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Hyperversum – Intervista a Cecilia Randall

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Tra le novità uscite poco prima di Natale dell’ormai scorso anno c’è un titolo che fonde Fantasy, Storia e un pizzico di Fantascienza di un’autrice esordiente – titolo che è riuscito a ritagliarsi in pochissimo tempo un grande gradimento di lettori e un buon successo di vendite. Sto parlando di Hyperversum (Giunti Editore) scritto dalla “misteriosa” Cecilia Randall. Il nome, che farebbe pensare ad un autrice straniera, è in realtà lo pseudonimo di una persona italianissima che, molto gentilmente, si è resa disponibile ad una nostra intervista.
E la prima domanda è – ovviamente – chi è, nell’immaginario letterario, Cecilia Randall e chi è, invece realmente, l’autrice dietro a questo nome.

 

Cecilia Randall è lo schermo dietro il quale si nasconde una persona timidissima, che fa ancora fatica a credere che quel libro sugli scaffali delle librerie sia proprio una delle sue favole. Nella realtà, la Cecilia dietro la maschera è una tranquilla web designer, grafica e illustratrice, con alle spalle una laurea in lingue straniere e in master in comunicazione. Insomma, una che ha passato gran parte della sua vita sui libri e sui fogli da disegno…

 

Come è nato un romanzo ampio e complesso come Hyperversum? L’idea iniziale (la “spinta” che fa partire tutto) è semplice e avvincente, ma la struttura dell’opera è davvero così articolata, piena di colpi di scena, e ricca di dettagli storici, che è quasi impossibile credere che sia un’opera prima. Quanto lavoro c’è dietro ad un libro come questo? Come ci si organizza per pianificare un’opera di quasi 800 pagine di questo tipo?

 

Hyperversum è nato davvero da un’idea semplice, dal pensiero che almeno una volta tutti i giocatori di ruolo fanno durante una partita: “e se questa avventura mi capitasse davvero?”. Io ho semplicemente voluto vedere cosa potrebbe succedere a un gruppo di giocatori se questa eventualità si realizzasse sul serio.

Per il resto, mi è difficile parlare di “organizzazione”, perché tutto ciò che scrivo nasce in modo molto istintivo e Hyperversum non ha fatto eccezione. Ogni volta non c’è niente di pianificato, almeno non all’inizio. Parto da uno spunto che mi intriga e poi continuo a meditarci sopra aggiungendo pezzi, sviluppi e dettagli. Butto giù una scena, di solito cruciale per l’azione (non parto mai dall’inizio della storia!), e poi vedo se mi convince. Solo quando capisco che la trama mi appassiona davvero, mi fermo a organizzare il lavoro: raccolgo informazioni, faccio le ricerche necessarie, chiarisco i dettagli e poi procedo con ordine. Quando arrivo a quel punto, però, la storia ormai è già quasi completa nella mia testa e difficilmente subisce cambiamenti.

Non so se è un pregio o un difetto, ma normalmente non faccio mai canovacci, schemi o scalette degli avvenimenti, perché la trama di solito mi è chiara. Piuttosto mi ripasso mentalmente l’intreccio, le scene e i dialoghi, più e più volte. Se continui ad analizzare una storia da tutte le angolazioni possibili, difficilmente ti sfugge qualcosa: i nodi prima o poi vengono al pettine e a quel punto capisci cosa è necessario correggere o modificare.

Il numero di pagine poi non è davvero pianificato. Tante o poche, scrivo quelle che mi sembrano necessarie: ammetto però di essere una che non ama porsi limiti di pagine, quindi le mie storie tendono a essere lunghe.

 

Nel tuo romanzo tutti i personaggi (sia quelli principali, sia quelli secondari) hanno tratti caratteriali/comportamentali completi ben delineati, che li rendono nello stesso tempo “reali” e (almeno alcuni) “archetipi” a cui è facile (come lettori) affezionarsi o che è altrettanto immediato (letterariamente) odiare. Ci puoi parlare, senza svelare troppo della trama, di come è stato creato il “gruppo base” e le figure più “forti” della storia?

 

Non amo gli eroi solitari e non sopporto gli eroi perfetti, quindi tendo a inventare squadre di almeno tre-quattro personaggi, all’interno delle quali posso aver modo di sottolineare pregi e difetti di ciascun componente. I ruoli si definiscono spontaneamente, di solito per contrasto. Tutti conosciamo gli archetipi che stanno dietro ogni personaggio di un libro, la parte più divertente è ricamarci intorno, adattarli a ciò che ho in mente e vedere quali tipi stanno bene uno accanto all’altro. È come arredare una stanza; man mano che aggiungi i componenti capisci quali sono gli elementi che si accordano, se devono essere simili tra loro oppure in contrasto, quali sono i “punti luce” che focalizzeranno l’attenzione su di sé. Come per le trame, anche per i personaggi io non pianifico mai niente, conosco i soggetti poco alla volta, man mano che parlano e che si muovono sulla scena. Certo, fin da subito decido le caratteristiche dominanti di un personaggio, a maggior ragione quelli del protagonista e dell’antagonista, ma poi le sfumature vengono poco alla volta. Io aggiungo elementi e dettagli gli uni sugli altri finché non arrivo al punto in cui so esattamente come reagirà quel determinato personaggio in ogni situazione. Da lì in poi non ho più bisogno di sforzarmi: il personaggio fa tutto da solo.

