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Ti porterò nel sangue – Chiara Palazzolo

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Una minaccia dolce come una promessa d’amore: “Ti porterò nel sangue”. Questo il titolo scelto da Chiara Palazzolo ad annunciare l’ultimo episodio della trilogia horror di Mirta/ Luna.

Visionario e trascinante come i due romanzi precedenti, il racconto conclusivo delle vicissitudini di Luna si arricchisce ulteriormente di spunti esoterici e storici. Di personaggi misteriosi, e fino ad ora rimasti nell’ombra, le cui vite costituiscono già di per sé una storia nella storia. Quasi un metaromanzo, insomma, che col suo gusto quasi “filologico” per la ricostruzione delle vicende, va a sostenere un impianto fantastico che non conosce requie nè cedimenti.

Al centro di tutto, come sempre, Luna. La ventenne fragile e svagata che abbiamo visto crescere e formarsi nel corso della trilogia. Colei che la morte ha plasmato donna e guerriera, sensuale e violenta, razionale pur nell’irruenza che la contraddistingue.

L’avevamo lasciata, in “Strappami il cuore”, assassina inconsapevole, vessata da una fame insaziabile di vita pulsante ed amore, dipendente dalla carne viva come in vita lo era stata dall’eroina. La ritroviamo invece, in “Ti porterò nel sangue”, consapevole e piuttosto controllata, ormai al soldo di Gottfried il cavaliere teutonico, proseguire sul cammino d’allontanamento dalla vita. La rabbia dell’inizio, trasformata in cinismo, in un progressivo distacco emotivo e spirituale che le servirà proprio a chiudere definitivamente col passato, compiendo la propria vendetta e facendo chiarezza circa la nuova condizione di sopramorta. Poi via.

Via dalla confusione dei sentimenti, in cui il passato si sovrappone ad un presente turbolento, trasfigurato dallo stordimento e dai ricordi. Ma anche via dai combattimenti e finalmente da Mirta. Un allontanamento necessario che ci parla della psicologia della protagonista, conducendoci dunque al carattere riflessivo ed introspettivo della narrazione.

Introspezione che in questo caso si addentra pure in ambito filosofico. Gli spunti della riflessione, in effetti, emergono soprattutto dai dialoghi tra Luna e Gottfried e ci riconducono alla natura del Male ed all’umana fascinazione verso di esso, alla sua origine intrinseca, alla sua irresistibilità. E di questo Male, i sopramorti – che si muovono tra i vivi, in una totale mimesi e finzione, e che dai vivi traggono sostentamento e giustificazione – sono l’incarnazione senza respiro. I sopramorti sono appunto, usando le parole pronunciate dalla stessa protagonista, un “male necessario”, monito per i viventi che ad esso non sanno sfuggire.

È questo il filo di pensieri e considerazioni che conduce direttamente a tracciare un parallelo tra i sopramorti di Chiara Palazzolo ed i vampiri newyorkesi, protagonisti del film “The Addiction” di Abel Ferrara. In entrambi i casi troviamo l’elegia dei non-morti, schiavi e ministri di culto di quella volontà di compiere il male che travolge e tenta i viventi. Scagliati nel loro mondo, condannati a proteggerli salvo poi ucciderli per cibarsene, in un gioco sempiterno e perverso. Annichilente.

Rendersi conto di questo segna infatti per Luna il disincanto finale,  forse l’autentico momento di passaggio alla propria maturità di sopramorta. Quasi una perdita d’innocenza dunque, che va di pari passo con la scoperta di intrighi e risvolti misteriosi all’interno dell’organizzazione di guerrieri capeggiata da Gottfried. Una progressiva, persino amara, acquisizione di conoscenza e consapevolezza che l’accompagnerà, fortificandola, fino alle ultime pagine

Così la nostra Luna pare destinata a tramontare, laddove tutto era iniziato con la morte, in quiete e silenzio, dopo tante follie e grande spargimento di sangue. Io credo però vi siano in questo romanzo troppi spunti ancora aperti, troppi conti rimasti in sospeso, per chiudere la narrazione. Come ogni film dell’orrore che si rispetti anche questo libro termina con un finale che sembra solo una pausa, che lascia il lettore con molti dubbi ed altrettante cose da sapere.

Cosa nasconde precisamente Gottfried? Quali i suoi progetti? E che ne sarà di quel “qualcosa che non è amore perché è più dell’amore”? Troppe cose importanti e focali da sapere, perché l’autrice non dia loro risposta. Lo spero.

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