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Derrumbe – Il fungo ha mangiato me – C.Morici C.Parentela

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OROLOGI E FUNGHI.

 

« “Sulla terra esistono due porte.

Una sta in India, una in Messico.

Il fungo non è una droga, è la carne di Dio, lo chiamano Derrumbe, significa colui che cade, che va verso il basso. Il primo bianco a mangiarlo fu Wasson, 1956, prima si sapeva del cactus peyote ma niente funghi. Sotto il deserto del Sahara ci sono grotte con raffigurazioni di uomini-fungo che risalgono al primo uomo civilizzato della storia. Hai presente Alice nel Paese delle Meraviglie? Inizia con Alice che mangia un fungo rosso a pallini bianchi, un bell’esemplare di Ammanita Muscaria. Lo portarono sulla terra gli abitanti di Atlantide, io mi chiamo Ector”.

Parla ma l’espressione rimane fissa, sbigottita, a maschera Tolteca» (p. 55).

 

Il secondo libro di Claudio Morici è un divertissement psichedelico, illustrato dal tratto scontroso, ermetico e allucinato di Claudio Parentela. È uno strano esempio di prodotto editoriale: predominante è la grafica, perfino nelle variazioni da un font all’altro – sino a suggerire l’idea che il libro sia costituito dalle “didascalie” d’un trip, incise per intervalli, biancheggiamenti e singhiozzi di lucidità. È tendenzialmente difficile, infatti, individuare una linearità nei passaggi da una scena all’altra: l’impressione è quella di sfogliare un testo scarnificato e disossato, e vivo per frammenti; quasi questa narrazione fosse stata rimaneggiata fino al “minimo termine”, per intenderci.

 

Incontriamo il protagonista mentre, sul sedile d’un pullman fatiscente sino all’inverosimile, in Messico, osserva delle pellicine galleggiare di fronte a sé: sa che gli appartengono, ma non riesce a prenderle. È diretto a San José del Pacifico, “un pezzo di strada coperto da una nuvola pesante” (p. 34), luogo soffocato da una barriera di nebbia impenetrabile. È ai confini della civiltà – basterebbe deviare dal cammino per “mantenere l’impressione di non essere mai esistiti” (p. 36).

 

Solcherà Zipolite, spiaggia della Morte, dove andrà a vuoto il suo primo esperimento psichedelico: progressivamente, tra stravaganti incontri (occidentali decadenti e fungo-dipendenti), sinistri borborigmi (d’un ragazzo handicappato), controverse illuminazioni sulla natura del fungo, accompagneremo il protagonista (romano, e afflitto dalla “sindrome dell’orsacchiotto di peluche”: rinviamo il lettore curioso di scoprirne sintomi e significati a pagina 97) fino al principio del suo “viaggio iniziatico”.

Dell’esperienza in sé non avremo altra testimonianza che non sia grafica.

Del resto, è un’esperienza differente per ciascuno. In ogni caso, la percezione è quella d’esser rimasti sospesi in attesa di un evento, di un racconto, di un approfondimento che invece sfuma nei disegni di Parentela, lasciando insoddisfatta la curiosità del lettore e incompiuta l’esperienza estetica.

 

Nei dialoghi e nelle descrizioni Morici conferma quanto di buono già aveva espresso nel suo esordio, “Matti slegati”: in questa circostanza, la rinuncia – se non alla letteratura – alla “letterarietà” impedisce di poter esternare altro giudizio che non sia di generico apprezzamento per la sperimentazione, per la contaminazione semi-fumettistica tra illustrazione e didascalia; rimane la certezza che la ricerca artistica dell’artista romano sia senza dubbio atipica e che, in futuro, siamo destinati a essere nuovamente spiazzati da argomenti, forma e struttura della sua produzione.

 

Del Messico narrato in “Derrumbe”, un Messico spezzettato da robuste colate d’inchiostro nerissimo, si ricordano volentieri le riflessioni e le congetture legate alla personalissima percezione del tempo dei locali; l’intuizione del narratore d’una società che vagheggia un tempo senza più orologio al polso, sospesa alla frontiera dell’Occidente, ultima guardiana d’una porta che pochi potrebbero, e dovrebbero solcare senza la preparazione adatta. Penso, a questo proposito, al fallimentare approccio di De Carlo e Fellini, trasfigurato in “Yucatan”: segno d’un'”iniziazione” (si virgoletta a ragione) rifiutata, per motivi, diciamo così, imperscrutabili.

 

Libro lisergico, leggerissimo e delirante: destinato ai cultori dell’arte di Claudio Parentela, e alla piccola legione di aficionado della prosa di Morici.

Spiazzante e ludico, “Derrumbe” è un’esperienza estetica ludica e inconcludente. Prometto – tuttavia – di tornare a viverla in stato di significativa alterazione, e nel caso di tornare su questo breve scritto: probabilmente è un libro nemico del lettore lucido.

 

*****

 

PAROLE D’AUTORE (di Claudio Morici)

 

«A me sono sempre piaciuti i libri un po’ sbagliati. Come mi sono sempre piaciuti gli autori che un po’ sbagliano. Di conseguenza, un po’ mi piaccio.

