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Unione Europea 2024: le riforme necessarie per continuare a crescere

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«L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto»

(Robert Schuman, 9 maggio 1950)

Da più di vent’anni[1], all’avvicinarsi delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo[2], mi lancio nel tentativo di contribuire alla matura realizzazione del Progetto di Casa comune europea attraverso la formalizzazione di quelle riforme che, io come altri cultori dei genericamente intesi European Affairs, riteniamo fondamentali per addivenire a quell’Unione politica più simile ad uno stato federale (gli Stati Uniti d’Europa) e meno ad un circolo economico-finanziario (versione moderna del Club di Parigi) che desideriamo.

Tra il 6 e il 9 giugno, i 450 milioni di cittadini dei 27 Stati membri dell’UE si recheranno a votare per scegliere i 720 eurodeputati che ci rappresenteranno nell’emiciclo di Strasburgo ed ecco che io, puntuale, propongo questa ampia e ragionata serie di misure che penso potrebbero rendere l’Unione Europea più unita, più democratica, più funzionale.

Introduzione

Nel contesto dell’attuale scenario globale in rapida evoluzione, l’Unione Europea si trova ad affrontare una serie di sfide senza precedenti che richiedono risposte immediate e coordinate. La complessità e l’interconnessione di queste richiedono un approccio integrato e multilaterale, con riforme concrete volte a garantire la stabilità, la sicurezza e la prosperità dell’UE e dei suoi cittadini.

Tra le queste, gli ambiti nei quali si deve intervenire riguardano:

  1. l’impianto istituzionale, che rappresenta la più urgente necessità per consentire a Consiglio, Commissione e Parlamento di svolgere le loro funzioni in maniera efficace ed efficiente e all’UE di crescere;
  2. la politica economica, storicamente primo motore del sistema comunitario che rischia ora di arenarsi sugli egoismi nazionalistici degli Stati membri mentre deve adeguarsi alle sfide interne ed esterne;
  3. la difesa dell’ambiente, impegno di cui l’Unione si era fatta paladina con la COP 21 e il Green Deal dell’attuale Commissione ma che, con il Covid prima e il conflitto ucraino dopo, è passato in secondo piano;
  4. la politica estera e di difesa comune, competenza già riconosciuta dal Trattato di Maastricht e che oggi ha acquisito una dimensione più impellente proprio per le crisi alle porte d’Europa;
  5. la gestione dei flussi migratori, fenomeno epocale spesso demandato ai paesi di primo ingresso (Italia tra tutti), che però deve coinvolgere responsabilmente tutti i partner europei.

Di fronte a questo panorama, l’UE si trova nella posizione unica di poter svolgere un ruolo guida nel promuovere un nuovo modello di cooperazione internazionale, difendere i valori dello stato diritto e condividere soluzioni innovative e sostenibili. Tuttavia, ciò richiede un impegno concreto da parte degli stati membri e delle istituzioni europee per adottare riforme significative e affrontare insieme queste sfide.

L’impianto istituzionale

Tutte le Istituzioni europee dovrebbero essere inserite in un radicale programma di restyling per renderle maggiormente efficaci ed efficienti.

In primis, il Parlamento Europeo[3], per il quale va disegnato un sistema volto ad aumentare l’efficacia legislativa attraverso l’estensione della procedura di codecisione con il Consiglio su una gamma più ampia di temi, quali le politiche fiscali, la politica estera e di difesa comune (PEDC) e la politica agricola (PAC). Ciò permetterebbe al Parlamento di influenzare in modo più significativo la legislazione europea, garantendo una maggiore rappresentatività democratica nell’adozione delle norme.

Inoltre, da più parti si auspica una radicale semplificazione dell’iter legislativo accelerare il processo decisionale, come la riduzione del numero di letture obbligatorie e la razionalizzazione delle procedure di concertazione tra Parlamento e Consiglio.

Per colmare il persistente gap, si potrebbe aumentare il potere di controllo democratico rendendo generalizzata la pubblicazione dei documenti legislativi e relazioni parlamentari, nonché la trasmissione in diretta delle sessioni plenarie del Parlamento e delle audizioni con i funzionari dell’UE.

