Intervista con Andrea Riccio
9 min readANDREA RICCIO
Artic_Akt
2024 Konsequenz
Il pianista e compositore Lorenzo Pone, nella copertina del CD, scrive:
“Ogni disco è un testo e ogni testo è un tessuto, e questo è un tessuto di fili preziosi. Un pianismo che l’oro nella punta delle dita, dalla calligrafia timbrica delle pagine di Annette Dieudonné, restituita al presente, agli oscuri abissi di una Kreisleriana che giunge al conturbante attraverso la bellezza, passando per l’intimismo di Brian Eno, tra suggestioni brahmsiane, minimal ed echi di Sehnsucht e Lied. Reso unico dalla presenza di varie tracce integre, perfette e prive di montaggio, e da una cura sciamanica della pasta sonora conferita al prodotto finito, questo oggetto sonoro è un inno a un culto dimenticato: quello in cui il virtuosismo è chiarezza, originalità di pensiero, unicità del suono.
Andrea Riccio (Napoli, 2001). Pianista/performer. È regolare ospite di maggiori istituzioni musicali e artistiche: Teatro San Carlo e Sala Scarlatti di Napoli, Festival dei due Mondi di Spoleto, Stiftung Mozarteum di Salisburgo, Chigiana Festival di Siena, Kunst.Fest.Währing in Vienna. Esplora format al di là dell’esperienza concertistica: in DEVI MORIRE (insieme al pianista Marino Formenti) suona per 12 ore o più giorni; i suoi recital sono drammaturgicamente impegnati – si susseguono interpretazioni innovative del repertorio “di tradizione” a quello meno esplorato. Laureato in Piano Performance al Mozarteum di Salisburgo. È pianista e co-fondatore del NEMA Ensemble.
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Intervista
Davide
Buongiorno Andrea. “Artic_Akt” è il tuo primo lavoro discografico interamente a tuo nome, dopo la partecipazione nei volumi di “Approdi, avanguardie musicali a Napoli” della Konsequenz? In bilico giocoso tra l’atto artistico e la funzione fondamentale degli arti nel suonare il pianoforte, passando anche per una evocazione di qualcosa di “artico”, cioè proprio della regione artica, perché lo hai intitolato “Artic_Akt”?
Andrea
Attorno alla scelta del titolo di questo lavoro – che come dici, è il felice continuo della collaborazione con Konsequenz – esiste un aneddoto curioso. La sensazione che l’ascolto attento delle tracce mi ha suscitato, durante e post-produzione, era l’immagine di una nave rompighiaccio, che inesorabilmente solca le acque gelide del Mar Glaciale Artico. Cercai dunque informazioni al riguardo, scoprendo che una famosa nave del genere, russa, portava il nome di Arktika. Ebbene condivisi la mia esperienza sensoriale con Girolamo De Simone, col quale, dopo tentativi di ricerca botta e risposta, quasi stream of consciousness joyciano, è stato partorito Artic_Akt, il quale accentua ancora di più l’idea di questo gesto, di questa Azione.
Davide
I programmi dei tuoi concerti sono sempre molto interessanti e spaziano da Bach e Scarlatti alla musica contemporanea. Come scegli i brani del tuo repertorio? Cosa devono suscitare in te innanzi tutto? Cosa li collega?
Andrea
Senza dubbio li collega una forte esigenza narrativa e drammatica. Credo anche che tante volte i collegamenti scelgano me, più che viceversa – in fondo non faccio altro che studiare me stesso. Sicuramente un filo conduttore delle musiche che suono è la sincerità del messaggio che traspare, ed è quello se ci pensi che collega perfettamente una sonata di Scarlatti ad una di Ustvolskaya, una fuga di Bach ad una canzone dei Beatles.
Davide
Davvero notevole credo sia da una parte il ritrovare e proporre autori internazionali del passato e del presente che sono normalmente poco eseguiti come Padre Komitas, Kurtág, Sil’vestrov e altri… E nondimeno nazionali, come Boris Porena, Luciano Cilio ecc. Come è nato questa tua dedizione alla scoperta o riscoperta e alla diffusione della musica contemporanea e, in generale, meno nota ed eseguita?
Andrea
Anche questo da una esigenza, da una continua ricerca e dalla curiosità di approcciarmi a nuovi linguaggi. E devo dire che gli incontri fortunati che costellano il viaggio hanno contribuito, e non solo in ambito prettamente musicale, ma anche nelle arti visive, nel teatro…
A 14 anni non concepivo la musica oltre Ravel, non sapendo cosa mi stessi perdendo. Oggi quella musica è diventata ricerca giornaliera.
