KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

L’incubo di Darwin

7 min read

 

 

un film di HUBERT SAUPER
dvd + libro “Un microcosmo in bilico”
Feltrinelli Real Cinema 2006
 

 

“Quante volte avete comprato il filetto di pesce persico al supermercato?
Sapevate che per farvelo avere fresco e conveniente hanno distrutto il lago Vittoria, il più grande lago africano?
E sapete  come viene pagato il pesce importato dall’Africa? Con le armi, prodotte da noi e vendute ai signori della guerra che ammazzano, torturano, stuprano.

Non lo sapevate?
Questo film parla appunto di un pesce.. del vostro filetto di pesce persico. E parla anche di guerra, di armi, di povertà, di globalizzazione, come si dice oggi.

Buon appetito.”

Leggendo, sul retro di questo dvd una presentazione di questo tipo potrebbe venirvi voglia di preservare il vostro quieto vivere, di ignorare, di lasciar perdere. Potreste decidere di non guardarlo, perché poi?  Guerre civili, oltraggi al nostro stile di vita, meglio non sapere? Non direi, va guardato. Assolutamente.

Perché è un film necessario. Intanto informa. Non credo che molti sapessero di questa vicenda. Saperlo non cambia le cose ma può, almeno, costruire una diversa consapevolezza. (Qui http://www.spietati.it/archivio/recensioni/rece-2005-2006/i/incubo_di_darwin.htm trovate una bella recensione, qui  una più problematica che ne evidenzia delle ambiguità che io sinceramente non ho notato ma vi segnalo per completezza d’informazione http://www.cinemafrica.org/page.php?article266  )  Quindi sapere.  Io voglio sapere comunque e percepire il “disagio” che le immagini mi comunicano( o anche l’incanto, a tratti, vedrete) fino alle ossa, su per il midollo. E’ un lavoro eccellente che coinvolge arte e informazione, che sa farsi reportage e narrazione.Ci penseremo un momento prima di comprare “pesce persico del Nilo”. Sapremo soffermarci e valutare le conseguenza che questo atto comporta. Credo che lavorare su queste tematiche e questi materiali sia sempre difficili ma ritengo che il risultato abbia un’armonia “poetica” nonostante la tragedia che racconta, capace di travalicare ogni pensabile( e leggermente pelosa) accusa di incongruenza o paternalismo, accuse peraltro che il regista ha ricevuto anche in Francia. Accuse facili, ribaltiamo e nascondiamoci all’ipermercato. “Il nostro tenore di vita non è in discussione” disse tanti anni fa Ronald Reagan, e credo sia rimasto il motto dei presidenti americani, e che questa frase scellerata abbia attecchito come erba amara anche in Europa e non solo. Non discutiamo, continuiamo ad afferrare e consumare, produrre, consumare, deglutire, cagare. Continuiamo. Possibile desiderare questo? Dobbiamo accettare lo sgomento, lo slittamento delle certezze, le percezioni che giocano a dadi con le nostre solide, marmoree protezioni. Sapere e filtrare.
Se rifiutiamo di “sapere” che tipo di futuro possiamo immaginare? Come riusciamo a gestire la collera, il dolore, il caos che ci circonda se ci allontaniamo da ogni comunicazione che può disturbare? Adesso io mi pongo domande più precise, incalzanti. Dovremmo Porcele, oltre a perseguire il nostro benessere, il nostro tenore di vita. Cosa comporta la semplice scelta di quello che mangiamo.

