Intervista con Pietro Pancella
7 min readArtist: Pietro Pancella Collective
Pietro Pancella – double bass & arranger of Joe Henderson’s compositions
Giulio Gentile – piano & arranger of Wayne Shorter’s compositions
Christian Mascetta – guitar & arranger of John Coltrane’s compositions
Manuel Caliumi – alto sax
Michele Santoleri – drums
Title : Vol. 1: Music of Henderson, Shorter & Coltrane
ABEAT 2022
01. BLACK NARCISSUS – JOE HENDERSON
02 .WITCH HUNT – WAYNE SHORTER
03. LONNIE’S LAMENT – JOHN COLTRANE
04. AFRO CENTRIC – POWER TO THE PEOPLE – JOE HENDERSON
05. NEFERTITI – WAYNE SHORTER
06. RESOLUTION – PURSUANCE – JOHN COLTRANE
Recorded, mixed and mastered at Bess Recording Studio, Montesilvano (Italy), on September 2021 by Domenico Pulsinelli and Claudio Esposito
Photos: Greta Burtini
Produced by Pietro Pancella for Abeatrecords
“Pietro Pancella Collective” è un progetto guidato dal giovane bassista abruzzese Pietro Pancella ideato per rendere omaggio a quelle che sono le sue grandi influenze musicali, unendole al proprio linguaggio e alla propria ricerca artistica. Questo primo volume d’esordio è dedicato a tre maestri della musica Jazz ovvero Joe Henderson, Wayne Shorter e John Coltrane. Ad ognuno dei tre autori è stato affidato un arrangiatore, per questo i musicisti coinvolti non hanno solamente un ruolo da sidemen, ma partecipano attivamente agli arrangiamenti. A tal proposito sono stati scelti due dei musicisti con i quali Pietro Pancella ha condiviso palchi ed esperienze di vita per anni, che sono Giulio Gentile (pianoforte) e Christian Mascetta (chitarra), rispettivamente arrangiatori di Wayne Shorter e John Coltrane. Ad aggiungere ulteriore valore al disco sono presenti anche il sassofonista Manuel Caliumi e il batterista Michele Santoleri, con il quale Pietro condivide svariati progetti suonando assieme da oltre dieci anni. Il senso di unità nella musica e nella vita, il suono compatto e la ricerca collettiva è ciò che caratterizza questo progetto, per questo viene definito Collettivo. “Vol. 1: Music of Henderson, Shorter & Coltrane” racconta di cinque giovani musicisti che cercano la via per far emergere la loro personalità tramite la musica degli autori che maggiormente li hanno ispirati.
Intervista
Davide
Ciao. Scusa, ma ho bisogno di chiederti subito se sei imparentato con Tony Pancella (pianista e compositore che ha suonato con molti grandi del jazz internazionale… Nota necessaria per i lettori)…
Pietro
Ciao Davide, sì è mio padre.
Davide
Posso innanzi tutto chiedere qualcosa della tua formazione musicale e delle tue precedenti esperienze? Come è nata la tua passione per la musica e per il jazz in special modo?
Pietro
Sono la quarta generazione di musicisti in famiglia, e anche se non credo che l’interesse per la musica si trasmetta nel dna, questo ha inevitabilmente avuto influenza su di me, la musica era sempre in casa. Ho iniziato da piccolo passando per vari strumenti fino ad approdare al basso elettrico, iniziando come tutti a suonare con amici vari generi, dal progressive rock alla musica popolare. Il contrabbasso è arrivato poco dopo e lì è iniziato lo studio più serio e accademico. Riguardo al jazz non ho una risposta precisa, è sempre stato un mio interesse e non l’ho mai visto come qualcosa di separato dal resto.
Davide
Veniamo senz’altro al disco. Joe Henderson, Wayne Shorter e John Coltrane i tre autori da voi riletti in questo lavoro e che vi hanno maggiormente ispirato musicalmente. Come è avvenuta invece la scelta dei precisi brani di questo vostro lavoro? Cosa rappresentavano per voi e come collegano i tre grandi?
Pietro
Credo che il collegamento siamo proprio noi, il nostro sguardo tramite la reinterpretazione, una rappresentazione incondizionata del nostro stile che non è certo quello ortodosso ma un miscuglio di influenze.
Sono sempre stato affascinato dall’arrangiamento, così come Giulio e Christian, e nei nostri progetti ci siamo sempre divertiti in questo modo. Quindi ho deciso di incanalare questa pratica nella realizzazione di un disco, e dato che avevamo degli arrangiamenti pronti ho solo unito le forze. La scelta dei brani è stata libera, sicuramente non casuale, posso solo dirti che la mia è derivata da uno studio sul disco “Power to the People” di Joe Henderson, che poi è diventato la mia tesi di laurea del triennio in conservatorio.
Davide
Si tratta fin dal titolo di un “Vol. 1”. Ci sono in programma altri autori o altre riletture future degli stessi?
