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Intervista con Michele Mingrone

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“La grande notte” è l’esordio discografico dello scrittore, autore e chitarrista fiorentino Michele Mingrone. Il chitarrista degli Scaramouche ha realizzato un album con 12 canzoni tra rock, western e folk. Un “cantautorato immaginario” con testi tra il sarcasmo e l’accusa sociale. “La grande notte” è quella che stiamo vivendo ormai da anni, con poche sfumature e qualche raro lampo di luce. Misteri d’Italia mai risolti, gestioni catastrofiche di costanti emergenze, il soffiare mediatico sul fuoco di sempre nuove paure, la superficialità diffusa nei vecchi e nuovi mezzi di propaganda di massa rendono questo periodo storico uno dei più pericolosi per l’umanità. Un concetto ben rappresentato dalla copertina di Valentina Mincolelli e Martina Forni che rappresenta una figura bendata, forse la giustizia, che urla mentre la benda viene colpita da un forte raggio di luce.

Vrec Music Label 2023

Comunicato stampa di Davvero Comunicazione.

Michele Mingrone è autore, chitarrista e copywriter fiorentino. L’esordio nella musica è nel 2006 come chitarrista e autore della band Scaramouche (“Scaramouche”, 2006, EMI). Con la band ha suonato prima di nomi del calibro di Toto, Roy Paci, Tonino Carotone. Nel 2007 pubblica il disco di ambient noise “Hindenburg” con il duo Tzunami Fancoil Orchestra. Nel 2017 interpreta con Fabio Balzano, pronipote della cantautrice folk siciliana Rosa Balistreri, il cd “Rabbia Rosa”. Realizza sonorizzazioni per podcast, mostre d’arte e installazioni, tra cui, in particolare “Le visibili città invisibili”, omaggio all’opera di Italo Calvino, realizzata dal collettivo fiorentino 47 Rosso. Come scrittore pubblica vari libri su commissione per Giunti e Ilisso, oltre ad apparire nei volumi “Appunti di rock” 2 e 3 (Ed. Il Foglio Letterario) e “Instarock” 1 e 2 (Edizioni Ouverture) curati dal prof. Andrea Gozzi. Nel 2012 ha scritto il romanzo per ragazzi “L’ultima tournée di Sally O’Hara” (Ed.It.). Nel 2019 ha realizzato con Sara Vettori (illustrazioni) e Caterina Scardillo (progetto grafico e calligrafia) la guida turistica immaginaria “I luoghi di Lovecraft”, pubblicata da Edizioni NPE, che ha avuto un grande successo, diventando un piccolo caso letterario nell’ambito degli amanti dell’horror e dei giochi di ruolo. Nel 2020 pubblica “Poe a Venezia” (Nardini Editore), diario di viaggio immaginario di Edgar Allan Poe a Venezia. Sempre per NPE ha scritto “Vampiri, dove trovarli” (2021) e “Animali misteriosi e come mangiarli” (2022), che hanno confermato il successo del filone delle guide immaginarie, legate ai luoghi della letteratura. Nel 2023 il suo esordio discografico come cantautore: “La grande notte” (Vrec/Audioglobe).

Intervista

Davide

Ciao Michele. Questo è il tuo disco d’esordio come Michele Mingrone dopo il primo esordio con gli Scaramouche nel 2006. A che punto arriva della tua vita e del tuo percorso musicale e autoriale?

Michele

In realtà la mia vita musicale è tutta un esordio.

Dalla darkwave degli Oniria agli Scaramouche, fino ad alcuni progetti ambient noise di qualche anno fa e al progetto Rabbia Rosa dedicato alla cantante folk siciliana Rosa Balistreri.

Cambio stile con una coerenza inquietante.

Del resto, sono un ascoltatore abbastanza schizoide, un giorno ascolto i Kreator, il giorno dopo Nick Drake…

“La grande notte” arriva in un momento in cui sento che tutti i veli sono calati, sia a livello personale che collettivo.

Volevo ripartire da qualcosa di antico, il così vituperato concetto di “cantautore”, riaggiornandolo per raccontare quello che vedo di me stesso e del mondo intorno a me.

