Intervista con Ludovica Burtone
13 min readDA VENERDÌ 3 MARZO 2023 DISPONIBILE
IL NUOVO ALBUM DI LUDOVICA BURTONE
“SPARKS”
Pubblicata dall’etichetta statunitense Outside in Music, Sparks è la nuova opera discografica di Ludovica Burtone, già disponibile su tutte le piattaforme digitali da venerdì 3 marzo 2023 e anche in copia fisica. La talentuosa violinista, compositrice e arrangiatrice, leader del progetto, è coadiuvata da un nutrito parterre formato da undici raffinati musicisti: Fung Chern Hwei (violino), Leonor Falcon Pasquali (viola), Mariel Roberts (violoncello), Marta Sanchez (pianoforte), Matt Aronoff (contrabbasso) e Nathan Elmann-Bell (batteria), più cinque prestigiosi ospiti del calibro di: Sami Stevens (voce in Altrove), Melissa Aldana (sax tenore in Awakening), Leandro Pellegrino (chitarra in Sinha), Roberto Giaquinto (batteria in Incontri) e Rogerio Boccato (percussioni in Sinha). La tracklist consta di sei brani, cinque sono brani originali figli della rigogliosità compositiva di Ludovica Burtone, mentre Sinha è una composizione che rappresenta un caloroso tributo a due immensi artisti brasiliani come Chico Buarque e João Bosco, brano elegantemente arrangiato dalla violinista. Sparks è un disco in pieno solco contemporary jazz, dall’impronta marcatamente cameristica, una sorta di fascinoso melting pot stilistico che coniuga elementi della musica colta con il jazz, fino a esplorare le sgargianti colorazioni appartenenti alla world music adornate da uno spirito mediterraneo. Dal mood talvolta intimistico, ma al contempo fortemente energico soprattutto dal punto di vista espressivo, Sparks è un album che inneggia a una profonda ricerca interiore volta a rappresentare un graduale processo evolutivo brillantemente intrapreso da Ludovica Burtone che, con queste parole, racconta le genesi della sua creatura discografica: «Il mio progetto musicale che ha portato alla registrazione di Sparks è un viaggio personale che esplora le mie radici, la mia esperienza come emigrante negli Stati Uniti e la mia evoluzione come musicista. Il titolo è la traduzione in inglese del termine friulano “falischis” – che significa “scintille” in italiano – ed era il soprannome dato alla mia famiglia nel paese d’origine di mia madre, Buttrio, in provincia di Udine. Con queste composizioni voglio onorare il mio passato e le persone che sono diventate la mia nuova famiglia. Sparks è un percorso musicale che unisce diverse tradizioni, con il quartetto d’archi come protagonista. Ho cercato di fondere le mie più recenti esperienze in ambito jazz, world e di improvvisazione con le tradizioni musicali del mio passato, creando un sound personale, cameristico, definito “chamber jazz”. L’album è un mix di emozioni e storie, che spaziano dalla solitudine alla scoperta di una nuova comunità. Attraverso la mia musica voglio trasmettere un messaggio di inclusione e connessione».