Per quanto concerne la capacità di attuazione delle politiche da parte della Commissione Europea[4], risulta improcrastinabile mettere mano ad una ridefinizione della struttura organizzativa al fine di migliorare la coerenza e la coordinazione tra le sue direzioni generali, riducendo sovrapposizioni e duplicazioni di competenze, attraverso investimenti in formazione del personale, modernizzazione dei processi decisionali e adozione di tecnologie innovative.

Di uguale importanza risulta essere il consolidamento del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) al fine di garantire una rappresentanza coerente ed efficace degli interessi dell’UE a livello internazionale, attraverso l’espansione della rete diplomatica e il rafforzamento delle capacità di analisi e negoziazione. Questo aspetto, però, comporta inevitabilmente il ritrarsi degli Stati membri che devono demandare rappresentanza e protagonismo all’interno dei consessi internazionali alla Commissione.

Giungiamo dunque al Consiglio dell’Unione Europea[5], a cui si richiede una maggiore trasparenza ed efficacia decisionale con la pubblicazione sistematica dei documenti di discussione e delle posizioni negoziali per garantire una maggiore partecipazione dei cittadini e, in particolare, con una radicale riforma delle modalità decisionali mediante la semplificazione delle procedure e la riduzione del ricorso alla regola dell’unanimità a favore della maggioranza qualificata per tutte le materie di propria competenza.

Anche la Banca Centrale Europea[6] deve essere fatta oggetto di un’importante ridefinizione funzionale prendendo spunto da quanto previsto per la Federal Reserve statunitense: al momento attuale la BCE ha competenza solo sulla definizione della politica monetaria dei paesi aderenti alla moneta unica (attualmente 20 su 27) mentre le politiche relative allo sviluppo economico sono ancora in capo ai singoli governi nazionali, spesso in competizione tra loro. Per uno sviluppo organico e razionale è fondamentale porre sotto l’unico cappello dell’istituzione di Francoforte la gestione delle due politiche definendo comunque idonei meccanismi di controllo da parte di Commissione e Parlamento.

La politica economica

Strettamente collegati con il ruolo e le prerogative della Banca Centrale passiamo poi ad esaminare tutti gli aspetti di politica economica relativi al consolidamento dell’Unione Economica e Monetaria[7] (UEM) e alle politiche di coesione economica e sociale[8].

Il primo capitolo deve prevedere la creazione di un sistema fiscale comune al fine di promuovere una maggiore convergenza fiscale tra gli Stati membri attraverso l’armonizzazione delle basi imponibili, delle aliquote fiscali e dei regimi fiscali, per ridurre le distorsioni nel mercato unico e favorire la competitività.

Accanto a questo, già la crisi finanziaria del periodo 2008/2010 ha evidenziato l’importanza di un sistema europeo di assicurazione dei depositi, basato su una supervisione bancaria coordinata a livello europeo, e completato da un meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie per garantire la stabilità dell’eurozona.

Il secondo gruppo di interventi, invece, riguarda il potenziamento delle misure di sostegno alle regioni più svantaggiate: i classici strumenti dei Fondi strutturali e di investimento per sostenere lo sviluppo economico e sociale delle regioni in ritardo, attraverso investimenti in infrastrutture, ricerca e innovazione, formazione professionale e creazione di posti di lavoro anche grazie alla promozione di partenariati pubblico-privati, lo sviluppo di cluster industriali e l’accesso facilitato al finanziamento per le PMI, l’impresa sociale e l’economia circolare.

La difesa dell’ambiente

Argomento molto sensibile e su cui si sono consumate troppe parole è quello della protezione dell’ambiente, collegato agli impegni globali per il contrasto al cambio climatico e alla promozione della transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio[9].

Dall’Accordo di Parigi del 2015, l’Unione Europea è in prima linea per rivedere e rafforzare i propri obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra al 2030 e al 2050.

Fondamentale risulta continuare a incentivare il passaggio a fonti energetiche rinnovabili, come il solare, l’eolico e l’idrogeno verde, attraverso sussidi, agevolazioni fiscali e sostegno alla ricerca e allo sviluppo, promuovere la mobilità sostenibile e implementare l’adozione di tecnologie a basse emissioni di carbonio nelle industrie ad alta intensità energetica, come l’industria siderurgica, chimica e cementiera.

