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Intervista con David Della Rossa

14 min read

“SONIC SELF STIMULATIONS” è il titolo della nuova release di MASIRIKOS, al secolo David Della Rossa, ritornato dopo vent’anni a fare musica con questo nuovo progetto musicale.

Disponibile su Bandcamp a questo indirizzo:

https://masirikos.bandcamp.com/album/sonic-self-stimulations

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https://kultunderground.org/art/135/

Intervista

Davide

Ciao David. Ha diciannove anni ormai la nostra precedente chiacchierata sulla tua musica. Hai quindi lasciato per un lungo periodo la tua musica e perché?

David

Ciao Davide, innanzitutto vorrei ringraziarti per il tempo che mi stai dedicando.
Diciannove anni sono davvero tanti, e tante cose sono successe che hanno influenzato il mio percorso musicale.

Giusto per dare un esempio, dalla nostra precedente intervista mi sono spostato, per motivi di lavoro (faccio l’ingegnere software per vivere) dalla mia terra d’origine, il Salento, a Roma, dove ho vissuto per 7 anni, poi a Londra, dove ho vissuto per 8 anni, seguita da Dublino, dove sono stato un anno e mezzo e per finire vicino Monaco, dove vivo da circa 3 anni. Tutto questo ha avuto inevitabili ripercussioni principalmente sul mio essere e sulla percezione che ho del mondo e, secondariamente, sul modo in cui ho impiegato le mie energie.

Ho anche avuto una figlia, e l’impegno di occuparmi di lei ha chiaramente prioritá piú alta di tutto il resto.

Tuttavia, non ho lasciato totalmente la musica. In realtá ho continuato, anche se in modo diverso.
Diciamo che ho messo da parte per un po’ la musica elettronica e la sperimentazione, questo sì.

Da Londra in poi, la mia attività musicale si è ridotta. Ho continuato a suonare il basso e ad ascoltare molta musica, ma il mio bisogno di esprimermi artisticamente si era spostato verso altri mezzi, come la fotografia tradizionale a film e a tecniche un po’ esotiche come il chimigramma, inventato da Pierre Cordier negli anni 50 (https://it.wikipedia.org/wiki/Chimigramma), e la poesia.

Poi, negli ultimi anni, ha fatto sempre piú spesso capolino l’idea di ritornare a esprimermi musicalmente, fino a quando, esattamente un anno fa, ho capito che avevo voglia di tornare a comporre musica e non potevo piú procrastinare.

Davide

Mi hai scritto che tante cose sono cambiate nel frattempo, attorno alla tua percezione artistica e al tuo modo di esprimere le tue emozioni in musica. Com’erano prima e come dunque sono adesso la tua percezione artistica e il tuo modo di esprimerti attraverso la musica?

David

Qualche hanno fa ho scoperto di essere da qualche parte nello spettro autistico. Una novitá assolutamente inaspettata, che inizialmente mi ha generato notevole sorpresa.

Non me ne ero reso conto prima, perché durante l’infanzia e l’adolescenza non ho incontrato particolari difficoltà evidenti nelle relazioni con gli altri, anche se percepivo del disagio in alcune situazioni che per altri erano ordinarie. Tuttavia, a ripensarci bene alla luce di questa consapevolezza, molti miei comportamenti assunti, e decisioni prese negli anni, hanno acquisito ai miei occhi un significato diverso. Ho cercato lí, per esempio, il motivo per cui la musica sia sempre stata cosí importante per me. E questa consapevolezza mi ha anche portato a pormi domande diverse, su me stesso, gli altri e il mondo, e soprattutto a cercare risposte differenti.

L’approccio utilizzato in questo album é effettivamente differente rispetto alle mie precedenti release, in cui ogni traccia era totale frutto di improvvisazione. Non usavo DAW (digital audio workstations), o alcuna forma di automazione. Lavoravo principalmente con Reaktor della Native Instruments. Lí creavo le mie patch e suonavo quello strumento registrandone il risultato. Se qualcosa andava storto, l’unico modo era ri-registrare la traccia. Naturalmente ogni esecuzione era unica. Per finire, davo una veloce passata in Wavelab. Niente mixaggio, pochissima masterizzazione.
Era un approccio forse un po’ naif, ma molto entusiasmante e spontaneo.

