NEL NIENTE.
“Vorrei rientrare nella notte che non è la notte, nella notte senza stelle, nella notte senza dèi, nella notte che non ha mai portato il giorno, nella notte immobile, muta, intatta, nella notte che non è mai esistita e non esisterà mai. Così sia” ( Pierre Drieu La Rochelle, “Diario 1944-1945”, 17 ottobre ).
Ultime pagine scritte da un uomo che non sentiva più d’essere un uomo.
Drieu La Rochelle compone il “Racconto segreto”, accorpato nell’edizione italiana ad altri tre frammenti diaristici, mentre sta per consegnarsi alla morte. Il suicidio non è più un pensiero vago, è una decisione assunta con fermezza; ha cessato d’essere l’illusione di attingere a una segreta e più autentica fonte interiore: è la destinazione invocata e la meta desiderata con un’intensità tale da spingere l’artista a cercarne chiari segni nel suo passato, sin dagli anni dell’adolescenza. È un libro, questo, estremo e già insanguinato: c’è la storia d’una anima che ha vissuto vagheggiando un’esistenza che non ha mai realizzato, c’è la rabbia di uno scrittore che ha rinunciato ai propri sogni e alle proprie ambizioni perché, d’un tratto, ha smesso di credere nel significato della ricerca letteraria, lasciando incompiuto l’ultimo romanzo; c’è la desolazione di un intellettuale che ha deciso di schierarsi con gli aggressori dopo aver auspicato un utopistico socialismo che fosse fusione di nazionalismo e internazionalismo, e si è ritrovato a testimoniare le ceneri dell’Europa, massacrata da Hitler, e la vittoria di sistemi politici e dogmi culturali che sentiva estranei e giudicava pericolosi per il futuro della sua patria: comunismo e capitalismo.
Non credeva più nell’arte, non credeva più nella politica, non aveva più fede nelle parole. Drieu La Rochelle descrive il suo distacco dall’umanità: questo libro è la storia d’uno spirito che sta sprofondando nel niente, e agogna d’esser niente. D’una lucidità schiacciante, d’un nitore espressivo che sgomenta, d’una purezza che annienta, “Racconto segreto” è l’ultimo martirio che l’intellettuale francese s’è imposto prima di andarsene: una sensazione di solitudine insopprimibile e soffocante permea la narrazione, e tormenta e intossica il lettore. “Da ragazzo ho giurato a me stesso di restar fedele alla mia giovinezza: un giorno ho cercato di mantenere la parola” . Restar fedeli alla propria giovinezza significa rifiutare (non solo odiare) la vecchiaia: come il futuro protagonista della “Dissipatio Humani Generis” di Guido Morselli, Drieu aveva deciso di uccidersi a cinquanta anni. Disgustato dall’avidità con la quale ci si poteva uncinare alla vita, nonostante il decadimento esteriore e la chiara coscienza del sopraggiunto dominio del compromesso con le proprie contraddizioni e i propri limiti, aveva troppo sofferto nell’osservare, bambino, il disfacimento e la progressiva “decomposizione” (così scrive) dei nonni. Non voleva cedere alla pietà di se stesso: non voleva conoscere la vecchiaia. Nato “malinconico e selvatico”, e naturalmente propenso all’isolamento e alla solitudine, era vissuto, nell’amarezza d’una situazione domestica insostenibile, soverchiato dal fascino del suicidio: fascino devastante e irresistibile, prima ombra, poi spettro, infine sogno. E a un passo dall’incarnazione di questo sinistro sogno nella realtà, Drieu scrive le ultime parole. Il suicidio è ricercato con un piacere e un’intensità che sembrano addirittura spasmodiche: è, appunto, agognato.
Drieu comprende, a un passo dall’addio, che la solitudine è il cammino che conduce al suicidio. “Nella solitudine assoluta si prova un piacere unico, superiore a tutti gli altri, si gode pienamente il mondo e la vita; è il solo modo per gustare sino in fondo un fiore, un albero, una nuvola, gli animali, gli uomini, anche quando passano lontano da voi, e le donne; ma è anche la china per cui ci si allontana definitivamente dal mondo” .
Il suicidio è l’estremo atto di protesta, la totale e perfetta ribellione: è l’ultimo atto d’una “curiosità magica, teurgica, che sogna di compiere imprese, di abbattere barriere”: chi ascolta il canto del niente, del niente non può più liberarsi; al niente, egli apparterrà in eterno.