Davide

Michele Mingrone: voce, parole, chitarre, ansia. Perché l’ansia?

Michele

Perché non ho mai cantato le mie cose.

Stavolta mi era necessario, non per narcisismo ma perché era completamente “roba mia”. Sono abituato da chitarrista a stare un passo indietro, stavolta non potevo… di qui l’ansia.

Metterci la faccia e la voce è una responsabilità.

Davide

Ci presenti gli altri musicisti presenti nel disco?

Michele

Sono tanti.

Il primo e fondamentale è Don Antonio Gramentieri. Un musicista e un narratore formidabile, mi ha accolto nel suo studio (il Crinale a Brisighella) e ha messo nel disco, oltre alle chitarre, un’idea di musica che cercavo ma non riuscivo a realizzare da solo.

Poi ci sono Fabio Phomea Pocci, polistrumentista e cantautore a sua volta.

Qui suona il basso ma il suo esordio “Me and my army”, a cui ho partecipato con due testi e qualche chitarra, è uno dei più bei dischi dell’anno. Non per merito mio, ovviamente.

Cito anche il contributo fondamentale di Diego Sapignoli, batterista con Capossela, Sacri Cuori e tanto altro, di Francesco Fry Moneti dei Modena City Ramblers, delle mie sorelle adottive Sara Vettori degli Auge e Caterina Scardillo, di Michele Lombardi ed Elisa Barducci, da tanti anni compagni di avventure e musica.

Davide

“Come ogni buon film western ci insegna, i debiti di gioco si pagano”, hai scritto. “Ecco i miei: Chi illumina la grande notte? è il titolo dell’ultimo film – mai realizzato – del grande Elio Petri e un omaggio alla sua opera”… In che modo ti sei ricollegato a Elio Petri e alla sua opera (verrebbe in mente soprattutto “Todo modo”) mentre scrivevi le parole di questo brano che ricorda la lunga notte della Repubblica, nel tuo testo non ancora giunta a una fine? A quali altre bare ancora da chiudere ti riferivi?

Michele

Dai tempi della strategia della tensione a oggi sono troppi i casi irrisolti nella storia d’Italia.

C’è una sorta di melma viscida che nasconde le cose, una melma di poteri intrecciati e impuniti ancora attiva in molti modi nella società di oggi.

Studiare gli ultimi 50 anni di storia italiana è come guardare in un pozzo profondo, in cui vedi creature informi che continuano ad agitarsi.

Elio Petri, da “Todo Modo” a “Indagine su in cittadino al di sopra di ogni sospetto” ne è stato, a mio avviso, uno dei narratori più lucidi.

Davide

Figli del grano è ispirata al racconto di Stephen King”… Fai diversi riferimenti a opere letterarie, come ne “La peste scarlatta”, il romanzo di Jack London che ispirò “The road” a Cormac McCarthy, di recente scomparso. Che tipo di intreccio o scambio ideale persegui tra canzone e letteratura, tra musica e linguaggio?

Michele

Questa domanda aprirebbe universi… ma la faccio breve: sono cresciuto leggendo e ascoltando avidamente tutto quello che mi capitava a tiro.

Spesso un suono si legava a un testo e viceversa.

Per me sono due forme intrecciate tanto strettamente da essere alla fine una cosa sola.

Mi viene in mente la scultura del Laocoonte.

Un unico groviglio di emozioni ed esperienze esplosive.

Comunque agli autori citati aggiungo almeno, a livello di citazioni più o meno nascoste, Melville, Verga e… i Giancattivi.

Davide

E in tutto il disco aleggia un’atmosfera musicale americana e di frontiera, dal country di Johnny Cash al desert rock dei Calexico. Cosa rappresentano per te la musica e l’epica americane? Verso quale nuova epica americana e umana?

Michele

Non ho particolare simpatia per l’America reale, mi sento più un mix di Mediterraneo e Mitteleuropa (sono di famiglia calabro-slovena).

Per me l’America è quella “sognante e misteriosa” (citando Guccini) del Paperino di Carl Barks.

