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Intervista a Laura Bosia

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Laura Bosia, giornalista e scrittrice, vive e lavora ad Asti. Dopo avere pubblicato “D’acqua e d’amore” ha dato alle stampe, per la Marsilio editore, il romanzo “Angeli e basilico” (pagg. 156 Euro 13). Un libro interessante, sia per la trama narrativa che per i personaggi caratterizzati che conferma le capacità letterarie dell’autrice che ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune mie domande.

Signora Laura, il romanzo inizia con il ritrovamento, davanti la casa di Maria, di Bale, l’uomo che l’ha amata e che ritorna a Genova dopo trent’anni. Sembra l’inizio di un romanzo giallo, ma non lo è, anche se alla fine si scoprirà perché l’uomo è stato assassinato? Angeli e basilico come può essere definito se si desidera etichettarlo in qualche filone letterario?

Non credo che Angeli e basilico sia solo un giallo, pur se l’incipit potrebbe autorizzare questa chiave di lettura. All’apparenza parrebbe piuttosto un romanzo classico secondo i canoni tradizionali, un romanzo d’amore che vive di una storia, di personaggi principali e di personaggi satelliti, di tempi luoghi e spazi anche definiti, ma che rimette subito in gioco questa definizione se si pensa che protagonisti della storia sono un angelo e una puttana, che il tempo è anche quello della ricostruzione improbabile di un amore e che la storia si svolge fra il cielo e la terra, fra la Liguria e la Sicilia, e che non c’è nulla di definito in questa storia, volendo neppure il finale…

Maria, la protagonista del libro, è una prostituta che esercita il mestiere con dignità e che si confessa con l’angelo Beniamino. La ricerca di un colloquio con un angelo è la ricerca della fede o la sconfessione dei rapporti umani?

Non direi ricerca di fede, né sconfessione di rapporti umani. Piuttosto l’angelo di Maria, oltre ad essere una creatura letteraria, è un bisogno di solidarietà e di conforto, è un amico e un confidente cui la protagonista si affida con fiducia. Lo scrivo anche, in una pagina particolarmente intensa: “Si crede, all’angelo, perché ci vuole qualcuno che ci protegga dalle esagerazioni del cuore”: E per cuore, evidentemente, si intendono le emozioni e i sentimenti. Beniamino è anche questo, per Maria: un testimone delle sue passioni e paradossalmente uno strumento per tenerla legata alla terra e alla quotidianità.

Bale ritorna a Genova per ritrovare Maria, che aveva abbandonato,  per condividere con lei il resto delle loro vite, ma viene assassinato. E’ un invito che rivolge al lettore a vivere intensamente la vita per non avere rimpianti in futuro?

Non ho la presunzione di dare consigli di vita mediante le pagine di un romanzo. Tuttavia credo che la storia di Maria e di Bale possa essere paradigma di quanto vale davvero la pena vivere, in un’esistenza qualunque. E fra questi valori certamente c’è la passione, c’è l’amore. Piuttosto la storia che racconto in  Angeli e basilico si può anche leggere come storia di un’attesa, come scoperta o riscoperta dell’importanza che in ogni storia ha l’immaginazione, più e meglio che la realizzazione vera e propria di un amore.

Una delle scene più intense del libro è la festa  della protagonista in occasione dei suoi cinquant’anni. Si tratta di una festa che di addio alla vita?

Questa è un’età importante, è un’età di passaggio, specie per le donne. Allora ho giocato con il racconto di questa festa straordinaria che i vicoli di Genova preparano per la loro regina, per la regina delle puttane. E’ una festa gaglioffa e generosa, scintillante e triste, è l’occasione per Maria di fare i conti sulla sua vita e sui suoi amori o compagni di vita, che definisco angeli di terra, ma soprattutto è l’occasione per capacitarsi che l’unico uomo alla quale lei davvero tiene non ha fatto in tempo ad arrivare, e per innescare da qui un percorso psicologico di malinconia e di rimpianto, non solo per gli anni che passano.

Lei tratteggia personaggi complessi, con alle spalle vite di dolori e di rimpianti. . Oltre Maria,  Agatino che trascorre le giornate a contemplare le formiche, Achille, il fisarmonicista elfo malinconico, la veggente Napoletana, la “maestra supplente” Alda che sostituisce  Maria. Intende porre l’attenzione del lettore sulle persone che vivono ai margini della società.

Mi piacciono le persone e i personaggi cui la sorte o la vita ha sottratto qualcosa: credo che siano più sensibili di altre creature, letterarie ma anche in carne e ossa, a tutte le gradazioni delle emozioni e dei sentimenti che la vita riserva. I personaggi del mio romanzo hanno tutti subito una qualche assenza: il figlio per Napoleona, la musica per Achille, come lei cita. E’ anche questa una chiave letteraria, per me almeno, per dare spazio alla immaginazione, alla ricostruzione che i singoli personaggi tentano di dare, spesso senza riuscirci, alla loro esistenza. L’assenza, la mancanza,  è uno stato poetico, letterariamente parlando è uno stato di grazia, molto più che la presenza.

Il delitto di Bale sconvolge Genova  tranne due persone: Claudio, il ragazzo   diventato muto in seguito ad una violenza sessuale subita e Cristò Goria, il siciliano scappato dalla sua terra con la promessa di uccidere chi gli  ha violentato la figlia. Si tratta di due personaggi accomunati da una violenza che serpeggia costantemente nelle pagine del romanzo.  Ritiene che vi siano rimedi per arginarla?

Io non ne conosco. Da donna e da mamma ho particolarmente paura della violenza sui bambini, sui giovani, sulle donne e sui più deboli. E’ una paura che accompagna spesso le mie pagine: allora scriverne, prendere a pretesto la violenza per inventare situazioni o personaggi poetici è, per me, un modo per esorcizzare questa paura

Il finale è originale, sorprendente, degno dei migliori trhiller. Maria scompare, Bale viene ucciso. Significa che un destino accomuna le persone innamorate?

Non so se un destino di scomparsa lega persone innamorate, nei romanzi o nella vita. Nel mio libro questo finale è stato fortemente voluto e perseguito, perché è un finale che lascia spazio, anche qui, all’immaginazione. Il destino di scomparsa comune dei due protagonisti, inoltre, è simmetrico con l’inizio del romanzo, che si avvia con il ritmo e il passo del giallo per diventare  qualcosa che non è solo giallo, che non è solo romanzo d’amore.

Ha dei modelli di riferimento letterari?

Come altri scrittori leggo molto, e apprezzo o non condivido molto di quello che leggo. Diceva Gesualdo Bufalino, un grandissimo scrittore della sua terra: “Gli scrittori non leggono gli altri scrittori, li controllano”. Condivido quest’affermazione, e di mio aggiungo che ho rari autori del cuore, cui mi piacerebbe assomigliare senza peraltro prenderli a modello, perché la scrittura non può né deve essere una forma di espressione riproducibile o peggio ancora clonabile, e molti autori con i quali sento di non avere nulla in comune, assolutamente, a partire, ahimé, dal numero di copie vendute.

Quali sono i suoi progetti futuri?

Per l’immediato rispondo che sto terminando un terzo romanzo, per il futuro un poco più lontano il progetto è quello di scrivere altre storie ancora belle, e di scriverle con un genere di scrittura che alcuni critici hanno definito “alto”.

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