L’idea che avevo per quest’ultimo album era invece di creare delle tracce come se fossero un concerto di orologi, dove ogni suono e ogni elemento hanno un ruolo preciso e funzionale nell’insieme. Ogni parte contribuisce in modo unico e interconnesso, proprio come ingranaggi di un orologio, per produrre il flusso musicale che cerco. Questo approccio ha portato alla necessità di utilizzare una DAW, per poter automatizzare ogni aspetto della musica. In questo modo, ho potuto rendere il processo ripetibile e migliorabile con ogni iterazione, affinando continuamente le tracce verso il risultato voluto.

L’improvvisazione è stata ancora una parte importante del processo creativo, in quanto le idee di ogni brano nascono da improvvisazione, ma queste idee sono poi state rielaborate ed evolute con un approccio metodico e strutturato.

Davide

Cosa vuol dire Masirikos e perché la scelta di questo nome al tuo nuovo progetto musicale?

David

Letteralmente Masirikos non vuol dire nulla. Si avvicina al greco “βασιλικός” e al salentino “Masirikoi”, che vuol dire basilico. In passato, il Salento era parte della Magna Grecia e il dialetto Salentino ha ricevuto forti influenze dalla lingua greca, tanto che vi é tuttora una zona ellenofona nella provincia di Lecce, chiamata Grecía Salentina (“Grecìa” con l’accento sulla i) dove sí parla un dialetto molto vicino al greco, chiamato Gríco (https://it.wikipedia.org/wiki/Grecia_salentina).

Mi ha sempre un po’ divertito l’uso linguistico delle reduplicazioni, come nelle espressioni (dall’inglese) “okey dockey”, “willy nilly”, “nitty gritty”. Una volta da bambino udii una vicina di casa che si rivolgeva a mia nonna chiedendole, nel dialetto locale, se volesse del basilico fresco: “Oi masirikoi?”. Ripensando a quell’espressione, e unendo a questo anche reminiscenze scolastiche come “Oi dialogoi” di Platone, mi rendeva questo esempio ancora piú irriverente e divertente.

“Oi masirikoi” é infatti poi diventato una traccia dell’album.

Quando si é trattato di scegliere un nome per il progetto, chiaramente ho prima pensato di riutilizzare il nome precedente “Strinqulu”, ma le troppe differenze tra il me di adesso e il me di allora, e le inevitabili differenze sonore che sarebbero nate, mi hanno portato a cercarne un altro.
Ne ho considerati vari, ma alla fine il ricordo di quel basilico ha prevalso e mi ha ribattezzato “Masirikos”, che ancora una volta racchiude un legame con la mia terra di origine.

Davide

Perché, inoltre, il titolo di “Sonic self stimulations” ovvero “autostimolazioni sonore”?

David

Ho intitolato il mio album “Sonic Self Stimulations” perché rappresenta un’esplorazione intima della mia esperienza personale, un viaggio sonoro che riflette il modo in cui io uso la musica per stimolare, regolare ed esprimere me stesso. Il titolo richiama il concetto di “stimming” (stimolazione autoindotta), che per molte persone nello spettro autistico è un mezzo naturale di auto-espressione e di gestione delle emozioni o del sovraccarico sensoriale.

Attraverso la mia musica, volevo creare una forma di stimolazione sonora che non solo mi aiutasse a connettermi con il mio mondo interiore, ma che potesse anche offrire agli ascoltatori un assaggio della mia percezione e del mio modo di sentire e comunicare oltre le parole.

Davide

Come sono nate queste cinque tracce strumentali, intorno a quali idee e sperimentazioni di base? Qual è stata la materia della tua ispirazione?

