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Intervista con Cry Baby

8 min read

Sabina Meyer e Alberto Popolla

È uscito l’album dei Cry Baby, “Under Cover Of Night” per Filibusta, accompagnati da Ferdinando Faraò e con special guests Eugenio Colombo e Gio Mancini. L’album si muove su linee di basso ipnotiche, compresse, riverberi e delay, un tappeto sonoro sul quale si adagiano le suadenti melodie di una voce eterea ed emozionante. Una visione musicale potente costruita attraverso composizioni e testi originali, “Run”, “Stay”, “Come”, “Winter”, “Rock”, “Sun”, “Rock”, “Evening” dedicati al grande tema dell’amore incondizionato che scava nei solchi della nostra solitudine, ci inabissa e ci esalta. Cry Baby è anche un omaggio a Nina Simone, Joni Mitchell e Robert Wyatt reimmaginati nella loro essenza e incastonati tra fluide suite improvvisate. Il progetto ideato da Sabina Meyer e Alberto Popolla, con l’apporto alla batteria di Ferdinando Faraò ad aggiungere suoni, effetti e ritmo in un caleidoscopio musicale di rara intensità, elabora una sorta di psichedelia intimista, dove le suggestive melodie vengono sorrette e venate da suoni bassi, in un continuo intreccio estatico, tra consonanza e dissonanze. Un songbook sorprendente.

Sabina Meyer: voce, basso
Alberto Popolla: basso, clarinetto, chitarra
Ferdinando Faraò: batteria

 https://www.ird.it/negozio/CRY-BABY-Under-Cover-Of-Night-p695918266

Filibusta Records – 2024

www.sabinameyer.com

https://impropop.noblogs.org

https://www.facebook.com/profile.php?id=61561641143555

Intervista

Davide

Ciao. “Under the cover of night” è il vostro primo album? Come e quando nasce “Cry Baby”?

Cry Baby (Sabina/Alberto)

Alberto – Con Sabina abbiamo avuto già diverse esperienze musicali in passato, in particolare un trio di improvvisazione libera con David Ryan, clarinettista inglese. Proprio in uno degli ultimi concerti di questa formazione, su proposta di Sabina, abbiamo inserito un brano tradizionale all’interno del repertorio e da lì è nata l’esigenza e la voglia di sperimentarci su vere e proprie canzoni.

Davide

Il nome che vi siete dato è forse un omaggio a Janis Joplin, oppure al mondo diviso in regolari e ribelli (squares e drapes) nel film Cry-Baby con Johnny Depp o cosa?

Cry Baby

Alberto – Il nome viene dal tipico effetto usato spesso per la chitarra elettrica ma anche per il basso (come in Cry Baby); il famoso wha wha Cry Baby.

Sabina – E visto che il nome rimanda anche a Janis Joplin sembrava perfetto!

Davide

Come sono nate queste 10 composizioni, intorno a quale idea centrale e attraverso quale metodo condiviso?

Cry Baby

Alberto – L’idea centrale è stata quella di lavorare su delle canzoni, su delle composizioni strutturate all’interno delle quali inserire elementi improvvisativi che comunque dessero risalto e arricchissero la canzone. A partire da brani di Robert Wyatt o di Joni Mitchell, abbiamo lavorato non in funzione di coverizzare il brano ma, per certi versi, di riscriverlo o comunque reinterpretandolo in maniera originale. Da qui il passo successivo è stato quello di scrivere brani propri. Sabina ne ha scritti la maggior parte ma anche sui brani originali c’è stato un lavoro di gruppo, arrangiandoli, modificandoli, plasmandoli con una forte sintonia comune.

