L’autore, giornalista sportivo de “Il Corriere della sera”, ritorna alla narrativa. A quattro anni di distanza dalla pubblicazione di “Zamora”, suo romanzo d’esordio, ci offre una storia ambientata nel mondo del giornalismo. Protagonista è Giacinto Mortola, redattore sportivo di un grande quotidiano, alle soglie della pensione. Un uomo normale, tranquillo, felicemente sposato con la bella Rita, che dopo un servizio esterno ed una intervista con il centravanti del Torino Simone Perasso, è stato declassato al ruolo di “cucinare” i pezzi in redazione e di fare la ” lunga”. Stare in reazione fino a tarda sera, per aspettare le ultime notizie prima di impaginare il giornale. Deriso, umiliato dal caporedattore Angrisani, Mortola è ugualmente felice lo stesso. Ama la moglie, i figli, la pensione é alle porte, ma la sua vita viene sconvolta quando ricevere, nel corso di una notte, una telefonata con la quale gli comunicano che è morto, in un incidente stradale, l’ex centravanti del Torino Perasso che lui aveva intervistato dopo che aveva realizzato due gol e con i quale era riuscito a mantenere un rapporto di amicizia durato quarant’anni. L’uomo sente che deve fare qualcosa per onorare la memoria dell’ex calciatore morto ed adotta, con un coraggio fuori dal comune, una decisione che farà infuriare il cinico Angrisani, ma riceverà, per la sua scelta, la pubblicazione della storia di Perasso, i complimenti di Antonio Maraudo, il manager del gruppo editoriale subentrato lo stesso giorno. Il libro è un ” viaggio” a ritroso nel tempo, con il giornalista che ricorda la sua giovinezza, l’arrivo a Milano, l’amore per Rita, i suoi due figli, ma è soprattutto la storia del riscatto sociale e professionale di un uomo deriso, controcorrente, dolce, svagato. Come Walter Vismara, il protagonista di Zamora, Giacinto Mortola è un anti-eroe, un uomo normale che non rincorre il successo, che rifiuta la competizione, che accetta il suo ruolo di “cucinare” i pezzi del giornale, anche se declassato. Una sorte di Forrest Gump per il “quale la vita di ogni giorno era una piacevole sorpresa”, accomunato dall’amicizia con il centravanti dalle stesse idee. Il libro presenta una impalcatura narrativa ben costruita, lo scrittore usa volutamente un linguaggio semplice ed immediato e caratterizza molto bene i personaggi, in primo luogo Mortola. La storia narrata è un pretesto letterario che serve a Perrone per mettere bene in evidenza il contrasto fra i mondi del giornalismo e del calcio di ieri, la vicenda è ambientata negli anni ’60 e quelli di oggi, dove domina l’arroganza, dove le persone non vengono giudicate sotto il profilo professionale,ma in virtù di chi li raccomanda. Lo scrittore mette bene in evidenza il contrasto fra i sentimenti, il rigore, la professionalità degli anni passati, nel mondo giornalistico, sportivo e, in senso lato nella vita, con la superficialità, l’approssimazione, il cinismo dei giorni nostri. Una società, lascia intendere Perrone, dove è scomparsa la voglia di scrivere storie vere, dove tutto è falsato. Un mondo dominato dall’apparenza e non dall’essenza.