STEFANO DENTICE – UFFICIO STAMPA INDIPENDENTE
Biografia
Violinista, compositrice e arrangiatrice dal fulgido talento, dalla sorprendente poliedricità stilistica e soprattutto dalla spiccata sensibilità artistica, Ludovica Burtone è una musicista di Udine trasferitasi a New York. Di formazione classica, segnatamente con un biennio in violino conseguito presso il conservatorio “Jacopo Tomadini” di Udine e un diploma post-laurea ottenuto al “Liceu” di Barcellona, si diploma inoltre in “Composizione Jazz” al rinomato “Berklee College of Music” di Boston. In particolar modo grazie alla sua esperienza acquisita negli Stati Uniti, stringe prestigiose collaborazioni con musicisti, gruppi e varie formazioni di levatura mondiale come: Ron Carter, Jon Batiste, Susana Baca, Camila Meza, A. R. Rahman, Arijit Singh, Dream Theater, O Kwarteto Collective, Michael Leonhart Jazz Orchestra, Tredici Bacci, Vanisha Gould & The Storyteller, Gary Bartz, Kenny Garrett, Chitãozinho & Xororó, Miguel Atwood Ferguson, solo per menzionarne alcune. Nell’arco della sua lodevole carriera brilla su alcuni palchi fra i più importanti in ambito internazionale, ad esempio: Carnegie Hall, Lincoln Center, Radio City Music Hall, Boston Symphony Hall, Boston Opera House, The Jazz Standard, Mezzrow Jazz Club, Cafè Carlyle, National Sawdust, Dizzy’s Club Coca-Cola, David Geffen Hall e moltissimi altri ancora. Recentemente vincitrice della “Café Royal Foundation Grant”, attualmente è impegnata nella scrittura di un libro di arrangiamenti per archi di musica brasiliana, oltre che in qualità di didatta, a una raccolta pedagogica di duetti per due violini (docente e studente) di canzoni popolari provenienti da svariate regioni italiane.
Official Site: https://www.ludovicaburtone.com/
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Instagram: https://www.instagram.com/ludovicaburtone/
Link Album “Sparks”: https://linktr.ee/ludovicaburtone
Intervista
Davide
Buongiorno Ludovica. “Sparks” è un album di tue composizioni originali. Dopo l’uscita del singolo “Awakening”, si tratta del tuo esordio come solista? Dopo gli studi musicali classici hai virato verso il jazz con un corso di composizione jazz al Berklee College of Music. Cosa ti ha indotto verso la composizione? E perché in ambito jazz?
Ludovica
Buongiorno Davide, grazie per l’opportunità di condividere la mia esperienza musicale con te. Posso dire che il mio passaggio alla musica jazz è stato abbastanza graduale. Anni prima di trasferirmi a Boston, avevo già cominciato a sperimentare con l’improvvisazione e a suonare altri generi musicali al di fuori del classico. Nel 2011 ho avuto la fortuna (e una borsa di studio) di partecipare al Banff Workshop in Jazz and Creative Music – diretto da Dave Douglas – e questa esperienza ha davvero cambiato la mia vita. Ho incontrato musicisti provenienti da diverse culture ed esperienze e abbiamo passato settimane incredibili suonando, improvvisando e componendo insieme. Tornata a casa, ho capito che dovevo fare di più nella mia vita musicale e trovare la mia voce. Stavo finendo il corso di biennio al conservatorio di Udine e ho potuto aggiungere alcuni corsi del dipartimento di jazz al mio percorso. In seguito mi sono messa alla ricerca di un posto dove poter studiare ulteriormente – e ho scoperto che il Berklee College of Music era l’ideale in quanto hanno ottime borse di studio e programmi personalizzati. Avendo fatto tanta performance in
precedenza, ho voluto approfondire la composizione jazz.
Davide
Stéphane Grappelli e Joe Venuti sono forse tra i violinisti solisti jazz più noti. Tuttavia il violino è uno strumento che incarna specialmente la musica classica, per quanto entrato da tempo anche nella strumentazione jazz, ma non così frequentemente. C’è stato qualche violinista jazz in particolare che hai avuto come riferimento? E come ti sei posta nel portare il suono e la storia del violino (ma anche negli arrangiamenti del quartetto o del trio d’archi) dentro la storia e le caratteristiche della musica jazz?