È subentrata, in Drieu La Rochelle, una sdegnosa indifferenza alla vita.
Soltanto, esige la morte. Si consegna al niente, stanco della prigionia nella realtà. Rimane spazio, negli ultimi frammenti pubblicati postumi in questo volume, per considerazioni d’argomento politico e ideologico, destinate, parrebbe, ad anticipare e sintetizzare quel che lo scrittore avrebbe affermato nel corso del suo processo. Cosa avrebbe realmente sostenuto di fronte al tribunale non lo sapremo mai.
Non so quanto sia stato opportuno divulgare le ultime pagine d’un uomo così annientato, e stanco di tutto. Mi piace pensare che La Rochelle abbia almeno contemplato l’ipotesi che queste sue ultime considerazioni fossero stampate postume, e che la loro pubblicazione non sia stata un’arbitraria intrusione nei suoi segreti. Questo libro, aperto a distanza di sette anni dalla prima lettura, torna sugli scaffali per non essere mai più aperto. Non voglio bagnarmi del sangue di chi è morto maledicendo tutto. Non più.
(l’abisso è un delizioso oltraggio alla vita: ritorna la morte nel sogno, la notte).
Altri sentieri di lettura.
Il letterato Malraux, fraterno amico di La Rochelle, interrogato da Grover a proposito delle ragioni del suo suicidio, rispose: “Il fallimento per lui non era determinante; metafisicamente, Drieu ha detto: Ne ho abbastanza. In fondo, quando un uomo coraggioso non ha una fede, può facilmente uccidersi. Récit segret offre troppi motivi per un atto che non si può spiegare. Se si scrive di una decisione presa, il colore sarà forse giusto, ma non i particolari del disegno: ancora una volta, queste sono cose che non si possono spiegare. È come il perché dell’amore: la totalità delle ragioni non è la ragione” [1] .
Carlo Bo , nella prefazione al “Racconto segreto”, afferma: “Drieu ha cantato – non si dice nulla di nuovo – come nessun altro scrittore del suo tempo il fallimento totale delle ambizioni umane e dei sentimenti. Ma in questa spietata caccia, in questo infinito processo non lo coglierete mai nell’atto di registrare freddamente le sue profezie: c’è una parte di pietà, c’è una parte autentica di partecipazione che costituisce finalmente il dato principe della sua salvezza, e anche ciò che lo salva dal fallimento” [2] .
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“Perché il nulla…stavo per dire ‘perché il nulla è un concetto assurdo’. Ma esiste veramente un’antitesi tra queste due parole misteriose come ‘ignoto’ e ‘nulla’? E poi che cos’era in realtà quel che chiamavo il ‘nulla’? Non era in fin dei conti un luogo dolcissimo, quindi qualcosa di ancora vivo, di immerso nella vita, anzi in una vita dolce e rallentata, qualcosa come l’inizio del sonno, come i grigi Campi Elisi di cui parla Virgilio?” ( Pierre Drieu La Rochelle, “Racconto segreto” ).
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Pierre-Eugène Drieu La Rochelle (Parigi, 3 gennaio 1893 – Parigi, 16 marzo 1945), romanziere e saggista francese. Esordì nel 1917 con “Interrogation”.
Partecipò ventenne alla prima guerra mondiale, fu collaborazionista nella seconda. Direttore, in quegli infelici anni, della Nouvelle Revue française, morì suicida, rifiutando (o evitando) d’essere processato per la sua adesione al nazismo .
Pierre Drieu La Rochelle, “Racconto segreto”, Longanesi, Milano, 1965. Traduzione di Alfredo Cattabiani. Prefazione di Carlo Bo.
L’edizione ospita altri frammenti, intitolati “Diario 1944-1945”, “Esordio”, “Appunti”: ultime testimonianze dell’arte e dell’intelligenza di Drieu La Rochelle.
Prima edizione: “Récit segret”, Gallimard, Paris 1961.
Approfondimento in rete: Pierre Drieu La Rochelle Est Toujours Parmi Nous .
[1] Testimonianza estratta da “Su Drieu La Rochelle – Conversazione tra Frédéric Grover e André Malraux (giugno 1959), conversazione integrata nel volume: Pierre Drieu La Rochelle, “I cani di paglia”, Guanda, Milano, 1982. Il passo estrapolato è stato tradotto da Stefano Magagnoli.
[2] Frammento selezionato dal volume indicato in bibliografia, pag. 19.