La bambina melodrammatica – Adele D’Addario
3 min read
ChiareVoci Edizioni
Poesia
Pagg. 67
ISBN 979-8336790696
Prezzo Euro 10,00
Autoanalisi in versi
Che il poeta parli apparentemente di terzi è un mero artificio della composizione, perché in effetti ciò che esprime è quanto è in lui e di conseguenza quell’ardore, quella gioia, quella passione e anche quel dolore che sembrano appartenere a un soggetto ideale altro non sono ciò che effettivamente l’autore prova. Nel caso specifico di questa silloge il dolore della D’Addario è qualcosa che ha provato e che poi trasferisce in poesia, magari una situazione, un sentimento del passato che riaffiora, a volte del tutto casualmente, e che finisce con l’essere bene espresso con dei versi ( da L’anniversario: Celebriamo oggi, a questa mensa, / l’anniversario del nostro incontro / mancato, il fiorire disatteso / dei germogli che mai ponemmo a dimora. // Guardami. / Sono ancora un’attesa che freme, / un desiderio che geme e si sconfessa, / una belva che divora se stessa, / la propria ostinata autarchia. /…). L’opera che si compone due sezioni, in questa prima riporta situazioni di afflizione, che non sono solo determinate da un amore ormai trascinato a una inevitabile rottura, ma anche situazioni contingenti di sofferenza quale può essere l’insonnia che è un po’ il dramma dei nostri tempi (La notte è uno scivolare d’ombre / rasenti i muri, un attardarsi di passi,/ di bisbigli che da tempo hanno smesso / di commuovermi. // È un’insonnia di luci lampeggianti,/ di camion rombanti sulla provinciale, / è un minaccioso latrare di cani / protetti dalle inferriate. / Altri cani rispondono, in lontananza, / concorrono, consapevoli, a frantumare /ogni residua aspettativa di silenzio./ Conosco quanto infruttuoso sia / ogni tentativo di resistenza ).
La seconda sezione è in realtà una continuazione della prima in altri termini, ove si parla appunto di nuovi melodrammi, ma mi sono chiesto il perché di tutto questo riferimento al melodramma, con cui in genere intendiamo un dramma teatrale non solo per voci, ma anche con musica; in realtà qui si considera un senso melodrammatico, cioè un atteggiamento in cui i sentimenti sono spinti al massimo, in cui l’esagerazione è la norma.
In particolare Adele D’Addario, più che premere sull’acceleratore, si è lasciata andare senza freni, è pervenuta a un’esposizione del suo animo che è una confessione, ha cercato con una sincerità a tutta prova di pervenire a una autoanalisi che con ogni probabilità avrebbe avuto motivo di accesa discussione fra Jung e Freud, ma che nel nostro caso, essendo parte di un testo rivolto a lettori appassionati di poesia, realizza innanzi tutto un flusso di sensazioni da trasmettere agli altri. In tal modo lei scarica parte del suo dolore con la compartecipazione, presunta a priori.
Ne esce comunque una raccolta poetica che ha nell’estrema sincerità dell’autore un validissimo mezzo di comunicazione che coinvolge chi legge; magari non si assumerà parte del dolore esposto, non si lascerà travolgere dalla melodrammaticità, ma abbandonandosi ai versi finirà per far emergere dal suo subconscio situazioni conflittuali, soffocate dall’orgoglio, e magari addirittura a purificarsi, prendendone coscienza.
Ci sono tanti generi di poesia, questo penso proprio che potrebbe definirsi poesia psicoanalitica.
Adele D’Addario nasce a Locarno, in Svizzera sul finire del secolo scorso, da genitori siciliani. All’età di 10 anni, a seguito della separazione dei genitori, si trasferisce a Messina con la madre. A Messina termina gli studi conseguendo la laurea in Lettere. Attualmente vive in provincia di Monza-Brianza dove insegna, come precaria, nelle classi medie inferiori.