Bandini è la voce. Il poeta Fernando Bandini con Dietro in cancelli e altrove raccoglie i versi scritti in mezzo secolo d’attività. Mezzo secolo d’attività poetica che il maestro vicentino, settantaseienne, già docente di Filologia Romanza e di Stilistica e Metrica Italiana all’Università di Padova e di Letteratura italiana moderna e contemporanea a Ginevra, attualmente docente in un corso di laurea alla Bocconi, raccoglie tenendo insieme l’universalismo di temi odierni e la sua morte vissuta in vita. Temi, è ricordato sulla pubblicazione Garzanti, approfonditi “per portarli a un punto di non ritorno”. Il cuore, dopo e in mezzo ai versi ripresentati anche in latino, batte su quel palindromo Aznèciv, Vicenza. Il rifare il Pianeta che imbocca la strada della distruzione, in quel scompigliato frastuono di guerre e immagini affrante, Fernando Bandini lo assume come forma del suo poetare. Latino e dialetto sono due possibilità, si legge fra le pagine. E le poesie pongono sulla mano di lettrici e lettori un’esperienza che è collettiva come intima e personale. “stoltamente sperando che una grazi celeste / mi rimanga impigliata nelle dita”, si tocca dalla chiusa essenziale e drammatica di Voci serali; la speranza che ci sia altro ancora. In Natura morta con mappamondo si sente il vento del cominciare, della linea di principio-inizio di Bandini, una delle voci fondamentali della poesia. In Rappresentazione della mia morte al tempo delle guerre in Medio Oriente, invece, s’entra di già in un’altra dimensione sensoriale. L’espressività capace di dare vita alla morte e morte alla vita morente. In un luogo e oltre non – luoghi che sanno di presente indicato dalla storia. Il volume, ovviamente, è diviso in sezioni. Ma fra Maltempo’ e Altrove’ lo spartiacque è disegnato con un suggerimento delle unghie, un aiuto invisibile. Leggere e rilegge Il viaggio della regina di Saba, in questi giorni bui, da l’effetto che il poeta Bandini aveva intuito giungere. Gli angeli di Fernando Bandini sono figure, e movimenti musicali. Sono natura e assenza. Angeli sempre diversi e somiglianti un poco alle persone in carne e ossa che popolano la linea di confine fra oralità fatta scrittura, pure vivificazione del soggetto e presenza scandita dall’evocazione continuata. Un ritmo che ammette musica, una versificazione servita anche dal contributo di termini poco in voga però non estranei al contenuto dell’opera. Quello che conferma di volere il maestro vicentino e che la speranza non sparisca per l’apertura improvvisa di botole e nascondigli. Dove il destino è abbattuto dall’idea stessa che esso possa darsi un soggiorno nella società odierna. Queste liriche sono un momento, che dovrebbe continuare.
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