Sabina – Ci sono sei canzoni mie attorno al tema dell’amore pericoloso, quello incondizionato che ci spoglia delle nostre difese, che ci inabissa. Ma parla anche dell’intensità del sentire amoroso in un mondo a due senza rinunciare a noi stessi. Le melodie si sono articolate spontaneamente intorno alle parole e con esse il cadenzare ritmico e la veste armonica. Nuovo per me era costruire canzoni attorno alle possibilità del basso elettrico, l’elemento espressivo si è quindi colorato di frequenze gravi. In un secondo momento insieme ad Alberto abbiamo costruito e arrangiato il brano nella sua interezza, un processo spesso lungo con vari tentativi e trasformazioni fino a trovare la forma perfetta. Poi ci sono le improvvisazioni al servizio delle canzoni, spazi che si aprono come a dare eco alle emozioni del testo.

C’è poi un brano scritto da Alberto a cui ho aggiunto un testo dedicato alla personalità di Alberto e ci sono i tre omaggi, quello a Joni Mitchell, a Robert Wyatt e una rielaborazione del tradizionale scozzese Black os the colour of my true loves hair.

Davide

David Cronemberg ha detto che “siamo tutti degli scienziati pazzi e la vita è il nostro laboratorio. Tutti noi facciamo esperimenti per trovare un modo di vivere, per risolvere problemi, per respingere la follia e il caos”. Cos’è per voi sperimentare nel vostro ambito artistico, verso quale estetica e quale poetica?

Cry Baby

Alberto – Sperimentare per noi è trovare sempre dei nuovi percorsi dove poter esprimere musicalmente le nostre vite. E l’importante, in questa costante ricerca, è la naturalezza, la spontaneità, l’immediatezza con la quale percorsi in apparenza difficili, costituiscano invece un’estetica conforme e coerente, che possa essere apprezzata e percepita dal maggior numero di persone possibile.

Sabina – Nel mio caso aiuta molto l’ozio creativo, possono passare giorni in cui da qualche parte si fa strada un’idea che neppure io comprendo. Devo lasciare che germogli e che arrivi da sé. Non sono per nulla sistematica, mi preparo al momento in cui l’idea è pronta a prendere forma.

Davide

La voce di Sabina è uno strumento tecnico e insieme espressivo che mi ha ricordato per certi versi Diamanda Galás, senza però le asprezze, o la completa libertà artistica di Cathy Berberian. Come si riassume in questo lavoro la sua lunga esperienza trasversale nel canto sia antico, sia contemporaneo, il cui repertorio spazia dal barocco di Monteverdi, Strozzi e Dowland alle canzoni di Weill/Eisler/Brecht, Satie fino alle opere di compositori contemporanei come Berio, Scelsi, Cage? Qual è qui la sua sintesi o essenza della sua ricerca vocale espressa attraverso un vostro proprio repertorio, cioè da voi composto?

Cry Baby

Sabina – Ho un enorme debito verso queste artiste straordinarie, coraggiose, apripista. E non solo verso loro due, ci sarebbe un lungo elenco. In queste canzoni confluiscono diversi stili, appunto quelli citati nella tua domanda. Dal momento che sono le mie/nostre canzoni non devo rendere conto alle leggi che soggiacciono a ognuna di queste correnti musicali e sono leggi molto ferree, guai a fare confusione! La voce della musica contemporanea deve essere fredda, concettuale e non deve avere vibrato, quella della musica antica deve essere morbidissima e molto colorata, nella musica di sperimentazione non bisogna fare sfoggio di virtuosismi vocali e possibilmente non fare troppe note.

Ma qui posso unire tutte queste anime per arrivare a una voce diretta che racconta storie, semplicemente.

Davide

L’approccio al basso in brani come “Catholic Architecture” mi ha ricordato certe sperimentazioni con la chitarra di Derek Bailey, padre che della Free Improvisation come pratica estemporanea nel momento. Qual è il rapporto tra composizione e improvvisazione in questo lavoro, verso quale equilibrio ideale?

Cry Baby

Alberto – Come dicevo prima, pur lavorando principalmente su brani, composizioni strutturate, l’approccio improvvisativo fa pienamente parte della canzone. E, venendo ambedue dai territori della libera improvvisazione, è naturale che ci siano forti legami con uno dei padri di questa forma musicale, Derek Bailey. L’aspetto improvvisativo non si risolve solo nel classico assolo o in semplici porzioni di improvvisazione libera, ma attraversa sotterraneo tutta la composizione, dall’aspetto vocale a quello strumentale, proprio per rendere omogenea composizione e improvvisazione; intersecare i due aspetti per far risaltare ancora di più il brano nella sua originalità.