Di uguale rilevanza risultano essere le strategie di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico attraverso delle comuni politiche di pianificazione territoriale e infrastrutturale resiliente al clima per prevenire fenomeni critici come inondazioni, siccità, ondate di calore e tempeste, e favorire la protezione e il ripristino degli ecosistemi naturali originari.

Uno dei settori economici più importanti nei 27 Stati membri dell’UE è quello agroalimentare e intervenire su questo significa sviluppare pratiche agricole sostenibili e resilienti al clima, quali l’agricoltura conservativa, l’irrigazione efficiente e la diversificazione delle colture, al fine di garantire la sicurezza alimentare in un clima mutevole.

Ultima ma non meno fondamentale area nella quale si dovrebbe intervenire con adeguate misure è la gestione comune del rischio per la salute pubblica avviando sistemi di sorveglianza e prevenzione delle malattie legate al clima e implementando strategie di prevenzione e risposta ai rischi associati al cambiamento climatico, come le ondate di calore, le epidemie di malattie infettive e l’inquinamento atmosferico.

La politica estera e di difesa comune

Se con il Trattato di Maastricht e la previsione dell’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune[10], altrimenti noto come Mister PESC, molti si erano convinti che l’UE sarebbe stata finalmente in grado di assumere una posizione unitaria e influente nello scenario internazionale ponendosi al pari di Stati Uniti, Russia e Cina per orientare le sorti del pianeta. Purtroppo, gli ultimi 30 anni hanno dimostrato che non è stato così e, anzi, il recente conflitto in Ucraina ha evidenziato la molteplicità di posizioni in politica estera tra le 27 cancellerie nazionali e Bruxelles.

Ora si alza abbastanza unanime la richiesta di far diventare l’UE un effettivo protagonista nel teatro globale attuando una politica estera e di difesa comune[11] (PEDC, evoluzione della PESC) più coesa in cui gli interessi nazionali siano armonizzati e gli obiettivi strategici vengano definiti in comune.

Inoltre, la minaccia della Russia di Putin ad Est e la probabilità di un impoverimento della Nato in caso di ritorno di Trump alla Casa Bianca spingono a potenziare la capacità militare europea prevedendo investimenti comuni nella modernizzazione e nell’adeguamento delle dotazioni delle singole forze armate, inclusa l’acquisizione di equipaggiamenti avanzati e la promozione della cooperazione nel settore della difesa, nonché la previsione di meccanismi comuni di pianificazione e risposta per la gestione delle crisi internazionali, attraverso l’istituzione di contingenti di reazione rapida posti sotto un comando unico (una sorta di esercito europeo).

Ulteriori emergenze che richiedono il rafforzamento della cooperazione tra gli Stati membri sono date dal contrasto al terrorismo, attraverso la collaborazione tra le agenzie di intelligence e le forze di polizia e una più intensa cooperazione tra le autorità giudiziarie degli Stati membri con l’armonizzazione delle normative nazionali, la semplificazione delle procedure di estradizione e la conduzione di indagini congiunte. Inoltre, urgente risulta manifestarsi la necessità di creare una agenzia europea per la cyber security, per contrastare terrorismo informatico, furti di dati e sabotaggi digitali.

La gestione dei flussi migratori

Ultima ma non per questo meno impattante politica da considerare prioritaria per il prossimo quinquennio europeo è quella inerente la governance del fenomeno migratorio[12], dell’accoglienza e integrazione, e del collegato sistema di asilo e protezione diplomatica.

Qualcosa si sta muovendo con la revisione del sistema di Dublino, ma la materia risulta ancora troppo esposta alle sensibilità nazionali e usata spesso come leva politica all’interno degli Stati membri e merce di scambio sui tavoli europei. Importante sarebbe legiferare in maniera uniforme per armonizzazione le procedure di asilo al fine di garantire un trattamento uniforme e coerente in tutta l’UE.

Senza considerare l’urgenza di rendere cogente il principio di solidarietà nella condivisione del carico dei richiedenti asilo, da incentrare su criteri come la dimensione della popolazione, il PIL e la capacità di accoglienza, e non soltanto sulla capacità finanziaria di “pagare” l’eventuale devoluzione di quote di migranti ad altri partner.

