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Le leggi dell’ordine etico – Maurizio Cometto

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Delos Digital – Pag. 255 – Euro 18

Maurizio Cometto credo che abbia debuttato con il mio Foglio Letterario. Il suo primo libro che ho letto (e pubblicato) era una raccolta di racconti fantastici sullo stile di Italo Calvino e Dino Buzzati: L’incrinarsi di una persistenza. Ma con Il Foglio ha pubblicato anche Il costruttore di biciclette, Cambio di stagione e Magniverne (in catalogo), sempre storie a tema fantastico, suo vero campo di elezione, dove esprime al meglio un talento letterario riconosciuto anche dal grande Valerio Evangelisti. “Se mi chiedessero, a bruciapelo, qual è l’autore italiano di narrativa fantastica che preferisco, risponderei Maurizio Cometto”, diceva il Maestro. E noi chi siamo per contraddirlo? Soprattutto perché dovremmo, visto che Cometto lo abbiamo scoperto e lanciato. Get Back è un’interruzione al filone fantastico, un ottimo romanzo di formazione, una storia insolita per Cometto, di nuovo pubblicata dal Foglio Letterario. Adesso ritroviamo Cometto a dirigere una collana per Delos Digital (Frattali), dedicata al fantastico, a pubblicare fantasy (Il libro delle anime, in 5 volumi) e fantascientifico, o – come dicono quelli che parlano bene – distopico. Le leggi dell’ordine etico è ambientato in un futuro prossimo – il 2072 – quando l’Italia si trova a vivere una sorta di nuovo fascismo, una dittatura che ha costruito la Grande Muraglia Italiana per separarsi dal resto del mondo. Fantapolitica alla George Orwell sulla falsariga di mondi che esistono, ché Cuba la conosco bene e i suoi cittadini vivono in un mondo popolato da spie e piccoli delatori, proprio come nella fantascienza di Cometto. Comanda un Comitatod i salute Pubblca, la sola lingua ammessa è l’italiano, non si possono usare termini stranieri, sono vietati gli smartphone e siamo tornati ai telefoni fissi. Questa Italia di fantasia ha prodotto il sogno autocratico di Mussolini, vive di quel che produce, chiusa in se stesa, sfruttando l’energia eolica e diffonden do il nucleare, con un simbolico ritorno all’agricoltura. Una fantomatica Madre della Patria ha salvato l’Italia dalla Terza Guerra Mondiale e adesso si è chiusa a riccio per proteggere i suoi cittadini dai temuti stranieri. Il romanzo – appassionante e ricco di dialoghi, scritto con stile asciutto e rapido – si propone di far capire che cosa esiste al di là della Muraglia, approfondendo un programma social come Empathy che Guido Fossbergher (un pericoloso sovversivo?) sta cercando di diffondere tra la popolazione.

Qui di seguito trovate l’incipit del romanzo Le leggi dell’ordine etico.

In se è quasi un racconto compiuto, e rappresenta la trasfigurazione di un ricordo di quand’ero bambino.

“Il ricordo più nitido che ho di mio papà risale all’inizio del duemilatrentasette, quando avevo quasi cinque anni. Ripensandoci, forse non è soltanto il più nitido: forse è l’unico.

Papà lavorava per un’agenzia immobiliare che aveva interessi nel ponente ligure. Spesso prendeva la sua macchina e partiva per Alassio o per Finale, a incontrare qualche cliente. E certe volte, quando gli affari lo permettevano, mi portava con sé.

Era un tipo allegro. Le sue risate facevano vibrare le pareti delle stanze, e si sentivano fin fuori. Era alto come me adesso, ma aveva una bella pancia rotonda, e, così diceva la mamma, ogni tanto beveva.

Quando viaggiava, papà quasi mai prendeva l’autostrada. Lui amava le statali, ancor più le provinciali. Si vantava di non aver mai fatto la stessa strada per andare da Torino a Savona, o da Torino a Milano. Gli piaceva scoprire nuovi percorsi e attraversare paesaggi inediti.

Quella volta ricordo che doveva andare a Noli, vicino a Savona. Partimmo la mattina presto di un sabato di primavera. Con lui le levatacce erano obbligatorie, e la sera si tornava tardi.

A un certo punto incontrammo il cartello che indicava l’ingresso a Mondovì. Vedere quel nome stampato a caratteri cubitali (avevo già imparato a leggere) mi fece venire in mente un indovinello che avevo sentito da mia cugina Sandra. Glielo recitai:

– Nel mondo vi sono trecento città, una l’ho detta, quale sarà?

L’abitacolo fu invaso dalla sonora risata di mio padre. Si girava a guardarmi, riportava gli occhi sulla strada, e continuava a ridere, ridere, ridere. E la sua risata era così contagiosa, che pure io, che avevo sentore che fosse un poco di scherno, non resistetti e risi.

Smise quando ci fermammo a un semaforo, all’uscita da Mondovì. Prese in mano un oggetto rettangolare e sottile, luminoso. Lo guardò velocemente, e la risata scemò in un sorriso malinconico. Allo scattare del verde ripose l’oggetto in un vano del cruscotto, facendo al contempo ripartire l’auto.

– Nel mondo vi sono trecento città, una l’ho detta, quale sarà? -, ripeté.

– Hai indovinato?

– Fammici pensare… Cuneo?

– No.

– Roma?

– No.

– Firenze?

– No.

– Napoli?

– No.

– Ma è una città lontana o vicina?

– Vicina, papà. Anzi: vicinissima.

Di nuovo scoppiò a ridere. E mi guardava e aveva quasi le lacrime agli occhi. Io non risi più. Lui cessò all’istante. Mi mise la grande mano sui capelli e me li scompigliò. Poi disse:

– Sei un bravo bambino. Dai, non riesco a indovinare. Che città è?

– Davvero non riesci a indovinare?

– Davvero. Dimmela tu.

– È Mondovì!

– Mondovì… “nel mondo vi sono”… -, ripeté, come in trance. Si sbatté la mano sulla fronte. – Già, è vero! Senti un po’, chi te l’ha detto questo indovinello?

– La cugina Sandra.

– La cugina Sandra… – , ripeté lui, perplesso. Lo guardavo aspettandomi che dicesse qualcosa su di lei, o sull’indovinello. Qualcosa di importante, di rivelatore.

Ma non disse nulla. Oppure forse disse altro, ma io non so che cosa. Perché il ricordo si interrompe qui.

Ecco, questo è ormai l’unico ricordo che ho di mio papà. Non so perché sia proprio questo episodio. La memoria segue percorsi strani, a volte.

Papà sarebbe morto l’anno dopo, insieme a tutte quelle migliaia di persone, nell’attacco al Quadrilatero Romano.

Spesso vado al Memoriale e mi fermo davanti alla sua tomba, ma non serve a nulla. La foto di papà, su quella croce, è muta. Lo vedi che potrebbe dirti tante cose, raccontartene di ogni colore, ridere, ma non può farlo.

Quel missile a testata nucleare, il venticinque aprile del duemilatrentotto, gli ha chiuso la bocca per sempre.”

 

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