David

La prima traccia a prendere forma é stata “Self discrepancies”. Alcune delle sezioni del brano mi giravano nella testa da anni, come idee da sviluppare. Quando poi mi sono seduto davanti al mio PC sono state le prime cose che ho messo giú, e da lí ho cominciato ad elaborare.
Riprendere a fare musica con il PC dopo quasi vent’anni significa riscoprire un mondo molto diverso da come l’avevo lasciato. Soprattutto all’inizio, ho impiegato parecchio tempo a rivisitare suoni, strumenti e tutto il resto. Poi le idee sono venute un po’ da sole. In genere parto con uno spunto, un’improvvisazione, ma lascio grande spazio alla traccia stessa, perché mi parli di sé. Durante la lavorazione la ascolto tantissime volte, e provo innumerevoli suoni e varianti, fino a quando non ho l’impressione che non possa essere diversamente da come è. A volte, questo processo di riascolto continuo mi fa notare sfumature che fungono da ispirazione e portano verso direzioni inattese. La struttura della prima traccia, per esempio, “Grumpy granpa…” é nata come improvvisazione su un synth, e in una prima stesura era completamente diversa da come la puoi ascoltare adesso. A furia di riascoltarla nella sua prima versione, peró, avevo l’impressione come di averle messo addosso un vestito inappropriato. Quando la ascoltavo provavo un certo disagio. Fino a quando ho deciso di ascoltare quella sensazione e ho finito per rimaneggiarla e farne qualcosa di diverso.

Ci sono tante influenze in quelle tracce. La matrice è innegabilmente rock, la mia precedente esperienza nella musica elettronica si sente nella scelta di alcuni strumenti, suoni ed effetti, il progressive che ho ascoltato negli anni è lí, in forma di strutture armoniche, scale inusuali, cromatismi, modulazioni, cambi di ritmo e di tempo, melodie che si intrecciano tra loro.

E il mio studio sul basso elettrico è tutto lí nelle linee di basso delle 5 tracce.

Lo considero un lavoro introspettivo, concepito nel buio delle notti, quando le mie sovrastrutture e inibizioni sono sopite dalla calma e dalla penombra che mi circondano, una condizione in cui mi è piú facile rivelarmi per quello che sento di essere, con le mie stranezze e le mie ossessioni.

Davide

Quali sono stati gli ultimi dischi e artisti o gruppi che ti hanno particolarmente colpito, e che ti hanno anche riorientato rispetto al tuo fare musica?

David

Ascolto tanta musica di diversi generi, ma mi sento piú affine al rock/metal, che negli anni passati ha occupato gran parte della mia attenzione. Ora meno.

Sono attratto dalla musica complicata, e questo mi avvicina al genere progressive e alla musica classica, che ho ascoltato e studiato molto.

Il jazz l’ho studiato un po’ nel mio studio del basso, ma in fondo ritengo che non sia nelle mie corde (pun intended).

La musica elettronica è stata una delle prime forme musicali che mi hanno appassionato da bambino. Ricordo ancora l’eccitazione incontenibile quando vidi per la prima volta in televisione The Robots dei Kraftwerk. Ero, come molti bambini, appassionato di fantascienza, robot e similia e quel video sintetizzava tutte quelle mie passioni in una canzone: mindblowing!

Tornando ad oggi, ultimamente sto ascoltando molto artisti come Caterina Barbieri, Kayla Painter, Tenebre, Hania Rani, Lisa Belladonna, Eomac, Hainbach. Trovo la loro musica molto interessante e di ispirazione. Inoltre apprezzo molto la loro capacitá di utilizzare i loro strumenti in modo direi quasi perfetto.

Ascolto spesso anche artisti come Carbon Based Lifeform, H.U.V.A Network, Sync24, Solar Field. La loro musica mi rilassa e mi fa viaggiare lontano con la mente.

Quando ho voglia di graffiarmi le orecchie vado piú su artisti come Lakker, Anmon e molti altri pubblicati da Yuku.

Davide

Se non sbaglio suonavi soprattutto il basso. Quali strumenti e quali tecnologie elettroniche hai utilizzato in questo lavoro?

