifici (perfetti); il poliedrico Marco Milani, che sorprende sempre; e, infine, il prolifico Alessandro Zanardi, abile tessitore di romanzi.
Chissà, potreste conoscere qualcuno di questi autori alla festa di Kult, che si terrà prossimamente…
Ma ora tiriamo un bel respiro, e tuffiamoci nell’universo parallelo di Sussurri.

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L’ho nominato per ultimo nella mia "passerella" virtuale di autori, ma per consuetudine è il primo delle mie piccole"recensioni": Alessandro Zanardi e il suo romanzo Terra Rossa, giunto alla terza parte. In questi tre capitoli assistiamo alle storie parallele della missione di Tefa, Louis e Luc a Cimaron, che sembra iniziare sotto i migliori auspici, e all’unione di Filine – la prostituta amante di Tefa – con il bel Rejtel. Un’unione perfetta, che sembra già un amore: ci saranno sviluppi? E cosa nasconde l’affascinante, comprensivo Rejtel?

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Dopo tante avventure, una pausa di riflessione con Alessandro Hellmann, che propone una lirica bellissima, struggente. In 20/10/2003 (esattamente un anno fa) si fondono la pioggia dell’autunno e la devastazione di un’assenza, la fine di un amore, in una sintesi immediata come un lampo di luce.

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E per me è stato quanto mai emozionante anche leggere Treno, di Spalla: un curioso pseudonimo che cela un filosofico cantore della quotidianità, e delle silenziose crisi del quotidiano, della noia, dei fastidi che costellano e a volte formano la nostra esistenza. Come in questo episodio della vita di un pendolare: il classico treno soppresso tra Milano e Piacenza, l’attesa nella stazione, la serata che sfuma nel disappunto generale, nell’ansia, nella fretta di gente che consuma le giornate tra computer e rotaie. Ma basta solo un attimo, basta la vista del Po sotto il ponte ferroviario, per illuminare tutto (grazie, Spalla, per avermi fatto rivivere l’emozione della mia città, della vista del fiume dal finestrino, i gesti gioiosi di rimettersi il cappotto, e di sentirsi a casa!)

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Un angolo di sperimentazione totale a cura di Giancarlo Ferrigno, che come sempre si diverte a giocare con le parole, con la punteggiatura, con il paradosso, l’ironia, l’assurdo. Come in Gaudio II (la conversione); la comprensione è ardua, ma lo stupore, la meraviglia, sono assicurati…

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Dopo qualche tempo torno ad attingere nel serbatoio di racconti di Giuseppe Cerone, autore molto apprezzato dai più grandi nomi della letteratura, ma putroppo ancora non riconosciuto a dovere: quasi incredibile, perchè il suo stile è agile, avvincente, le opere ben costruite, perfette nella concatenazione degli eventi, una manna per chi ama la fantascienza unita alla riflessione. In Homo teconologicus assistiamo a un incidente di un uomo ricco e ben vestito: impossibile non leggere la metafora della nostra vita, sovraccarica di superfluo, nell’elenco degli oggetti da lui posseduti…oggetti che saranno la sua fine.

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Marco Milani è senz’altro un autore poliedrico, dai mille volti e interessi: lo abbiamo conosciuto per la serie divertente, ironica, di Baby Red, e qui lo ritrioviamo con un racconto molto raffinato, complesso, in stile vagamente new age. Chi, cosa sarà questo Guerriero di luce che si immerge nei rivoli dell’universo, fondendosi con esso? Forse la risposta a diversa a seconda della nostra sensibilità- ma intanto lasciamoci avvolgere dall’atmosfera, suggestiva e psichedelica.

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Vi lascio con uno splendido finale, quanto mai appropriato, visto che si tratta di "dimissioni": Le dimissioni del barricadiero è un’intensa lirica di Mario Pischedda, nostro pilastro poetico, che si interroga sul perchè della poesia, e trova la risposta guardandosi intorno. Tra fiumi di parole inutili e rumorose, c’è sempre bisogno delle parole essenziali- della poesia.

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Siamo giunti anche questo mese alla fine del nostro spazio; non mi resta che salutarvi tutti, e in bocca al lupo per chi ha partecipato al concorso di fantascienza. Tenetevi aggiornati, perchè prossimamente arriveranno i premi per i migliori collaboratori!

Lorenza Ceriati

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