Il riso è il filo conduttore di questo libro che conferma le qualità letterarie della scrittrice che, era ora, con questo romanzo entra a far parte della cinquina dei libri finalisti al premio Strega. La vicenda si svolge nell’arco di una settimana: Bianca, anziana proprietaria della tenuta Torricella, chiana l’ex nuora, l’io-narrante del romanzo per comunicarle che ha deciso di nominarla, assieme al nipote Filippo, che sta per divorziare dalla moglie Giulia, la sua proprietà nella speranza che i due si ritrovino insieme, anche sentimentalmente, alla Torricella e diano vita a quella “utopia sociale tanto auspicata” dall’anziana proprietaria. La giovane nuora, in cerca di passini, trova nei luoghi una identità mai ottenuta prima e così il romanzo si snoda sullo sfondo delle risaie, della storia del riso, delle mondine rese celebre dal film Riso amaro con Silvano Mangano. Nel romanzo l’autrice inserisce una figura femminile enigmatica, sfuggente, che si discosta dai canoni classici:è Orientina, che si fa suora e che si fa chiamare Maria Catena. Una donna nata con un solo braccio che scappa dalla tenuta e va a vivere con “Fondo”, un soldato tedesco, rifiutato da tutti e da tutti e con il quale chiuderà la sua esistenza fisica e spirituale. La protagonista verrà anche a conoscere particolari sull’omicidio di un cinese che si era spinto a vivere presso le risaie piemontesi. Storia pubblica (le guerre, il canale creato da Cavour, gli scioperi degli operai) e privata ( il divorzio della protagonista da Carlo, i racconti di Bianca, le vicende di Orientina) si intersecano magistralmente in questo libro della Bosio , la cui scrittura si può definire sublime. La scrittrice ci offre un ritratto di un’epoca che ha segnato sì l’ingresso nel mondo del lavoro delle donne, che sono le vere protagoniste del libro, ma anche il loro sfruttamento e gli uomini come Dante o Albino che si occupa delle chiuse, hanno un ruolo volutamente margine, perché il riso, la sua coltura, il raccolto, appartengono alle donne e la protagonista, “nata in questa terra d’acqua,” vi si ritroverà e, al pari dell’estrosa Bianca, l’amerà perdutamente. E’ un libro, questo, che elogia, anche se ne mette, a volte, in evidenza, la durezza, la crudeltà annidiata fra le case, smontando il cliché “stupida come tutte le convinzioni che la campagna sia un luogo idilliaco”. La “forza” di questo libro risiede in una trama narrativa sapientemente orchestrata, con dei personaggi fortemente caratterizzati, ma soprattutto nella descrizione delle campagne vercellesi, che fanno da sfondo a tutto il romanzo, e ad una scrittura felice. Un libro che merita di essere letto perché regala forti ed intense emozioni.