Ludovica
Stéphane Grappelli e Joe Venuti sono sicuramente tra i violinisti jazz più noti e influenti. Personalmente, ho molti idoli che mi hanno ispirato nel mio percorso musicale, tra cui Regina Carter, Mark Feldman, Sarah Caswell, il mio insegnante a Berklee, Rob Thomas, e potrei andare avanti con la lista. Ognuno di questi artisti ha una voce unica e ha contribuito e continua a contribuire in modo significativo allo sviluppo del suono del violino nel jazz. Cerco di combinare le tradizioni del violino classico con le tecniche e le convenzioni del jazz, mantenendo la mia voce, cercando di creare un suono distintivo e personale. Nelle mie composizioni e negli arrangiamenti per quartetto d’archi, ho cercato di incorporare elementi del jazz e della musica classica, creando un suono ibrido che riflette la mia esperienza musicale. Mi interessa molto anche la collaborazione con altri musicisti, sia jazzisti che classici, per creare un dialogo musicale che possa arricchire entrambe le tradizioni. Nel complesso, cerco di essere sempre aperta all’esplorazione, cercando di trovare il giusto equilibrio tra tradizione e innovazione nella mia musica.
Davide
Hai detto che questo tuo lavoro è un omaggio nel titolo alla famiglia di tua madre, che era stata soprannominata “falischis”, ossia “scintille”, da cui “Sparks”. E scintille sono gli sprazzi di luce vivissima anche a proposito di intuizioni intellettive e creative. Cosa è per te la creatività musicale? Come trovi di solito l’ispirazione musicale?
Ludovica
Per me, la creatività musicale è la capacità di esprimere emozioni e idee attraverso il suono e la composizione. La musica è un’arte che parla direttamente all’anima e che può ispirare, emozionare e trasformare le persone. Per quanto riguarda l’ispirazione, essa può venire da molte fonti diverse. A volte è una melodia che mi viene in mente, altre volte è un’esperienza di vita o un’emozione, a volte, quando l’ispirazione non c’è, è un vero e proprio esercizio (mi siedo, tiro i dadi e vediamo cosa viene fuori…). Inoltre, la collaborazione con altri musicisti è spesso una fonte di grande ispirazione per me. Lavorare con persone che hanno prospettive e stili musicali diversi può aprire nuovi orizzonti creativi e portare a risultati sorprendenti e unici. È un modo per esprimere la mia individualità e connettermi con gli altri attraverso la musica.
Davide
Ed è altresì un viaggio di esplorazione delle tue radici dopo la tua esperienza come emigrante negli Stati Uniti. Cosa vi hai dunque trovato o ritrovato delle tue radici in questo viaggio ideale di ritorno attraverso la musica? Cosa invece hai portato idealmente con te dell’America?
Ludovica
Il mio viaggio musicale è stato anche un modo per esplorare le mie radici e la mia identità culturale. In uno dei brani dell’album, ho preso ispirazione da un canto popolare del Friuli, poi però l’ho riproposto in una chiave completamente diversa soprattutto ritmicamente, più funkeggiante. Essendo cresciuta in Italia e trasferitami negli Stati Uniti, ho sempre sentito la necessità di esplorare le mie radici e di capire da dove vengo. La musica è stata un modo per farlo, in quanto è un linguaggio universale che può unire le persone attraverso la condivisione di esperienze e storie. Idealmente porto con me un bagaglio di esperienze.
Davide
Oltre alle tue composizioni, hai scelto un brano di Chico Buarque e João Bosco (Sinhá). Perché dunque questo brano? Cosa rappresenta per te?
Ludovica
Ho scelto di includere il brano “Sinhá” di Chico Buarque e João Bosco come un omaggio alla cultura musicale brasiliana. Per me, Sinha è un gioiello che mi ha conquistata al primo ascolto. Le parole sono una pura poesia, la melodia, l’armonia e l’afro/samba si fondono perfettamente, creando una composizione che funziona perfettamente anche senza un/a cantante. In breve, la canzone racconta la storia di uno schiavo che supplica il padrone di non picchiarlo perché non ha guardato Sinha (la giovane signora di famiglia nobile). Nella seconda parte, si cambia punto di vista: non è più lo schiavo in prima persona a parlare, ma il narratore che ci rivela che è in realtà Sinha ad essere innamorata dello schiavo e della sua voce. Non ho incluso le parole nel mio arrangiamento, ma ho voluto fare un commento musicale personale e più libero per sottolineare come la schiavitù sia ancora presente in molte parti del mondo oggi.