Derrumbe è un esperimento dalla genesi lunga e piuttosto travagliata. Non sembrerebbe perché si legge tutto in mezz’ora. Ma è andata più o meno così:


1995 – mi faccio una micropunta di Lsd al Divino Amore con il mio amico Valerio che mi tiene sotto controllo.

1996 – vado in Messico per il fungo (è il viaggio che racconto nel libro).

1996 – mi laureo con una tesi sugli stati di coscienza alterati.

1997 – scrivo Derrumbe a Praga, con il ponte di Carlo pieno di neve. È un romanzo di 150 pagine. Mi ispiro al diario che avevo tenuto sotto gli effetti del fungo, che leggo per la prima volta dopo un anno.

1998 – le 150 pagine diventano 100, le riscrivo decine e decine di volte, non mi convincono.

1999 – spedisco il romanzo alle case editrici, ottengo la bellezza di 12 rifiuti editoriali standard che conservo gelosamente nel mio attuale cassetto.

2000 – pubblico la parte degli effetti del fungo su una rivista di filosofia: Filosofema.
2001 – studio modalità e soluzioni stilistiche utilizzate dai grandi del cinema e della letteratura per riprodurre l’esperienza psichedelica. Pubblico un articolo che parla proprio di questo sul Giornale Storico di Psicologia Dinamica, titolo: Il commercio con l’infinito.

2002 – di quest’anno non ricordo quasi nulla

2003 – esce Matti Slegati. Lavoro al sito con Davide Cardea e mi ritrovo ad affrontare le stesse tematiche per Derrumbe. Come riprodurre la psicosi su Internet? Però inizio a lavorare con due media: testo e immagini. Scopro che è molto più fico. Poi conosco Claudio Parentela, che mi fa la copertina del libro. Le sue illustrazioni sono tra le cose più belle che abbia mai visto in 3 anni di www.gordo.it ,il mio sito d’arte indipendente. Se gli chiedi di fare un cartoon lui ti mette tutte le scene nello stesso foglio e ti dice “puoi iniziare a leggere da dove vuoi”, come un disco di Brian Eno degli anni settanta. Riduco Derrumbe a una decina di pagine di testo. Tolgo il vecchio finale, mi reinvento tutta la seconda parte. Lavoro con Parentela via internet. Lui abita a Catanzaro, non ci siamo mai visti in faccia dal vivo, per tutta la stesura del libro ci scambiamo email e ci telefoniamo un paio di volte. È un setting sperimentale il modo stesso in cui lavoriamo. Ad un certo punto mi ritrovo con il testo. Lo faccio leggere a Marcello Baraghini di Stampa Alternativa, mi dice “bello, ma non ci facciamo una lira” e io “è vero”. Allora mi contatta Valentina la libraia della libreria dentro al cinema 4 fontane a Roma e mi dice che ha iniziato a lavorare con Valter Casini, che sta partendo una nuova casa editrice e che Valter non deve diffondere libri per sbarcare il lunario perché è già miliardario per una svariata serie di motivi. Glielo faccio leggere, gli piace e decide non solo di pubblicarlo ma di farlo in due formati. Libro illustrato e cofanetto gigante da 90 euro.


Derrumbe è un libro che parla di quello che non parla. Che a un certo punto lo puoi reiniziare da metà. Che non ha nulla di letterario perché non deve parlare di letteratura ma di quello di cui non parla. Come vedevo una frase letteraria la toglievo. Ho tolto circa 140 pagine dalla prima stesura. Quando inizi a leggere Derrumbe leggi il testo e vedi l’immagine, giri pagina, leggi, vedi l’immagine. Dopo 10 pagine mi piacerebbe vedere la faccia del lettore. Ma chi te l’ha detto che va letto così? Che ne so io come va letto. Ti do un consiglio: non lo leggere, ma facci qualche altra cosa.

Più che un libro è un casino, è un cespuglio di illustrazioni con dentro il testo. Devi continuamente spostare i rami per andare avanti e ad un certo punto ti perdi lo stesso. Lo leggi mentre lo tieni sul comodino, chiuso. Non saprei. Mi piace, mi piace perché la letteratura mi sembra folklore e i libri mi fanno imbestialire, sono sempre rettangolari».

(Claudio Morici, luglio 2004)

 

 

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

 

Claudio Morici (Roma, 1972), romanziere e net artist italiano.

Laureato in Psicologia Clinica con una tesi intitolata “Fenomenologia esperenziale del sognare lucido” (pubblicata in “Sogni Lucidi”, a cura di Fabrizio Speziale, Edizioni Il Punto d’Incontro, Vicenza, 1999), ha lavorato per due anni in diverse comunità terapeutiche, prima di cambiare lavoro.

È stato direttore dei contenuti del sito d’arte indipendente www.gordo.it.

Ha esordito con il romanzo “Matti slegati” nel 2003.

 

 

Claudio Parentela (Catanzaro, 1962), illustratore e net artist italiano.

 

Claudio Morici, “Derrumbe – Il fungo ha mangiato me”, Valter Casini Editore, Roma 2004. Illustrazioni di Claudio Parentela.

 

Approfondimento in rete: Cassate / Pickwick / sito ufficiale del primo romanzo / intervista all’autore (Supereva) / intervista all’autore (Succoacido. it) / intervista di Armando Adolgiso / intervista all’autore (Lettera.com) / Galileo / Alice.

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