(racconto selezionato dalla giuria per In Xanadu 2 – sezione poesia)
Sciolgo
nera china
al sole.
Sbava.
Più del sangue di una cicatrice malriuscita.
Un mazzo di candidi fogli
fitti nel loro talamo velato di cellulosa
rinserra le fila.
Unico eletto.
Pagina vergine
da penetrare
da incidere
da graffiare.
Nel becco angolare di un obliquo disordine.
Nera china
nell’ombra deflorata.
Centellina arguta
lo sgorgare dei suoi fiotti
sulle rughe di righe in controluce.
E sedotta,
credendosi stoltamente seduttrice,
delimita traiettorie nient’affatto lineari
da seguire con l’unghia ritorta
puntata
indice navigatore che sfiora il discreto amplesso.
Nera china che graffia
come su di una schiena tesa
come su di un palmo caldo
come su di un membro rozzo.
Intensa goccia
che penetra la dove il senso liscio dell’apparente perfezione
finisce.
Sbava.
Sbavo sfinito
io
che li porto appresso
sulla carne errante dei miei passi
ritto in cima
impervia mente e voragini ignote
profilo eroso e sudata rotondità
di quella china
china nera.