Accanto a questo, ancora inesistente e un sistema europeo per l’accoglienza e integrazione dei migranti e dei rifugiati che favorisca l’inserimento sociale, culturale ed economico nei paesi ospitanti, garantendo l’accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria e al mercato del lavoro e promuovendo la sensibilizzazione e il dialogo tra le comunità di accoglienza e i migranti al fine di promuovere la convivenza pacifica, il rispetto reciproco e la costruzione di società inclusive e pluraliste.

Relazionati, invece, alla Politica Estera comune vi sono gli strumenti di sviluppo e cooperazione con i paesi di origine e di transito dei migranti, al fine di affrontare le cause profonde delle migrazioni, come la povertà, i conflitti e la violazione dei diritti umani, nonché la promozione dei canali legali di migrazione attraverso programmi di reinsediamento, visti per lavoro e studio, che contrastino il traffico di persone e garantiscano i diritti umani e la dignità dei migranti.

Conclusioni

Riconosco che le riforme qui proposte rappresentano un quadro molto complesso e articolato per affrontare le sfide che l’Unione Europea si trova ad affrontare oggi e per il suo futuro: quadro che necessiterebbe la convocazione di una Convenzione, o Assemblea Costituente Europea, per elaborare una integrale revisione dell’impianto dei Trattati istitutivi.

Passo questo che richiederebbe alle attuali classi dirigenti dei 27 Stati membri dell’Unione Europea un grado di coscienza, una capacità di visione e un senso di responsabilità non comuni.

Ma dobbiamo riconoscere che nella realizzazione di queste riforme risiede la capacità dell’UE di rispondere alle sollecitazioni dell’odierno panorama internazionale, offrendo soluzioni concrete e innovative per garantire stabilità, prosperità e benessere all’Europa, ai suoi Stati membri e ai cittadini europei.

Per realizzare pienamente il loro potenziale, è necessario un impegno comune da parte di tutti, governi nazionali, istituzioni europee e cittadini europei: solo attraverso una matura consapevolezza, una leale collaborazione e la piena solidarietà tra tutti gli attori coinvolti sarà possibile implementare le misure proposte e garantire un avvenire al progetto di Unione Europea.

Insieme, sono sicuro che sia possibile costruire un’Europa più forte, coesa e orientata al futuro!

  1. Cfr., tra gli altri, dello stesso Autore, Caocci D., Il futuro dell’Europa: il sogno, le scelte, il progetto, in KultUnderground, n.103, 2003, in https://kultunderground.org/art/14119/; Giugno 2009, si rinnova il Parlamento Europeo: le sfide dell’eurovoto, in KultUnderground, n.166, 2009, in https://kultunderground.org/art/1320/; Il futuro dell’Europa all’indomani del rinnovo dell’europarlamento, in KultUnderground, n.226, 2014, in https://kultunderground.org/art/17954/; Unione Europea post-2019: riforme necessarie per continuare a esistere, in KultUnderground, n.286, 2019, in https://kultunderground.org/art/18827/.
  2. Cfr. sito istituzionale delle elezioni 2024 del Parlamento Europeo, https://elections.europa.eu/it.
  3. Cfr. sito istituzionale del Parlamento Europeo, https://www.europarl.europa.eu/portal/it.
  4. Cfr. sito istituzionale della Commissione Europea, https://commission.europa.eu/index_it.
  5. Cfr. sito istituzionale del Consiglio, https://www.consilium.europa.eu/it/.
  6. Cfr. sito istituzionale della Banca Centrale Europea, https://www.ecb.europa.eu/ecb/html/index.it.html.
  7. Cfr. https://www.ecb.europa.eu/ecb/history-arts-culture/history/emu/html/index.it.html.
  8. Cfr. https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/93/coesione-economica-sociale-e-territoriale.
  9. Cfr. https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/71/politica-ambientale-principi-generali-e-quadro-di-riferimento.
  10. Cfr. https://eur-lex.europa.eu/IT/legal-content/glossary/high-representative-of-the-union-for-foreign-affairs-and-security-policy.html.
  11. Cfr. https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/159/politica-di-sicurezza-e-di-difesa-comune.
  12. Cfr. https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/152/politica-di-immigrazione.

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