Il commissario e l’arciprete – Ernesto Flisi
5 min readPietro Fornoni e don Antonio Parazzi: un caso controverso nei rapporti tra il clero e l’amministrazione austriaca a Mantova (1848-1862)
Edizioni Società Storica Viadanese
Saggio storico
Pagg. 124
ISBN 9788894357028
Prezzo Euro 15,00
Uno scontro fra passato e futuro
Siamo portati a leggere i grandi avvenimenti storici, quello che più comunemente viene definita la Grande Storia, perché, a parte l’indubbio desiderio di conoscenza, si arriva più velocemente a un accrescimento culturale. E’ così che guerre, personaggi determinanti e significativi, e altri fatti entrano nei libri che sono maggiormente diffusi. Ci sono però altri eventi assai meno noti e che pur tuttavia sono di aiuto per uno studio della storia, sono fatti locali, dissidi o anche addirittura liti che, se studiati e portati alla ribalta, concorrono a una maggior conoscenza di un’epoca. E’ questo il caso di Il commissario e l’arciprete, un saggio che ha scritto Ernesto Flisi dopo approfondite e immagino lunghe ricerche presso l’Archivio di Stato di Mantova e l’Archivio Storico Diocesano di Cremona. Il fatto di cui l’autore scrive non è forse eclatante per la nostra attuale mentalità, ma per quella esistente all’epoca (il tutto si svolge fra il 1849 e il 1862) è di grande risonanza, perché lo scontro, senza esclusione di colpi, fra un esponente non di basso livello della amministrazione austriaca e un sacerdote finisce con l’essere, anche se apparentemente non lo è, una vera e propria battaglia fra il potere imperiale asburgico che ha iniziato la sua decadenza e una nuova visione, meno autoritaria, di uno stato che inizia a sorgere, quello italiano. Il casus belli è, se vogliamo, poca cosa, è un abuso di potere di Don Antonio Parazzi, parroco di Santa Maria Assunta e San Cristoforo Castello di Viadana, nonché investito di altri incarichi, fra i quali quello di Direttore dell’Orfanotrofio Femminile. Ed è appunto in quest’ultima veste che il religioso, nell’estate del 1856, contravvenendo al regolamento dell’Istituto che prevede che le orfane siano dimesse al compimento del diciottesimo anno, ritiene che sia necessario che vi possano rimanere fino al ventunesimo, e in tal senso mantiene ospite tale Caterina Minari. Pietro Fornoni, Commissario Distrettuale di Viadana, già Commissario Provinciale di Polizia, non è della stessa idea, anzi è decisamente contrario ed inizia così un contenzioso che si trascinerà nel tempo fino alla sconfitta del Fornoni, uomo ligio al potere austriaco, che aveva avuto la stima del maresciallo Radetzky quando questi era Governatore generale del Lombardo-Veneto e che dopo la nostra sfortunata prima guerra di indipendenza aveva avviato una politica estremamente restrittiva, soffocando qualsiasi movimento che avesse anche solo l’apparenza di opporsi all’Austria. Ebbene Fornoni fu uno dei suoi più rigidi esecutori in un periodo in cui condanne detentive ed esecuzioni furono numerosissime. Non sto a raccontare gli sviluppi della vicenda, che vide contrapposte in pratica due fazioni, con reciproci scambi di accuse, anche pesanti (il Fornoni è descritto come un rozzo, e probabilmente lo era, e come un impenitente donnaiolo, e forse non lo era). Don Parazzi di per sé era inattaccabile e allora si coinvolsero quelli che erano a lui vicino. Se agli inizi il comportamento di Fornoni, il cui caso fu sottoposto a indagine, fu ritenuto non criticabile, successivamente, con il pensionamento del vecchio governatore avvenuto il 28 febbraio 1857, a cui subentrò Massimiliano, fratello di Francesco Giuseppe, e che aprì un po’ il pugno di ferro con cui Radetsky aveva fino ad allora amministrato il Lombardo-Veneto, l’azione del commissario fu vista in un’altra luce, anche per effetto del concordato fra Chiesa e impero austriaco con cui si era posto rimedio a non pochi contrasti; il vento non soffiava più a favore del Commissario, ma non se ne accorse fino a quando gli arrivò fra capo e collo la sospensione dall’incarico e successivamente il trasferimento ad altra sede. Non ritornò più a Viadana anche perché, conclusa la seconda guerra di indipendenza, l’Austria perse la Lombardia e parte della provincia di Mantova, fra cui il viadanese. Il Fornoni ne soffrì parecchio, sia per la sconfitta militare dell’impero asburgico che per quella personale nella sua lunga battaglia con l’Arciprete, tanto che, anche perché di salute cagionevole, morì a soli 45 anni.
La vicenda, particolarmente complessa, all’inizio è narrata con un ritmo lento, direi opportunamente lento in modo che il lettore possa prendere conoscenza degli attori principali, poi accelera, con un susseguirsi di tanti colpi di scena degni di un thriller. Questo crescendo appassiona, anche perché si è curiosi di vedere come finisce; in ogni caso non viene mai meno uno schema rigorosamente storico, lasciando pressoché nulla alla fantasia dell’autore, anche se mi sembra di capire che abbia nutrito un po’ di simpatia per il Fornoni. Quindi si è trattato di uno scontro fra una persona rappresentate l’assolutismo e un’altra di spirito liberale, ma anche di una lotta fra Stato e Chiesa, entrambi indubbiamente autoritari, con il primo del tutto rigido, ma con il secondo che non sconfessava, quando necessario, sacerdoti per così dire progressisti, come il Parazzi .
La vicenda è senza dubbio interessante, ma quel che più conta è raccontata veramente bene e in modo tale da avvincere il lettore.
Ernesto Flisi è nato a Viadana, in provincia di Mantova. Ha trascorso tutta la sua vita nella scuola, da docente e dirigente scolastico. Come autore di versi, ha pubblicato nel 2016 “Fiori di campo” per Book Sprint edizioni e nel 2022 “Sulle rive dei fossi”, stampato in proprio. Altre composizioni sono state pubblicate in vari anni nei “Quaderni del caffè letterario”, guidato da A.M. Cirigliano, editi a Mantova da Il Rio; altre ancora in pubblicazioni sparse. Ha collaborato a diversi studi di storia locale. Da segnalare una monografia edita nel 2019 dalla Società Storica viadanese, intitolata “Il Commissario e l’Arciprete”, incentrata su un forte contrasto tra l’autorità religiosa e quella austriaca poco prima della proclamazione dell’Indipendenza dell’Italia.