David

Sí, esatto, suono il basso. Da bambino, ho avuto un’educazione musicale classica, ma questa ha dovuto presto lasciar spazio all’attitudine adolescenziale, che voleva esplorare altri territori musicali, dando inizio alla mia passione per il basso elettrico.

Una volta a Roma, ho poi deciso di studiarlo per bene questo strumento, e ho frequentato per diversi anni il Saint Louis College of Music. Questo mi ha aperto la strada a collaborazioni con altri musicisti e gruppi. Ho avuto un’intensa attività musicale in quel periodo, suonando in diverse band, componendo musica originale o eseguendo cover. In quel periodo il mio focus si era spostato piú sul genere rock/progressive/metal.

Tuttavia questo album nasce interamente digitale. Tutti i suoni che si odono sono prodotti da sintetizzatori software o da strumenti campionati.

Il mio obiettivo era quello di creare muri sonori, tessiture musicali complesse e stratificate, con molti strumenti che suonano e concorrono ad avvolgere l’ascoltatore da tutte le direzioni.

Mi serviva un approccio strutturato, che mi permettesse di elaborare le linee musicali dei vari strumenti e la loro intersezione, il loro timbro, in maniera precisa e ripetibile.

Il piano era quello di rubare l’approccio sinfonico alla musica classica, i timbri della musica rock ed elettronica, l’evoluzione melodica ed armonica come nel progressive italiano o inglese degli anni 70; la birra la porto io.

Davide

Lavorando al nuovo materiale, in che modo hai agito o interagito rispetto a questo periodo storico?

David

Direi piú “reagito” a questo periodo storico, che non è certo rassicurante: genera ansia e incertezza, con cambiamenti che si susseguono a una velocità tale da non lasciare il tempo di adattarsi. Ci si sente costantemente obbligati a correre sempre più velocemente, a trasformarsi, o a mascherarsi, per assecondare il flusso, cercando di essere all’altezza di aspettative sempre più mutevoli e spesso opprimenti.

Ho la sensazione che l’essere umano, con i suoi bisogni e le sue necessità fondamentali, venga progressivamente relegato ai margini, sacrificato in nome di priorità e tendenze che sembrano rispondere a logiche lontane dalla sua natura e dal suo benessere.

Il mio processo creativo è forse un modo per nascondermi e isolarmi da tutto questo caos. Quando creo musica, mi ritrovo in una sorta di bozzolo, una campana di vetro, un rifugio sicuro dove il mondo esterno non può entrare. In questo spazio protetto, posso essere autenticamente me stesso, senza pressioni né maschere.

La mia non è musica di protesta; è piuttosto una fase di trasformazione. Le esperienze della vita di tutti i giorni vengono metabolizzate e diventano nutrimento per il mio processo creativo. È come se fossi una pianta: mi alimento di ciò che mi circonda, anche se non è sempre positivo, e attraverso questo nutrimento cresco, vegeto e alla fine fiorisco.

Forse la complessità e la densità dei brani di questo album rispecchiano il modo in cui io percepisco e processo il mondo che mi circonda.

Davide

Cosa ne pensi dell’intelligenza artificiale nell’ambito della composizione e produzione musicale, della performance e della elaborazione del suono digitale?

David

Considero l’intelligenza artificiale come uno dei tanti strumenti nelle mani di esseri umani.
Come sempre, non è lo strumento in sé ad essere utile o dannoso, ma è l’uso intenzionale che se ne fa.

La situazione oggi con l’intelligenza artificiale è simile a quella di anni fa, quando il computer é stato introdotto nel processo di produzione musicale.

Molte obiezioni sono state sollevate circa l’opportunita di avvalersi di uno strumento come il computer per produrre musica, e circa il valore che la musica cosí prodotta poteva avere in confronto con la musica “tradizionalmente” prodotta. Oggi il computer é strumento imprescindibile nel panorama della produzione musicale, e credo che già adesso l’intelligenza artificiale sia parte ormai irrinunciabile del lavoro di produzione musicale. Io stesso ho utilizzato indirettamente l’intelligenza artificiale nella produzione musicale del mio album, avendo usato i tool di Izotope per il mixaggio e la masterizzazione, che notoriamente fanno uso dell’IA per migliorare i loro strumenti.