Davide
Molti musicisti italiani, specialmente di musica jazz (ma non solo), hanno scelto gli Stati Uniti per essere riconosciuti e per affermarsi, o anche solo per poter suonare e vivere grazie alla musica. Cosa ne pensi della situazione musicale italiana, ma anche artistica più in generale? Perché si è costretti a “emigrare”?
Ludovica
Premesso che non vivo in Italia da più di dieci anni, posso parlare della mia scelta di emigrare ed immaginare che altri musicisti si riconoscano nella mia storia. Io sono partita lasciandomi alle spalle diversi anni suonando in orchestra e vedendo come anno dopo anno la situazione di noi musicisti non migliorasse, né artisticamente, né economicamente. Sono partita con la mia esperienza come musicista da camera e orchestrale, con il sogno di diventare una musicista più eclettica. Sicuramente ci sono molte realtà interessanti in Italia, ma purtroppo spesso mancano le opportunità e le risorse necessarie per far emergere i talenti e farli affermare a livello nazionale e internazionale. Inoltre, il sistema di finanziamento pubblico per la cultura e le arti è spesso insufficiente o poco efficiente, il che rende ancora più difficile la possibilità di fare carriera e sostenersi economicamente. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, è forse meglio che io parli più nello specifico di città come New York City o Los Angeles, che offrono una scena musicale e artistica molto vasta e diversificata, con numerose possibilità di esibirsi, registrare, collaborare con altri musicisti e con una maggiore apertura al nuovo e alla sperimentazione. Importante menzionare le numerose “grant” presenti negli Stati Uniti, sovvenzioni pubbliche e private che se vinte possono finanziare un progetto nella sua totalità. Tuttavia, è importante sottolineare che l’idea dell’emigrazione forzata per la realizzazione artistica non dovrebbe essere la norma, ma piuttosto l’eccezione. Si dovrebbe lavorare per creare un sistema culturale ed artistico che sia in grado di valorizzare i talenti e dare loro l’opportunità di affermarsi anche nel proprio Paese.
Davide
Hai collaborato con molti musicisti e gruppi di grande importanza. Come ti approcci alla musica degli altri quando ne divieni parte? Qual è la tua esperienza ideale in questo senso? Quale quella di cui serbi il miglior ricordo?
Ludovica
Sono sempre molto contenta di poter collaborare con altri musicisti ai loro progetti. Dalla Big Band, al piccolo gruppo da camera, dalla performance a Carnegie Hall a quella nel locale dietro casa. È fonte di ispirazione vedere come altri colleghi lavorino alla loro musica. Il progetto ideale per me è quello in cui la direzione della musica è molto chiara, ma lascia al tempo stesso spazio alla creatività dell’individuo. Di certo tra le esperienze che mi hanno lasciato bellissimi ricordi ci sono le varie collaborazioni con Jon Batiste, dai primi concerti al Café Carlyle in quintetto con lui al piano, alla registrazione di un album in digitale all’Electric Lady Studio, insieme a Ron Carter, Kenny Garrett, alla performance della sua prima sinfonia “American Symphony” a Carnegie Hall. Un altro progetto che ho molto a cuore è con la cantante Vanisha Gould con cui ho iniziato a suonare diversi anni fa, in quartetto voce, violino, chitarra e basso. Vanisha scrive delle cose molto belle e interessanti in chiave folk-jazz, poi la senti cantare un qualsiasi brano dal repertorio standard e ti lascia incantato!
Davide
Ci parli della formazione e degli ospiti che hanno suonato con te in questo tuo disco? Come è stato incontrarvi e condividere queste composizioni e registrazioni?