Davide

La strumentazione usata è molto particolare, e sicuramente il basso è focale. Qual è il vostro approccio non solo ritmico allo strumento e alle sue sonorità?

Cry Baby

Alberto – Una delle caratteristiche di Cry Baby è l’uso di due bassi, cosa certamente non comune. Ma neanche semplice, perché spesso si corre il rischio di non percepire nitidamente le note, visto che si lavora sul registro basso. Il segreto è far svolgere ai due bassi due ruoli differenti. Quello più propriamente ritmico, che rimane sulle note più basse dello strumento, e quello diciamo contrappuntistico, o comunque intrecciato alla melodia vocale, quasi una specie di controcanto che fa dimenticare l’assenza di uno strumento armonico proprio perché costruisce una sorta di tappeto melodico avviluppato alla linea della voce.

Davide

Perché la scelta di un brano di Robert Wyatt (Catholic Architecture) e un altro di Joni Mitchell (River), due artisti le cui opere rappresentano, in modo universalmente riconosciuto, tra i vertici più puri e liberi della musica del ventesimo secolo?

Cry Baby

Alberto – Perché riteniamo che sia Wyatt che Mitchell abbiano un approccio improvvisativo alla scrittura di canzoni. Rifuggono i cliché riuscendo allo stesso tempo a comporre melodie indimenticabili e assolutamente spontanee e naturali.

Davide

Il disco è concluso da un traditional della regione dei monti Appalachi e, secondo Alan Lomax, di origine scozzese, “Black is the color (of my true love’s hair”), e di cui esistono diverse varianti testuali per la probabile consuetudine in passato di tramandare e riadattare oralmente i canti e le musiche. Perché la scelta di chiudere così il viaggio musicale di “Under cover of night”? C’è stato appunto, da parte vostra, un approccio “orale” nel ritramandare e riadattare questo antico canto tradizionale?

Cry Baby

Alberto – Tutto Under Cover Of Night è costruito su un approccio orale, privo sostanzialmente di parti scritte ma frutto di un serrato lavoro di arrangiamento e reinterpretazione delle diverse suggestioni ricevute dalle composizioni. Un lavoro così non poteva non concludersi con uno dei brani più famosi delle tradizioni orali.

Sabina – Black is the color” è stato preso in prestito da musicisti di ambiti diversissimi, dall’avanguardia, Rock, alla musica antica – Alfred Deller, Nina Simone, Cathy Berberian, Sinéad O’Conner, Bill Frisell, Patty Waters, Fred Hersch per dirne solo alcuni. Il nostro arrangiamento ha un andamento circolare, leggermente ipnotico, quasi a dare l’dea del non finito, dell’infinito, come se con questo brano finale stiamo aprendo al prossimo lavoro.

Davide

Fosco Maraini diceva che esiste un mondo fuori, l’esocosmo – e tutti capiscono cos’è – e poi esiste l’endocosmo, la proiezione del mondo di fuori dentro di noi, che è quello che ci forma, quello che bisogna raccontare. Qual è dunque l’endocosmo che avete raccontato con “Under cover of night”?

Cry Baby

La canzone in tutte le sue forme – dalla lute song di John Dowland alla canzone jiddish – ci permette di dare uno sguardo dentro noi stessi e permette agli altri di scoprire qualcosa di noi. Sono istantanee della nostra vita interiore, come una è poesia che condensa un’emozione improvvisa.

Davide

Cosa seguirà?

Cry Baby

Alberto, Sabina – Seguiranno certamente concerti, che rappresentano l’essenza e la ricchezza del musicista in generale e di Cry Baby in particolare. E sicuramente nuovi brani per costruire un seguito a Under Cover Of Night.

Davide

Grazie e à suivre…

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