Pietro
Il progetto è nato proprio per questo, volevo ripercorrere le mie grandi influenze musicali un passo alla volta, certo per questo non basterebbero cento volumi ma per ora è un inizio. Riguardo al secondo volume è già in cantiere, abbiamo scritto degli arrangiamenti e spero prima di questa estate di entrare di nuovo in studio. Posso solo anticiparti che sarà un tributo ad alcuni artisti brasiliani che ho molto a cuore.
Davide
Tu stesso un contrabbassista, perché questa partenza che sembra prediligere tre sassofonisti e non quindi un qualche altro musicista e compositore che abbia usato principalmente qualche altro strumento? Si può dire che il jazz esprima il massimo delle proprie potenzialità attraverso alcuni strumenti in particolare, e tra questi – se non sopra ogni altro – il sassofono?
Pietro
Non ho la pretesa di dimostrare questo, e tanto meno posso dire di aver fatto una scelta in qualche modo emblematica o rappresentativa, avremmo potuto omaggiare qualsiasi altro strumentista… Il caso ha voluto che nello stesso momento stavamo lavorando su tre tenori e io ho colto la palla al balzo.
Davide
Vi siete suddiviso il compito di arrangiare questi brani. Ne avete prima parlato, condividendo una cornice, o ciascuno ha avuto carta bianca? Il gruppo ha poi solo eseguito o qualcosa è stato rimesso in gioco?
Pietro
Giulio e Christian oltre ad essere per me due grandi musicisti e compositori sono le persone con le quali sono cresciuto, tramite la loro musica e le infinite ore di prove e concerti fatti assieme. Lo stesso vale per Michele, che considero la mia metà ritmica. Credo che a vicenda ci siamo plasmati e il nostro stile si è compattato per cui non c’era bisogno di grosse revisioni, il suono era da subito uniforme e Manuel ci è entrato dentro con una maestria incredibile.
Davide
Henderson, Shorter e Coltrane sono tre giganti e nelle loro lunghe e interessanti carriere si sono avvicendate diverse fasi artistiche, sempre all’insegna di una ricerca incessante, anche non propriamente jazzistiche, come nel caso di Wayne Shorter. Cosa avete voi cercato in particolare di rielaborare e riassimilare dei tre e della loro musica? Che tipo di ricerca è la vostra attraverso il jazz?
Pietro
Il nostro è un processo di creazione, non uno studio musicologico, la ricerca sta nel trovare lo spazio all’interno di contesti già esistenti spesso considerati intoccabili. Non credo ci sia un modo corretto di suonare la loro musica e sono contro la modalità accademica dogmatica che si è costruita intorno al jazz, per questo considero la nostra una forma di ribellione e di riappropriazione. Vogliamo far uscire fuori la nostra identità artistica senza nessun tipo di etichetta.
Davide
L’anno scorso hai collaborato con Giulio Gentile e Michele Santoleri per il disco “Insight” a nome di Giulio Gentile Trio. E Giulio Gentile ora ha suonato il piano in questo nuovo progetto a tuo nome. Come si è formato questo Collettivo, intorno a quali idee fondanti per una nuova possibile e aperta scena musicale?
Pietro
Oltre a quello che ho già detto in precedenza sicuramente l’idea è di non essere il leader unico di un progetto, che ognuno può intervenire come vuole, essere attivi e presenti in ogni momento. Anche l’amicizia ha un ruolo importante, suonare con persone che si conoscono tra di loro e che hanno la stessa visione è sempre bello. Il mio obiettivo è di espandere tutto questo e coinvolgere sempre più musicisti nei progetti futuri.
Davide
Parlando di jazz, anche se Bill Evans disse che il jazz non lo puoi spiegare senza perderne l’esperienza perché è sentimento, non parole, cos’è per te la musica, e perché in particolare il jazz?
Pietro
Complesso da riassumere, in poche parole per me la musica è il dito che indica la luna, un tramite da cui si può avere esperienza. Non credo che il jazz in particolare differisca da altre esperienze musicali, tanto meno che esista una gerarchia tra “generi” o forme d’arte. Mi fermo qui anche se ci sarebbe molto di cui parlare
Davide
Come sei approdato alla Abeat Records di Mario Caccia?
Pietro
Come da prassi ho proposto il mio lavoro all’etichetta per email, poi parlando al telefono con Mario ho capito che era la persona giusta, condividiamo la stessa idea.
Davide
Se facessi mia la frase di Beiderbecke che “una delle cose che mi piace del jazz è che non so cosa sta per succedere dopo”, non ti farei la domanda che di solito uso per chiudere le mie interviste, ma da intervistatore non posso e dunque: cosa succederà, cosa seguirà?
Pietro
Difficile saperlo con certezza, non so davvero cosa succederà dopo. Sicuramente mi impegnerò per portare questo progetto in giro e lavoreremo a cose nuove. Per mio conto continuerò le mie ricerche e i miei studi orientati sopratutto al di fuori della musica come ho sempre fatto.
Davide
Grazie e à suivre…
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