Il regista, nel libro allegato al dvd racconta la genesi di questo documentario commovente, terribile,  capace davvero di “dirci” degli altri, dello loro vite, della loro FAME, ci sono dentro gli ALTRI in questi fotogrammi, il regista lo sa e noi sappiamo che è in grado di farceli vedere: un documentario feroce ,delicato e spietato che fa sentire formiche impotenti, certo, vittime di disegni feroci e dissennati ma che SVELA. Il segreto è questo, lo svelamento.  Questo è il punto cruciale. Di che cosa poi lo vediamo. Di che cosa poi, ognuno potrà fare la verifica autonomamente.
Durante gli anni sessanta, nel cuore dell’ Africa, nel lago Vittoria, fu introdotta artificialmente- per un semplice esperimento scientifico- una nuova specie di pesce. Il risultato fu che la “Tilapia del Nilo”( Nile perch) in breve tempo provocò l’estinzione di quasi tutte le razze ittiche locali: questo vorace predatore d’acqua dolce si è moltiplicato così rapidamente che il suo filetto bianco oggi viene esportato in tutto il mondo. Enormi cargo ex sovietici atterrano ogni giorno nella zona per caricare il pescato quotidiano e scaricare le loro merci dirette al Sud…Sono fucili Kalashnikov e munizioni  per le innumerevoli guerre dimenticate che si combattono nel cuore del continente africano.”
Attorno a questo pesce, si muovono, apparentemente protetti e in sordina, sordidi traffici criminali. E intanto in Tanzania, soprattutto nella parte centrale, quella più impervia e dove sopravvivere  è ANCORA più difficile, si muore, infatti, si muore di virus( e quando si parla di virus è l’HIV e) di fame. Si muore di fame dove non arrivano le LISCHE di quel pesce che per sovietici, canadesi ed europei lucrosi acquirenti o “barattatori” con armi e bombe viene preparato in maniera “ineccepibile” e “perfetta”,  dove non arrivano gli scarti. Ce li fanno vedere: l’asettica ineccepibile preparazione dei filetti, la fabbrica, poi, all’imbrunire, quasi vergognandosi, in sordina, esce un camioncino con quello che milioni di europei buttano via che sfama milioni di africani. Che se lo litigano, che lo prendono e lo guardano con piacere, come un trofeo, una boa di salvataggio, hanno salvato la giornata, una di quelle interminabili giornate dove il problema di mettere insieme il pranzo con la cena è un problema reale e pressante. Perché in Tanzania, dove l’AIDS è endemico, i pescatori possono morire mentre cercano di afferrare un pesce e si distraggono, divorati da un alligatore e si vive con meno di un dollaro al giorno. Quando va bene. Lo svelamento di questo film riguarda- certo- la catastrofe ecologica,  la distruzione dell’ecosistema e la pervicacia delle associazioni internazionali nell’ignorare questa terribile tragedia che coinvolge natura, persone, storia, presente e futuro. Ma lo svelamento è quello di un popolo, magnifico. Come sono belle le persone di cui nel film ci vengono narrate le storie. Parlano tutti un inglese ottimo. C’è il pittore che è stato uno dei “bambini di strada” e adesso dipinge le piccole vite di bambini che sniffano colla, di mendicanti che se non mettono insieme qualche spicciolo devono prostituirsi, di lotte e botte per niente. C’è la bellissima prostituta Eliza, che non viene MAI chiamata prostituta, ma” compagna delle notti di tanti piloti” per …10 euro! Eliza racconta qualcosa di se, Eliza canta, la vediamo varie volte, in varie occasioni, attraverso la sua storia lo svelamento diventa una messa a nudo imbarazzante per noi nei nostri comodi e preziosi appartamenti, noi nei nostri tinelli ripuliti, noi che mangiamo persino troppo, che ci tuffiamo voraci su ogni cosa, una messa a nudo imbarazzante per i nostri problemi sul comprare a rate una televisione al plasma o un nuovo palmare, Eliza che vorrebbe tornare a studiare, Eliza che si muove con grazia felina, Eliza che alla fine, ci viene detto “muore, uccisa da un cliente australiano”. Sicuramente impunito. La vita in Tanzania vale poco. I “barattatori “di morte che vanno a prendere i filetti di persico godono dell’impunità dei predatori, della libertà assoluta e totale dei forti, dei PIU’ forti. Per raccontarci tutto questo la troupe ( della quale- e l’ho scoperto dopo averlo visto, come consulente artistico SUL POSTO faceva parte lo scrittore americano e poeta Nick Flynn, autore del magnifico “Un’altra notte di cazzate in questo schifo di città“, Mondatori e di cui se date un’occhiata a questo link http://scritture.blog.kataweb.it/francescamazzucato/2006/02/nick_flynn_inte.html potete leggere l’intervista esclusiva bilingue che ha rilasciato a Books and other sorrows, dove in effetti parlava di questo lavoro, ma non avevo collegato) ha dovuto vivere accanto a questi protagonisti delle piccole, grandi storie che vi ho raccontato. Racconta ancora il regista:” Dovevamo restare molto vicini ai nostri protagonisti e seguire per lunghi periodi le loro vicende. Oggi sento che loro sono una parte fondamentale della mia vita. Quando ti trovi davanti a certi contrasti e contraddizioni, la realtà può diventare eccessiva…Girando in Tanzania non abbiamo mai potuto presentarci come una troupe regolare. Per poter volare sui cargo abbiamo dovuto fingere di essere piloti o facchini e mostrare documenti falsi.. La forma definitiva delle società del futuro sembra essere quella della “democrazia dei consumatori”, che viene considerata buona e civilizzata. Dal punto di vista darwiniano ha trionfato il sistema buono che ha vinto grazie alla capacità di convincere i suoi nemici oppure di eliminarli. In “L’incubo di Darwin” ho cercato di trasformare la bizzarra storia del trionfo di una specie ittica e dell’effimero boom generato da questo pesce adatto, in una allegoria ironica e terrificante di quello che viene chiamato il Nuovo Ordine Mondiale. Avrei potuto fare lo stesso tipo di operazione in  Sierra Leone, solo che lì al posto del pesce ci sarebbe stato un diamante, in Honduras una banana mentre in Libia, Nigeria e  Angola ci sarebbe stato il petrolio”.

 

Scritto e diretto da Hubert Sauper

Collaborazione artistica Sandor Rieder, Nick Flynn

Prodotto da

Mille et une production, Parigi

Coop 99 Film Produktion, Vienna

Saga Film, Bruxelles 2004

 

Con il sostegno di

Centre National de la Cinematographie (CNC) Parigi.

 

L’incubo di Darwin è stato candidato all’Oscar come Miglior Documentario e ha vinto moltissimi premi.

Commenta

Nel caso ti siano sfuggiti