Davide
“Artic_Akt” si apre con “Douze images en courts préludes” di Annette Dieudonné (1896 – 1990), compositrice e musicologa, docente al Conservatorio di Parigi, e si tratta della prima registrazione assoluta di questo suo lavoro. Come hai trovato queste pagine finora inedite e cosa ti ha appassionato di questa composizione?
Andrea
Pensa, totalmente a caso. Piombai davvero in maniera casuale nella registrazione domestica di questi brani del pianista russo-americano Emile Naoumoff, ultimo allievo di Nadia Boulanger, notoriamente legata ad Annette Dieudonné. Cercai la partitura nei meandri della web, ed iniziai a leggerli. Da lì pensai che fosse un peccato che questa musica rimanesse senza una testimonianza “fisica”, dunque decisi di registrarli.
Personalmente trovo questi pezzi l’esempio perfetto di pezzi “istantanei”, ovvero che felicemente collegano ad altro, extra-musicale, dalla passeggiata nel bosco all’anziano che chiede l’elemosina sulle scale di una chiesa fatiscente: dire tutto questo in più o meno un minuto, non è cosa scontata – come la loro realizzazione.
Davide
Segue il ciclo della Kreisleriana, op. 16, di Robert Schumann, una composizione particolarmente originale per l’epoca per via della sua struttura di episodi indipendenti gli uni dagli altri, lontana dalla forma dell’allora sonata. Perché, dunque, la scelta di questa composizione di Schumann da abbinare alla Dieudonné? Che tipo di rilettura è stata inoltre la tua rispetto ad altre versioni?
Andrea
Proprio per dimostrare (sperando di esserci riuscito) quanto un caposaldo della letteratura pianistica romantica possa risultare estremamente moderno. L’abbinamento con la Dieudonné si è palesato a me naturalmente, come anche la scelta di Brian Eno a completamento del trinomio: tutti e tre, in epoche diverse (anche parecchio), sono connesse da un fil rouge indissolubile.
Riguardo la mia “rilettura” è solo una delle infinite possibilità, tanto è vero che ho fatto fatica a riascoltarmi, perché già dopo pochissimo tempo avrei voluto cambiare qualcosa – ma è anche questo che rende affascinante quanto frustrante la realizzazione di un prodotto che rimane impresso potenzialmente per sempre, come una registrazione, un quadro, un libro…
Posso dire che è stato un lavoro molto introspettivo, cercando di portare all’estremo la scrittura di Schumann per esaltarne la peculiarità ed il carattere diviso tra ascese apollinee e viaggi negli abissi.
Davide
Due composizioni fanno da intervallo e da epilogo: “Blonde” dei fratelli Brian e Roger Eno e “By this river” di Brian Eno, Hans-Joachim Roedelius e Dieter Moebius. Per altro ne approfitto per ricordare un lavoro di Roger Eno che ha delle affinità con il tuo, “The Music of Neglected English Composers”, nel quale eseguì musiche composte da compositori trascurati in vita e poi dimenticati. Perché dunque questi due brani?
Andrea
Sono stati praticamente il primo approccio ufficiale con carta e penna.
Mi trovo molto più a mio agio a cercare di arrangiare qualcosa di gia esistente, piuttosto che partire dal foglio bianco – un po’ per paura, un po’ per grande rispetto per la scrittura.
Brian Eno è un rivoluzionario, come lo è Schumann, e nei suoi pezzi personalmente ritrovo la dolcezza e la tenerezza di Bramhs, il ritmo danzante e le sonorità aperte di Satie, mista all’intelligenza del compositore britannico, che continuando la tradizione compositiva “classica” è stato pioniere di un nuovo genere che parla a tutti.
Mi sono definitivamente avvicinato a Brian Eno con l’album – firmato insieme al fratello Roger – Mixing Colours (2020), pubblicato dalla Deutsche Grammophon, del quale non mi stanco letteralmente mai. Dall’ascolto assiduo, nasce la trascrizione di Blonde, una delle tracce più belle – a parer mio – dove ho voluto consapevolmente mantenermi molto fedele all’originale, à la manière de Satie, diciamo.