Quello che invece mi preoccupa e un po’ mi contraria è la “Generative AI”, quella che mette il lavoro degli artisti (la maggior parte delle volte ignari) nel tritacarne e ne tira fuori cose apparentemente nuove, ma in realtá per niente originali e per giunta senza dare alcun credito agli artisti che hanno prodotto le opere su cui il modello di IA è stato istruito.

Mi preoccupa perché aumenta il “rumore” che un artista si trova a fronteggiare per poter emergere e farsi sentire.

Mi preoccupa perché colossi come Spotify utilizzano l’IA per aumentare la quantitá di musica da loro offerta non soggetta al pagamento di royalties verso i legittimi autori. Questo renderá sempre più difficile per i veri artisti rendersi visibili su tali piattaforme, e chiaramente spingerà questi colossi a ritoccare i loro algoritmi di suggerimento per spingere di più la musica su cui loro non pagano royalties.

Mi preoccupa perché la qualità globale della musica che sentiremo negli anni a venire sarà probabilmente inferiore e meno innovativa.

Mi contraria perché, nella mia visione, un’opera d’arte è il processo da parte dell’artista di assorbimento di input di varia natura, come esperienze di vita, emozioni, percezioni, gioie e dolori, introspezione, influenze da altre opere di altri artisti, il tutto seguito da un riprocessamento e reinterpretazione e finalmente produzione di un’opera nuova, che prima non c’era e che di nuovo porta la sintesi artistica di tutti quegli input, visti e vissuti dall’artista.

Ed é proprio questa “contaminazione” umana che io trovo appassionante in un’opera d’arte.
Tutto questo, ahimè o per fortuna, l’IA non è in grado di darcelo, e chissà se lo sarà mai, ma ho comunque preoccupazione per la capacità degli ascoltatori di percepirne la differenza.

Davide

La musica è una simbiosi di desideri e materia, una eccitazione dei desideri e la loro completa soddisfazione. Questo per Bruno Maderna. Cosa è invece per te?

David

La musica nella mia vita è sempre stata più di una colonna sonora. Ha sempre trovato i colori giusti con cui decorare le varie fasi della mia vita, ma non solo.

Credo che la musica rappresenti un linguaggio universale, un mezzo di espressione che trascende le parole. Può diventare uno spazio sicuro in cui elaborare emozioni, comunicare pensieri profondi o semplicemente immergersi in un flusso creativo privo delle complessità tipiche delle interazioni verbali o sociali.

La musica, con le sue infinite possibilità di variazioni, ritmi, e armonie, è una forma di stimolazione profonda, come un pianista davanti ad una tastiera di cui ogni tasto rappresenta una sfumatura emotiva. Può anche agire come un rifugio, dove trovare equilibrio e conforto, facilitando l’interazione tra il mondo interiore con una realtà che spesso sembra caotica o complessa da decifrare.

Davide

Cosa seguirà?

David

Sto già lavorando a nuovo materiale. Intendo dire che sto sperimentando su suoni ed approcci, ma non ho ancora individuato la direzione verso cui andare.

Dopo aver dato concretezza a tutte quelle idee che avevano casa nella mia testa per gli ultimi 10 anni, penso che muoverò oltre, probabilmente tornando a sperimentare.

Giusto per dare qualche idea: sto utilizzando l’auto-feedback di alcuni filtri e strumenti come sorgente sonora, che poi cerco di assecondare, o interferire, o domare o sguinzagliare, o magari farmi domare o indirizzare verso luoghi a me sconosciuti. Un processo molto appassionante, a volte divertente, a volte frustrante, ma che mi arricchisce molto.

Mi piacerebbe anche riprendere in mano vecchio materiale del periodo Strinqulu, da sottoporre a quel processo di creazione artistica che descrivevo prima, per vedere quali risultati produrrebbe oggi, a distanza di vent’anni.

Davide

Grazie e à suivre…

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