Ludovica
La maggior parte dei musicisti coinvolti nella registrazione sono miei amici e colleghi che ho incontrato in questi anni a New York. Durante la pandemia, come me, si sono ritrovati bloccati e senza lavoro. Nonostante ciò, abbiamo accettato la sfida di provare e registrare nel mese di ottobre 2020, rispettando tutte le precauzioni necessarie come l’esecuzione dei test, l’uso delle mascherine e il mantenimento delle distanze, per quanto possibile. Credo che questa esperienza abbia rafforzato la mia determinazione ad andare avanti, conferendomi ancora più fiducia. Nel quartetto d’archi formato da Fung Chern Hwei (Malesia), Leonor Falcon (Venezuela) e Mariel Roberts (USA), ho avuto il piacere di collaborare con alcuni dei migliori musicisti “ad arco” presenti sulla scena musicale, tutti di formazione classica ma con una vasta esperienza in diversi generi, oltre ad avere dei progetti personali di grande interesse. Anche nel trio jazz ho avuto la fortuna di incontrare anni fa la pianista spagnola Marta Sanchez, che oltre ad essere una straordinaria musicista, è un’ispirazione per la sua determinazione. Matt Aronoff (USA) è uno dei bassisti più attivi sulla scena e Nathan Ellman-Bell (USA) è un musicista poliedrico con cui ho avuto modo di collaborare per la prima volta a Banff nel 2011.
Davide
Sei attualmente impegnata nella scrittura di un libro di arrangiamenti per archi di musica brasiliana e di una raccolta pedagogica di duetti per due violini di canzoni popolari provenienti da svariate regioni italiane. Sei dunque interessata particolarmente alle musiche del mondo? Oltre alla brasiliana, a quali altre tradizioni musicali hai attinto qualcosa nel realizzare “Sparks”? Che significato dai alle contaminazioni musicali?
Ludovica
Porto avanti questi progetti di scrittura con grande tranquillità. Sicuramente ho un grande interesse per le musiche del mondo, interesse nato da anni e che ho avuto modo di approfondire vivendo all’estero. Alcuni anni fa, insieme ad un’amica e collega, Delaney Stokli, ho fondato O Kwarteto, un quartetto d’archi dedicato all’arrangiamento e alla promozione della musica brasiliana, originalmente non scritta per questa formazione. Con questa “scusa” ho iniziato ad arrangiare un po’ di brani della tradizione brasiliana. In “Sparks” di certo ci sono altre sfumature che richiamano a diverse parti del mondo. L’idea dei duetti di musiche popolari delle regioni d’Italia è nata durante la pandemia, con tutti i vari workshop che si trovavano online, ho pensato di offrirne uno, creando dei duetti insegnante-allievo, con l’obiettivo di far conoscere la grande diversità e ricchezza delle regioni italiane anche all’estero.
Davide
Come didatta, cosa ti preme innanzi tutto insegnare? Qual è, insomma, il tuo “primo insegnamento”?
Ludovica
Come educatrice il mio primo obiettivo è quello di promuovere l’apprezzamento della musica. Vorrei insegnare ai miei studenti ad avere una mentalità aperta e curiosa, esplorando i diversi generi e stili musicali. In questo modo li aiuto a sviluppare un apprezzamento più profondo e una comprensione più ampia della musica. Chiaramente mi impegno ad insegnare i diversi aspetti della musica, dalla lettura, ritmo, sviluppo del suono e repertorio, in modo che lo studente diventi un musicista completo, ovunque si concentrino i suoi interessi musicali.
Davide
Cosa seguirà?
Ludovica
Intanto una serie di concerti per presentare Sparks. Poi, un nuovo album bolle in pentola, grazie appunto ad una sovvenzione che ho vinto due anni fa. Mi sto dedicando alla composizione di musiche ispirate alle storie di donne migranti a New York City.
Davide
Grazie e à suivre…