Situazione diversa è stata la rielaborazione del celeberrimo By This River, dove ho dovuto cercare un escamotage per avere in loop la famosa figurazione alla destra, senza perdere il tema principale, che ho deciso di dividere soprattutto tra i pollici delle due mani, mentre la sinistra è impegnata con dei salti non comodi, soprattutto per l’intelligibilità del tema. Mi sono ispirato un po’ a ciò che ha fatto Liszt con i lieder di Schubert.
Davide
Da molti anni ormai conosco, seguo e apprezzo moltissimo il lavoro di Girolamo De Simone e della Konsequenz. Il tuo lavoro e le tue ricerche possono rientrare in un più ampio spettro di musica di frontiera o border music come da lui teorizzato e promosso?
Andrea
Sicuramente ci accomuna una grande passione della riscoperta. Ciò che fa Girolamo da anni rimane un lavoro storicizzato ed ampiamente riconosciuto – ciò che posso far io è condividerne gli ideali e continuare a promuovere come lui tanta musica rimasta sconosciuta o snobbata ai più.
Davide
Sei anche pianista e co-fondatore del Nema Ensemble, col quale hai di recente realizzato l’experience “ReMozart”, ossia “un concerto di musiche nuove, un percorso tramite le sfaccettature della poetica di Mozart, restituita ad echi e significati del tutto rinnovati attraverso il prisma della contemporaneità”. Vorrei saperne di più, sia del Nema Ensemble, sia di questa particolare esperienza “intorno a” e “all’interno di” Mozart…
Andrea
Il progetto NEMA nasce in sinergia con gli amici Cosimo Abbate e Lorenzo Pone, ed è figlio di un afflato rivoluzionario, un ensemble cameristico dedito alla divulgazione delle Musiche Attuali (da qui, l’acronimo Napoli Ensemble Musiche Attuali).
Accanto al repertorio storicizzato, peculiarità dei progetti portati avanti è la commissione di brani, scritti apposta per l’Ensemble o per progetti affini (Storie Naturali, 2021; Temi|Rifrazioni, 2022).
Per ReMozart, debuttato prima per la stagione Off The Wall dell’Accademia Chigiana nel 2023 ed ufficialmente per la stagione della Fondazione Pietà de’ Turchini lo scorso gennaio, hanno scritto notevolissimi compositori della scena internazionale, rispondendo con entusiasmo alla nostra iniziativa di voler dimostrare la contemporaneità di Mozart: ciascuno di loro ha lavorato su un motivo noto, su una sensazione, sulla rielaborazione di un brano del compositore di Salisburgo, creando un caleidoscopio di colori molto raro.
Davide
Nel ‘900 si è cercato di conseguire una musica composta ed eseguita dalle macchine, almeno a cominciare da invenzioni come lo Electronium di Raymond Scott su fino alla computer music di pionieri come Lejaren Hiller e Pietro Grossi. Ho di recente ascoltato musica prodotta dalla AI al modo di questo o quel gruppo, ma anche il lavoro di cluster di computer come quelli di Iamus e Melomics 109 dell’Università di Malaga, i quali non richiedono più intervento umano nella composizione ed esecuzione. Forse qualcosa stiamo rischiando che ci sfugga di mano? Tu cosa ne pensi, per altro in un contesto sempre più diffuso di crisi della musica e dell’arte in generale?
Andrea
È una domanda difficile, in fin dei conti l’essere umano è naturalmente proteso verso ciò che non ha, quindi la ricerca anche in questo campo credo sia giusta. Tuttavia in qualsiasi campo della vita, l’esagerazione non va mai bene. Credo che la realtà artificiale possa convivere con la nostra, che addirittura la fagociti non credo – davvero trovo difficile pensare che l’arte possa soccombere, al massimo come ho detto prima può essere un nuovo modo per esprimersi, perché no?
Noi intanto, continuiamo a divulgare a modo nostro. Il futuro ci dirà.
Davide
Ti dedichi anche alla composizione?
Andrea
In segreto, come ti dicevo ho grande rispetto per la scrittura musicale, lo trovo un atto di grande generosità. Magari in futuro, non mi precludo niente.
Davide
Cosa seguirà?
Andrea
Al momento sono diviso tra la preparazione di performance in Italia e all’estero, nuovi progetti col Nema Ensemble, tra cui BachBjörk che avrà natali tra Vienna e Napoli, e la preparazione di nuovi repertori per gli impegni del 2025.
Davide
Grazie e à suivre…