 

Lo sviluppo della storia è fortemente legato ad un periodo e a una collocazione storici ben precisi. Cosa ti ha spinto a scegliere quella ambientazione e non un’altra (magari precedente o successiva)?

 

Ci sono molte ambientazioni storiche che mi appassionano, una di queste è sicuramente il Medioevo e in particolare il periodo compreso tra i secoli XII e XIII. È il medioevo dell’amore cortese e quello in cui la cavalleria era al massimo della sua forza ideale. Non volevo un Medioevo cupo e dominato dal senso della morte, come quello che ritroviamo dopo la grande tragedia della peste, quindi ho cercato un momento di relativa luminosità. Allo stesso tempo, ho voluto una collocazione geografica diversa da quella inglese, ormai arcinota visto che il periodo in oggetto è dominato dalla figura di Riccardo Cuor di Leone. La battaglia di Bouvines, che ebbe luogo in Fiandra il 27 luglio 1214, era ideale per fare da sfondo all’intrigo che avevo in mente e da lì poi ho definitivamente deciso l’ambientazione storico-geografica della mia trama.

 

Il taglio che hai usato per la tua opera è molto cinematografico, e la narrazione scorre rapidamente senza lasciare mai che l’attenzione del lettore si abbassi, miscelando in modo accorto azione e descrizioni storiche. Qual è il lettore tipo (come target di età o interessi) che ti sei immaginata scrivendo? e quanto, secondo te, è l’influsso di una certa cultura mediatica contemporanea nel tuo scrivere? Sappiamo anche che sei una appassionata di Manga e una giocatrice di ruolo – quanto anche questi due tuoi aspetti influiscono, nel caso, sul tuo stile e sul modo in cui la storia è organizzata?

 

Sono io la prima lettrice a cui mi rivolgo e quasi sempre sono anche l’unica. Scrivere è il mio hobby, il mio modo di rilassarmi, e prima di Hyperversum ho sempre tenuto gelosamente custodite nel cassetto le storie che invento. Al massimo le ho condivise con pochissimi amici fidati (si contano sulle dita di una mano). Scrivo per il mio piacere, mi invento le avventure che vorrei leggere, mettendoci dentro tutto ciò che mi aspetto di trovare, perciò di sicuro le ispirazioni mi arrivano da quello che amo di più: i manga, il cinema (specie i film d’avventura e “cappa e spada”!), i cartoni animati. Sono tre fonti di ispirazione accomunate da un ritmo di solito veloce e da cambi frequenti di scena. Con questo non voglio dire che cerco di riprodurre lo stesso ritmo nel mio modo di scrivere, è un’influenza inconscia di cui mi rendo conto adesso che mi viene fatta notare. La mia passione per il gioco di ruolo invece ha sicuramente ispirato l’inizio di Hyperversum, l’azione basata su un gruppo di protagonisti e il personaggio di Daniel. Anch’io quando gioco nelle avventure fantasy interpreto sempre il ruolo del ladro!

 

Senza volere svelare nulla, possiamo però dire che il finale dell’opera è palesemente “aperto” e fa ben sperare per uno o più seguiti. E’ possibile sapere (anche qui senza “svelare” troppo) cosa possiamo aspettarci in sviluppi futuri? E – secondo te – al di là di un nuovo romanzo – potrebbero esserci eventuali spin-off (anche solo come racconti) per completare o integrare parti che potrebbero essere ampliate?

 

Io non smetto mai di raccontarmi favole, è il mio hobby, quindi non faccio altro che inventare storie quando ho un po’ di tempo libero. Mentre lavoro a una storia e anche dopo averla finita, è naturale per me immaginare il passato e il futuro dei personaggi (e non solo dei principali). Per me Hyperversum va molto al di là della trama che è stata pubblicata, è un intero mondo con i suoi sviluppi diretti e collaterali, in cui possono accadere molte cose. Io mi sono fatta tante idee in proposito, ciò nonostante è ancora troppo presto per dire se il libro Hyperversum avrà mai un seguito ufficiale o uno spin-off. Vedremo…

 

Ah, “leggende” dicono che prima della splendida versione che è possibile trovare in libreria in questi giorni, esisteva un “Hyperversum”-manoscritto che aveva in più qualcosa. Non tanto parti di testo, quanto immagini. Come sono nate quelle tavole?

 

Durante la stesura di Hyperversum, Simonetta, una mia carissima amica nonché lettrice fidata delle mie storie e ottima disegnatrice, si era appassionata così tanto alla vicenda da regalarmi una serie di disegni a matita ispirati ai personaggi. Quando ho completato la storia, ho deciso di rilegarne alcune decine di copie (forse ispirata dal mio lavoro quotidiano di grafico) per fare i regali ad amici e parenti in occasione del Natale, compleanni e altre ricorrenze. In quei manoscritti rilegati ho inserito anche i disegni di Simonetta, che adesso hanno inaugurato la galleria web dei disegni degli amici nel sito di Hyperversum.

