“Sussidiario illustrato della giovinezza” (2000) è il disco d’esordio del progetto Baustelle: sound elettronico e pop, dagli illustri antecedenti (Serge Gainsbourg mi sembra la primissima fonte d’ispirazione della band: senza dimenticare, in certi frangenti, il Franco Battiato provocatoriamente leggero e la miglior Giuni Russo degli anni Ottanta e le traduzioni Kraftwerk–Devo–Depeche Mode degli anni Novanta italiani, ossia Bluvertigo e derivati – Soerba, su tutti).
Alla voce s’alternano il carismatico e sensuale Francesco Bianconi e la seducente e intensa Rachele Bastreghi.
Eleganza, erotismo e nostalgia per le sonorità leggere degli anni Ottanta sembrano essere le colonne portanti del disco: che si lascia ascoltare con grande piacere, a distanza di tempo, avvince e si rivela eccellente musica d’accompagnamento per particolari interazioni esistenziali.
Nell’ultimo brano Bianconi ripete: “Build the Modern Chansonnier“: assumiamo questa trasparente dichiarazione d’estetica come ouverture dell’articolo.
Incipit: Le vacanze dell’ottantatre (“sembravano sintetiche (….) / le radioline cantano la pubertà“) è un ritorno alle atmosfere e al clima del decennio del pop elettronico: al contempo, evoca e richiama le prime esperienze e le prime emozioni erotiche (compresa la leggendaria “straniera del mare”). Il sound potremmo associarlo ai Pizzicato Five o ai momenti luminosi dei Belle & Sebastian: solare, allegrotto e danzereccio.
Martina è un brano decisamente più introspettivo; il testo conosce cesure ed elisioni che contribuiscono a scolpire un’atmosfera torbida ed elettrica: “(…) Per calvario un angelo / incontri / per solitudine / mascara denso per nudità / piccole catastrofi / per minuti intimi“.
Sadik è probabilmente il pezzo più battiatiano, almeno fino al ritornello: è l’interpretazione di Bianconi a deviare la suggestione, restituendo, nell’esecuzione, reminiscenze Pulp-Divine Comedy. Armonia che vince un sommesso vocio, nell’ultima parte, a suggellare con stile una convincente affermazione di poetica. I Baustelle non cadranno mai nella tentazione della distorsione totale.
Noi bambine non abbiamo scelta è un brano lentissimo, ambiguo e provocante. L’esordio è memorabile: “mi telefona / promette che / mi rapirà / mi porterà / al cinema / è la mia droga non mi può far male / non abbiamo altro / non abbiamo scelta / noi bambine“. Interiorizzata la lezione di Gainsbourg, si gioca a solleticare e stuzzicare l’immaginazione dell’ascoltatore: i Baustelle sono la musica della seduzione.
In Gomma la voce di Rachele Bastreghi può ricordare Polly Jean Harvey, nelle prime battute; questo è uno dei pezzi che ospitano qualche più generosa concessione rock, prevedendo un maggiore (e godibile) spazio alle chitarre elettriche. Bastreghi e Bianconi si alternano, raccontando un amore adolescenziale. Come primi riferimenti degli anni Novanta, qui sento “Tragic Kingdom” dei No Doubt e l’esordio dei The Cardigans, “First Band on the Moon”.
La canzone del parco è una delle migliori tracce dell’album. Splendida interpretazione della Bastreghi: il pezzo scintilla per un crescendo notevole e bjorkiano, per la passionalità da Gianna Nannini prima maniera (ma con diversa e maggiore eleganza, sì) per la poesia adolescenziale e romantica dei versi, per le immagini che la musica e il canto vanno scolpendo nel cielo degli ascoltatori. “Lui e lei / ridono / umidi baciano / parole lievi / leggere le piume / se lui e lei fragili / indecisioni / al solito posto / la solita ora / se lei e lui sabato / dopo la scuola / lo fanno sul serio / la colomba vola / domani è lontano / domani è lontano / se mi ami ora (…)“
La canzone del riformatorio è un pezzo dalle liriche maudit. Droga, violenza, incomunicabilità sono gli assi portanti del testo: decisamente stonate rispetto alle sonorità di questo brano dei Baustelle, che è paradossalmente leggerissimo e luminoso e vivace. Indecifrabile: ascoltando ritrovo lo spirito ludico dell’elettronica e del pop dei club inglesi degli anni Ottanta, senza innovazione o alterazione o rinnovamento; l’elemento cortocircuitante è esclusivamente l’associazione di idee derivante dal testo.
Cinecittà è la storia di un provino cinematografico: a due voci. Quella dell’esaminatrice, che parla e guida il “colloquio”, e finisce gemendo (il film è ovviamente erotico: lui è adatto per il ruolo dell’amante), e quella dell’attore esordiente: Bianconi. Che si concede di precipitare in un’interpretazione estremamente artefatta, costantemente tirata al limite; terribili ricordi di musicaccia melodica italiana anni Sessanta, dei Modugno o dei Villa, s’insinuano nell’ascoltatore (è solo l’icona-Gainsbourg a sublimarli).
Diciamo che è un pezzo divertente: un esperimento che va perfezionato prima d’essere ripetuto, negli anni a venire. L’idea è carina, ma l’esecuzione è un po’ grossier.
Io e te nell’appartamento e Il musichiere 999 chiudono e suggellano un disco che a questo punto ha finito di sorprendere: attendetevi ancora elegante elettronica, sensualità nel canto, testi morbosetti e ritornelli accattivanti, pop gentile in stile-anni Ottanta e qualche deliziosa e personalissima caduta di stile: penso, ad esempio, a questi versi de “Il musichiere 999”: “Certi giorni penso che / voglio odiare I want to hate / copulare in hit parade / ammazzarmi insieme a te / forse un giorno morirò / amplificatore vox / if I die Juliette Greco / all’inferno brucerò / il tabacco di De Andrè e una fica come te / Build the Modern Chansonnier“.
Insoliti, stravaganti, onestamente pop ed elettronici: eleganti e sensuali. Un buon esordio davvero.
BAUSTELLE:
Rachele Bastreghi: voce, pianoforte, tastiere.
Francesco Bianconi: voce, pianoforte, tastiere, chitarra acustica.
Claudio Brasini: chitarra elettrica.
Fabrizio Massara: tastiere, pianoforte, programming.
DISCOGRAFIA ESSENZIALE e BREVI NOTE
La moda del lento, MiMo / Venus, 2003.
Sussidiario illustrato della giovinezza, Baracca & Burattini / Edel, 2000.
Montepulciano, Siena. Seconda metà degli anni Novanta.
Nasce il progetto Baustelle.
Approfondimento in rete: sito ufficiale / Rockit.