Una specie di frontiera onirica.

Per questo, credo che il western e il desert rock siano il suono perfetto per rappresentare una dimensione di viaggio interiore.

Una ricerca, un cammino dell’eroe, una carta di Propp da pescare quando tutto sembra perduto.

Oltre a Johnny Cash e Calexico, devo citare almeno Wall of Voodoo e 16 Horsepower tra i miei feticci desertici.

Davide

Quali sono i tuoi artisti e dischi che più ti hanno influenzato nella scrittura di questi nuovi brani?

Michele

Oltre ai già citati, Nick Cave, Tom Waits, Pj Harvey, Disciplinatha, CSI e, inevitabilmente, De André.

Dico inevitabilmente perché sembra banale citarlo, ma sono andato a sbattere a 11 anni in “Storia di un impiegato” e “Tutti morimmo a stento”… un imprinting abbastanza forte.

Il mio personale Fabrizio è quello più acre e buio, quello della “Ballata degli impiccati “, per capirsi, non il “Faber” santificato a posteriori e buono per ogni citazione.

Davide

Perché una cover di “Jolene” di Dolly Parton? E perché l’hai tradotta in italiano?

Michele

Perché ha un testo terribile.

La voce narrante prega la concorrente in amore di non toglierle l’uomo che ama perché lei ha solo lui, mentre l’altra può avere chiunque.

Ho vissuto in prima persona, in ruoli ribaltati, la stessa sensazione: pregare qualcuno di non distruggere la tua vita per un capriccio.

Tradurla e provare a interpretarla era un fatto personale.

Davide

“Lunga è la notte” sono parole del “mai troppo rimpianto” Peppino Impastato. Già molti gli omaggi (non solo musicali) al giornalista e attivista ucciso da Cosa Nostra, tra cui ricordo anche un doppio cd dal titolo “Amore non ne avremo, 26 canzoni per Peppino Impastato”. Perché questa scelta? Afflitti tra l’altro da una dilagante sciatteria anche giornalistica, perché non dobbiamo dimenticarlo?

Michele

Perché denunciare la mafia irridendola era un gesto di potenza inaudita, che ha pagato con la vita.

Non c’è nulla di più rivoluzionario della risata: in questo senso Radio Aut, ma anche il movimento del 77, gli indiani metropolitani, Radio Alice, Il Male, Frigidaire sono stati grandi esempi.

Per rispondere alla tua domanda in modo completo, aggiungo che la parola “sciatteria”, quando si parla del giornalismo di oggi, non mi basta, fatte le debite eccezioni.

Aggiungerei al parco aggettivi almeno “sciacallaggio” e “connivenza”.

Davide

“L’unica linea di resistenza è fare bene le cose”, diceva Elio Petri. Qual è la tua?

Michele

Perfettamente d’accordo.

In tempi cosi veloci e deconcentrati la sola risposta è fare tutto con cura.

Fare del nostro meglio nel tempo che ci è concesso.

Darsi il tempo per realizzare un artigianato fatto di contenuti e di amore per la materia lavorata, che sia legno, ferro, vetro, cibo, suoni, parole o altro.

Davide

Cosa seguirà?

Michele

Ovviamente porterò più possibile live questo disco con la mia band La Santa Pazienza.

Le date saranno pubblicate via via sui vari social miei e di Vrec, la validissima casa discografica che ha creduto in me abbastanza da pubblicare “La grande notte”.

Sul fronte letterario uscirà presto per NPE Edizioni una guida turistica immaginaria sui luoghi di Stephen King, realizzata con Sara e Caterina, che ho già citato prima.

È il quarto libro di una collana di buon successo legata ai luoghi immaginari della letteratura, che abbiamo portato avanti negli anni, iniziata con “I luoghi di Lovecraft”, proseguita con “Vampiri, dove trovarli” e “Animali misteriosi e come mangiarli”.

Inoltre ho già scritto tre canzoni per un ipotetico secondo disco.

Oltre a questo… beh, come ho detto, farò del mio meglio.

Come, non ne ho la più pallida idea.

Davide

Grazie e à suivre…

 

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