 

Quali sono, se ce ne sono attribuibili in questo modo, i tuoi “modelli letterari” (o comunque “artistici”) di riferimento. E/o quali sono, più semplicemente, i tuoi autori preferiti, sia nel settore in cui ti sei cimentata con questo romanzo, sia in altri settori che normalmente leggi?

 

I primi romanzi che ho letto in vita mia appartenevano ai classici dell’avventura e credo che abbiano lasciato l’impronta, almeno nella passione per gli intrecci avventurosi: i libri di Salgari e di Dumas, il ciclo di Re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda, Ivanhoe, La freccia nera… Crescendo, però, non più avuto autori preferiti. Ho letto e leggo di tutto. Vado a momenti e leggo quello che mi ispira, dal Commissario Montalbano a Harry Potter.

 

Tenendo conto che, anche se suona un po’ strano dirlo con davanti un libro come Hyperversum, sei una autrice “esordiente” e che una parte dei nostri lettori sono (anche solo per hobby) scrittori – c’è qualche consiglio su cosa fare o su cosa NON fare per arrivare ad avere (almeno nel cassetto) un opera davvero “valida” con la quale poi eventualmente proporsi ad una casa editrice? Quant’è, ad esempio, il tuo tempo dedicato all’attività di scrittura (nonostante il fatto che questa attività non sia quella “principale”), come si può “non perdersi” in centinaia di pagine di svolgimento o come, soprattutto, si può mantenere uniforme lo stile in un romanzo così ampio? O ancora, c’è un “beta-tester” a cui fai leggere quanto scrivi (durante la stesura) e/o quanto tempo dedichi alle rifiniture o all’editing (e in che fase della creazione dell’opera)?

 

Non ho certo l’esperienza per poter insegnare un metodo per creare una trama. Posso solo raccontare cosa funziona nel mio caso. Quando invento una trama cerco di chiedermi il “perchè” di ogni singolo fatto. Perché una cosa accade in quel momento e non in un altro, perché un personaggio agisce in un determinato modo, perché fa una scelta o perché dice quella frase. Se la motivazione che mi do non è più che plausibile, allora quel punto va migliorato o rifatto. In una trama non devono mai esserci avvenimenti immotivati, almeno io la penso così. A forza di domande io ripasso costantemente tutti i fili dell’intreccio e questo mi aiuta a non perdermi durante lo svolgimento. Per lo stesso motivo (ma anche perché scrivo innanzitutto le storie per me, per potermele poi raccontare), stampo e rileggo costantemente la storia man mano che la scrivo. È un altro modo per scoprire eventuali “fili interrotti” e aiuta anche a mantenere lo stile uniforme, perchè inevitabilmente si  correggono e ritoccano frasi che non convincono più.

Poiché scrivere è il mio hobby, dedico a questa attività il tempo libero, quello che mi ritaglio la sera dopo il lavoro, nel week-end o in vacanza. Da un paio d’anni ho scoperto quanto è comodo scrivere sul divano con un portatile, magari mentre “ascolto” un film o qualche programma televisivo, oppure in giardino con un po’ di musica.

Non c’è nessun beta-tester perché sono troppo timida per far leggere qualcosa prima di essere io stessa soddisfatta del risultato. Quando arrivo a mostrare un testo a qualcuno, la storia è già nella sua forma definitiva. Magari non l’ho ancora scritta tutta, ma ideata sì; mi manca solo la stesura e tutti i “perché” hanno di sicuro già trovato risposta.

Casomai, qualche volta mi faccio aiutare dai lettori fidati a fare editing, una cosa che cerco di fare già in fase di rilettura, ma che ha assolutamente bisogno di “occhi esterni” per essere davvero efficace.

 

Come hai accennato, sappiamo che oltre alla scrittura tu hai un’altra attività artistica – il disegno – che ti interessa molto. Quali sono i tuoi eventuali progetti in quest’altro settore?

 

Per ora non ho progetti all’orizzonte. Ogni tanto il mio lavoro mi consente di disegnare e ne sono sempre felice. Lavorare con la matita mi dà soddisfazione altrettanto che lavorare con le parole.

 

Chiudiamo questa intervista con due domande – la seconda delle quali, forse un poco interessata. Quali sono i riferimenti sul web per “seguire” Hyperversum o per avere informazioni extra su quest’opera? e quali sono gli altri progetti letterari (al di là del “ciclo” Hyperversum) a cui hai partecipato o stai partecipando?

 

Esiste un sito ufficiale (www.hyperversum.com) che si sta via via riempiendo di contenuti e sicuramente sul quelle pagine verranno annunciate tutte le novità future relative al libro. Riguardo ai miei altri progetti letterari, sono stata fiera di partecipare con un racconto (e col mio vero nome!) all’antologia “L’ombra del Duomo” edita da Larcher e pubblicata di recente. Anche per questo libro esiste un sito ufficiale http://lombradelduomo.blogspot.com, un blog in cui trovare tutte informazioni.

 

Grazie per la disponibilità e a presto.

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